Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-05-2011) 27-07-2011, n. 29941 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il GUP del Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza in data 1-12- 2009 a seguito di rito abbreviato, dichiarava R.M. E. alias "(OMISSIS)" colpevole per una serie di fatti consistenti in importazione di quantitativi notevoli di sostanza stupefacente contenente metilamfetamina (cd. shaboo), di tentata importazione di detta droga, di cessione a terzi della stessa: tutti reati perpetrati in concorso con altri numerosi soggetti. Il Giudice concedeva le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73 comma 6 ed alla recidiva contestata; calcolato l’aumento per la continuazione tra le varie imputazioni, lo condannava alla pena di anni sei mesi otto di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa.

Il GUP dichiarava F.E., compagna di E., colpevole di concorso con quest’ultimo nell’importazione del quantitativo di gr.

543,79 di metilamfetamina effettuata tramite il parente della donna O.M.. Le concedeva le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sull’aggravante del numero di persone coinvolte nel delitto, e la condannava alla pena di anni due mesi otto di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa.

Il giudizio di responsabilità a carico degli imputati scaturiva dalle dichiarazioni confessori, seppure sfntetiche, rilasciate da E. e da altro imputato tale A.A., nonchè dall’esito di di intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuate. In particolare, dalle indagini emergeva un ruolo di E. quale coordinatore ed organizzatore dell’introduzione dello shaboo tramite soggetti (OMISSIS) che si procuravano la droga in mercati asiatici.

2. Gli imputati proponevano appello.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 20-9-2010, confermava la decisione di primo grado.

3.1 prevenuti avanzavano ricorso per cassazione.

M.E.R. si doleva per la configurazione di reato tentato di Importazione di sostanza stupefacente in relazione a due fattispecie prive delle condizioni necessarie per l’integrazione dell’ipotesi di cui all’art. 56 cod. pen..

Si doleva pure per il mancato riconoscimento della continuazione con altro episodio criminoso avvenuto in precedenza ed oggetto della sentenza del Tribunale di Massa in data 20-4-2005.

F.E. contestava l’interpretazione attribuita dai Giudici al contenuto di alcune conversazioni intercettate intercorse tra E. e la F. stessa. Invero, mentre il primo imputato era solito parlare apertamente di droga con gli altri sodali, ciò non risultava avvenire con la donna, la quale non sembrava affatto coinvolta nel traffico illecito. In altre parole, non sussistevano elementi attestanti in modo tranquillante al di là di ogni ragionevole dubbio la responsabilità penale della prevenuta.

Gli istanti chiedevano l’annullamento della decisione impugnata.

Motivi della decisione

1. I ricorsi debbono essere respinti perchè infondati.

Si osserva che correttamente i Giudici di merito hanno qualificato, nei confronti di E., come delitti tentati due fattispecie in materia di importazione di stupefacenti a lui contestate. In verità, in entrambe le situazioni appare adeguatamente configurabile la ricorrenza dei requisiti strutturali del delitto tentato ex art. 56 cod. pen.: nel senso di idoneità e univocità della condotta. In specie, l’idoneità indica una condizione di capacità causale dell’azione di produrre il risultato del perfezionamento del delitto;

mentre, l’univocità indica la necessità che la condotta abbia raggiunto un grado di sviluppo tale da renderla sufficientemente prossima al momento perfezionativo del delitto. In concreto, secondo le risultanze del fatto di cui al capo b) della rubrica, l’ E. organizzava dall’Italia l’importazione di shaboo proveniente dalle Filippine, di cui sarebbe stato pure destinatario:

cittadini (OMISSIS) procedevano all’acquisto della droga, la confezionavano e la occultavano per poi consegnarla al fratelli T. con l’incarico di portarla in Italia, quest’ultimi poi decidevano autonomamente di partire per (OMISSIS) senza il carico di stupefacente. Nell’altra fattispecie (capo c), contrassegnata ancora dall’organizzazione di E., la droga già acquistata e predisposta per la consegna in Italia veniva bloccata per l’intervento della Polizia filippina. D’altro canto, è sufficiente per la configurabilità e punibilità dell’ipotesi criminosa che solo una parte dell’azione si sia svolta in Italia da parte di uno dei concorrenti.

(v. in tema:Cass. 18/01/1996 n5632; Cass. 07/03/1996 n1498; Cass. 21/12/1998 n 486/1999; Cass. 21/10/1999 n14188; Cass. 11/02/2009 n. 12142; Cass. 17/12/2008 n 17026/2009).

Il Collegio di Appello ha pure argomentato in modo ragionevole in ordine alla non ricorrenza delle condizioni per riconoscere la continuazione dei fatti attribuiti all’ E. con altro fatto criminoso verificatosi alcuni anni addietro (v. pag.12 sent. app.).

2. Anche le doglianze esposte da F.E. si palesano prive di fondamento.

In particolare, la censura relativa alla ritenuta colpevolezza è Infondata. Per quel che concerne la ricostruzione dell’occorso e la conseguente affermazione di colpevolezza dell’imputata, il Giudice di Appello ha fornito corretta motivazione, richiamando le argomentazioni già svolte dal primo Giudice e facendo esplicito riferimento alle risultanze probatorie acquisite in atti (in particolare, le conversazioni registrate, relative anche a persone diverse dalla F., sono state con ampia motivazione ritenute significative del coinvolgimento dell’imputata nell’attività delittuosa). Sicchè i rilievi mossi al riguardo dall’ricorrente alla sentenza impugnata si risolvono in censure concernenti sostanzialmente apprezzamenti di merito che tendono per lo più ad una diversa valutazione delle risultanze processuali. D’altro canto, la verifica che la Corte di Cassazione è abilitata a compiere sulla completezza e correttezza della motivazione di una sentenza non può essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite da contrapporsi a quella fornita dal giudice di merito. Nè la Corte di legittimità può esprimere alcun giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, poichè esso è in principio riservato al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti sul piano logico con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimità. 3. La reiezione dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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