Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 28-07-2011, n. 30077 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. S.M., nato a (OMISSIS), era imputato:

a) del delitto di cui all’art. 612-bis c.p., commi 1 e 2, perchè, con condotte reiterate, tra cui anche quelle di cui ai capi b), e) e d), molestava la ex compagna M.M., in modo da cagionarle un perdurante e grave stato di ansia e di paura e da costringerla ad alterare almeno in parte le proprie abitudini di vita; in particolare, lo S. tormentava la persona offesa, anche tramite "pressioni" sui conoscenti della stessa, con continue richieste volte a ripristinare una relazione sentimentale ormai interrotta, reagendo violentemente, anche con l’inflizione di lesioni fisiche, violenze sessuali e danneggiamento di auto, come meglio descritto ai capi sub b), c) e d), ai legittimi rifiuti della persona offesa, così costringendo la M. a trovare "rifugio" presso la comunità cd. (OMISSIS) (cenacolo francescano "(OMISSIS)") sita in (OMISSIS). Fatto commesso da persona che era stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. In (OMISSIS) e altri luoghi, dal (OMISSIS). Querele in data 26, 27 febbraio e 12 marzo 2010;

b) del delitto di cui all’artt. 81, 614 e 609-bis c.p., perchè, con violenza consistita nell’afferrare da dietro M.M. al fine (riuscito) di introdursi con la forza e contro la volontà della donna nell’ appartamento di costei, colpendola più volte con pugni e facendola cadere violentemente per terra (così procurandole le lesioni di cui al capo e), oltre che trascinandola successivamente sul letto, costringeva la M. stessa a subire un rapporto sessuale passivo di natura orale, dopo averle divaricato le gambe e sfilato le mutandine, interrompendosi nella condotta di violenza solo a causa di circostanze esterne alla propria volontà. In (OMISSIS). Querele in data 26,27 febbraio e 12 marzo 2010;

c) del delitto di cui agli artt. 582 e 585 c.p., art. 576 c.p., comma 1, n. 5), perchè, in occasione della condotta di cui al capo b), cagionava a M.M. lesioni personali (trauma facciale da percosse, trauma distorsivo del rachide cervicale) dalle quali derivavano una malattia nel corpo e nella mente (comprensiva di stato di shock psichico reattivo) considerata guaribile in giorni dieci. In (OMISSIS). Querele in data 26, 27 febbraio e 12 marzo 2010;

d) del delitto di cui all’art. 81c.p., art. 635 c.p., commi 1 e 2, n. 3) – art. 625 c.p., n. 7), perchè, nell’esecuzione del medesimo disegno criminoso, danneggiava o comunque rendeva in parte inservibili, nell’ambito della condotta di cui al capo a), anche tramite foratura dei pneumatici e imbrattamento con vernice spray, varie auto tutte parcheggiate sulla pubblica via. Fatto commesso su cose mobili esposte alla pubblica fede per necessità e consuetudine.

In (OMISSIS). Con contestazione di recidiva specifica e reiterata.

2. Con decreto del 10.08.2010, il G.I.P. presso il tribunale di Mantova ha disposto il giudizio immediato di S.M., per i reati suddetti.

I difensori dell’imputato chiedevano l’applicazione della pena nei confronti dell’imputato come da istanza per applicazione pena depositata il 30.09.2010, precisando: "le parti concordano la pena base di anni due di reclusione per reato capo B) art. 609 bis c.p. ritenuto il fatto di minore gravita e non il tentativo come erroneamente indicato nell’istanza originale".

II Pubblico Ministero prestava il consenso all’applicazione pena, nei termini indicati dalla difesa dell’ imputato.

Il g.i.p. riteneva che l’istanza di patteggiamento avanzata dai difensori dell’imputato doveva ritenersi ammissibile, nonostante la stessa fosse stata formalizzata in termini diversi rispetto a quelli di cui alla richiesta già presentata in data 30.09.2010, atteso che la richiesta di patteggiamento, che l’imputato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado può rinnovare, non deve essere identica a quella precedente, oggetto del dissenso del P.M. ovvero rigettata dal giudice.

Inoltre il g.i.p. rilevava che vi erano la richiesta di applicazione della pena e il relativo consenso del P.M. e non vi è spazio alcuno per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p..

Pertanto con sentenza del 9.12.2010 il g.i.p. applicava a S. M., su richiesta concorde delle parti, la pena finale di anni due di reclusione ai sensi dell’art. 240 c.p., disponeva la confisca di quanto in sequestro.

2. Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia con il quale si censura l’erronea qualificazione giuridica del fatto, per avere il giudice, sull’ accordo delle parti, stimato il fatto di minore gravita, ai sensi dell’art. 609 bis c.p., u.c..

3. Fissata la trattazione del ricorso in camera di consiglio ex art. 611 c.p.p., il P.G. ha reso conclusioni scritte nel senso dell’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Invero – alla stregua della costante giurisprudenza di codesta Corte (cfr., tra le altre, Cass. n. 32004/2003, n. 40519/2005, n. 3622/2006) – il patteggiamento sulla pena esonera il giudice dall’obbligo della motivazione sui punti non controversi della decisione, sicchè dalla sintetica valutazione del fatto operata in sentenza deve trarsi l’implicita globale considerazione della sua limitata gravita, in relazione alla quale non è più consentito dolersi alle parti, compreso il pubblico ministero, del grado asseritamente più elevato di gravita del fatto. Deve infatti ribadirsi che in caso di patteggiamento della pena le parti, sia quella privata che quella pubblica, una volta intervenuti l’accordo e la ratifica motivata, non possono più recedere dall’irretrattabile accordo e non possono censurare i provvedimenti da essi sollecitati, se rispettosi del principio di legalità e, quindi, revocare il consenso prestato.

Tale principio opera anche per la Procura generale che, pur avendo una supremazia istituzionale, non può sostituire la propria volontà a quella già manifestata, in forza della conoscenza diretta degli elementi concreti acquisti al processo, dal Pubblico Ministero che ha partecipato al patteggiamento, e non può proporre come motivi di ricorso censure che si sostanziano in un recesso dall’accordo (così Cass., sez. 5, 5 febbraio 1999, Peressotti, RV 213520; cfr. anche Cass., sez. 4, 23 novembre 1999, Drasi, RV 215091).

2. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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