Cass. pen., sez. VI 19-07-2007 (13-07-2007), n. 29150 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Disciplina intertemporale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di B.B., cittadino serbo residente in Italia, all’autorità giudiziaria della Repubblica Federale Tedesca, dando seguito al mandato di arresto europeo (m.a.e.) emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Hagen il 1.2.2006, per l’esecuzione della sentenza del 30.10.1980 con cui il Tribunale di Hagen aveva condannato B. alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di E.K., sua ex compagna e madre della sua bambina, omicidio avvenuto nella città tedesca di (OMISSIS) il (OMISSIS).
2. L’imputato, per mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione contro la decisione della Corte d’appello, deducendo due distinti motivi.
Con il primo si sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto respingere la richiesta di consegna, in quanto il m.a.e. presentato dall’autorità giudiziaria tedesca era privo dei contenuti minimi previsti dalla L. n. 69 del 2005, art. 6, tra cui in particolare gli allegati previsti del citato art. 6, comma 4, e la sentenza di condanna, documentazione che, sebbene richiesta tramite il Ministero della giustizia, non è pervenuta nel termine fissato dall’autorità giudiziaria italiana, per cui i giudici avrebbero dovuto applicare là sanzione di cui dell’art. 6 cit., comma 6, e rigettare la richiesta di consegna.
Inoltre, si contesta la legittimità dell’attivazione, da parte della Corte d’appello, della procedura di cui alla L. n. 69 cit., art. 16, riguardante informazioni a contenuto integrativo; in ogni caso, anche a voler ammettere la procedura di integrazione, l’incompleto invio della documentazione richiesta avrebbe dovuto comportare l’applicazione della sanzione prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 16, comma 1, con conseguente rigetto, anche sotto questo profilo, della richiesta di consegna.
Con l’altro motivo si deduce l’errata applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 19 comma 1, lett. C), e art. 4, n. 6 decisione quadro del 13 giugno 2002. In particolare, dopo aver premesso che B. risiede stabilmente in Italia con la sua famiglia, si contesta la sentenza impugnata che ha escluso l’applicabilità al caso di specie della L. n. 69 del 2005, art. 19, comma 1, lett. c), ritenendo erroneamente che non si riferisca alle richieste di consegna per l’esecuzione delle sentenze divenute irrevocabili, ma solo ai provvedimenti cautelari riguardanti cittadini o residenti nello Stato. Secondo il ricorrente si tratterebbe di un’interpretazione irragionevolmente restrittiva, peraltro in evidente contrasto con quanto contenuto nella Decisione – Quadro 13 giugno 2002, art. 4, n. 6, che non opera alcuna distinzione tra indagato, imputato o condannato. Peraltro, si rileva che un’interpretazione così restrittiva si scontrerebbe con gli artt. 3, 26, 27 e 111 Cost., in quanto determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento in ordine alle modalità di esecuzione della pena sulla base di situazioni processuali del tutto accidentali.
In conclusione, si chiede di respingere la richiesta di consegna ovvero di consentire al B. di espiare la pena in Italia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Preliminarmente deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha disposto la consegna di B. in base alla normativa sul mandato di arresto europeo, senza prendere in considerazione la disciplina transitoria prevista dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, che all’art. 40, dopo avere stabilito che la nuova disciplina si applica alle richieste di esecuzione di mandati di arresto europei emessi e ricevuti dopo la data di entrata in vigore della stessa L. (14 maggio 2005), prevede, al secondo comma, che alle richieste di esecuzione relative a reati commessi prima del 7 agosto 2002 si applichino le "disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di estradizione".
Si tratta di una disposizione che replica il contenuto della dichiarazione formulata dall’Italia al momento dell’adozione della Decisione Quadro del 13 giugno 2002, che all’art. 32, consentiva ad ogni Stato membro di formulare una dichiarazione in base alla quale continuare a trattare, secondo la tradizionale procedura estradizionale, le richieste relative a reati commessi prima di una certa epoca, che lo stesso Stato si impegnava ad indicare, purchè non posteriore al 7 agosto 2002, data di entrata in vigore della decisione quadro. In questo modo, si è data la possibilità agli Stati di poter dare rilievo, in deroga alla regola generale di cui alla Decisione Quadro, art. 32, par. 1 e 2, al tempus commissi delicti.
Come è noto l’Italia ha effettuato tale dichiarazione il cui contenuto è stato, in seguito, trasfuso nella L. n. 69 del 2005, art. 40, comma 2, divenendo una delle disposizioni transitorie della nuova disciplina sul mandato di arresto europeo, peraltro riferibile esclusivamente alle procedure passive di consegna, come quella in esame.
In base a tale disposizione le richieste di esecuzione dei mandati di arresto europei, relativi a reati commessi prima del (OMISSIS), devono essere trattate secondo la normativa estradizionale vigente prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2005, regola che trova applicazione anche quando la richiesta è successiva alla stessa data di entrata in vigore della legge da ultimo citata, trattandosi di una norma transitoria che viene a derogare al principio fissato dal primo comma della L. n. 69 del 2005, art. 40.
Pertanto, nelle ipotesi riguardanti reati commessi prima del (OMISSIS) dovrà farsi applicazione esclusivamente della normativa in materia di estradizione, intendendosi con tale espressione non solo il diritto estradizionale europeo, ma anche la normativa nazionale integratrice della disciplina convenzionale. Ciò comporta che lo Stato richiedente, qualora si tratti di un reato posto in essere prima della data indicata dalla L. n. 69 del 2005, art. 40, comma 2, è tenuto a trasmettere all’Italia una formale domanda di estradizione, sebbene possa ritenersi che anche la trasmissione di un mandato di arresto europeo sia idoneo ad avviare la procedura, a condizione però che sia del tutto equipollente ad una domanda di estradizione, sia in riferimento ai requisiti e ai contenuti formali, che ai profili attinenti alla competenza dell’autorità richiedente (Sez. 6, 15 febbraio 2007, n. 20428, Gaze). In ogni caso, la richiesta deve essere trattata dall’Italia, in qualità di Stato richiesto, in conformità alle disposizioni in materia di estradizione.
4. Nella fattispecie in esame il reato per cui l’autorità giudiziaria tedesca ha richiesto la consegna di B. risulta essere stato commesso il 13.2.1980, per cui avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina estradizionale, secondo la previsione di cui all’art. 40, comma 2 cit., essendo del tutto irrilevante, per le ragioni che si sono dette, la circostanza che tale richiesta è stata veicolata attraverso un mandato d’arresto europeo emesso il 1.2.2006, cioè dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2005.
Deve rilevarsi che la polizia giudiziaria, correttamente, ha proceduto all’arresto del B., in base alla segnalazione nel Sistema informativo di Shengen (S.I.S.), ai sensi dell’art. 716 c.p.p., ma successivamente a questo atto la procedura si è sviluppata facendo espressa applicazione della disciplina di cui alla menzionata L. n. 69 del 2005, sul mandato d’arresto europeo, in contrasto con la normativa transitoria prevista dalla stessa legge.
Peraltro, deve escludersi ogni possibilità di qualificare come domanda di estradizione la richiesta di consegna formulata attraverso il mandato di arresto europeo, in quanto i due atti non appaiono equipollenti, nè con riferimento ai contenuti nè, soprattutto, alle autorità competenti ad intervenire nella procedura.
Non risulta che la richiesta di consegna provenga dall’autorità competente a formulare la domanda di estradizione secondo la legge tedesca; inoltre, durante la procedura sono state pretermesse le competenze spettanti al Ministro della giustizia in materia di estradizione, comprese quelle della fase cautelare, in cui è mancata la stessa richiesta di mantenimento della misura coercitiva adottata a seguito dell’udienza di convalida dell’arresto (art. 716 c.p.p., comma 4).
5. Ne consegue che la sentenza con cui la Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna del B. all’autorità giudiziaria della Repubblica Federale Tedesca deve essere annullata, in quanto la decisione è stata assunta sulla base della erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, anzichè della normativa estradizionale, così come prevede la L. cit. art. 40, comma 2.
Si tratta di una questione non dedotta nei motivi di ricorso, ma che questa Corte può rilevare d’ufficio ai sensi dell’art. 609 c.p.p., comma 2.
I motivi presentati nel ricorso devono ritenersi assorbiti dal tenore della pronuncia.
Infine, mancando lo stesso titolo giustificativo della misura cautelare della custodia in carcere, non essendovi domanda di estradizione, deve disporsi l’immediata liberazione di B. B., se non detenuto per altra causa.
La Cancelleria provvedere alle comunicazioni di cui all’art. 626 c.p.p., e art. 203 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la liberazione immediata di B.B. se non detenuto per altra causa.
Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 626 c.p.p., e art. 203 disp. att. c.p.p..

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