Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 28-07-2011, n. 30075

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. B.G. proponeva appello avverso l’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Camerino in data 17.2.2011 con cui è stata respinta l’istanza di sostituzione della misura della custodia in carcere, applicata al proprio assistito con ordinanza del 30 novembre 2010, con quella degli arresti domiciliari.

In precedenza il 30 novembre 2010 veniva emessa ed eseguita l’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Camerino di applicazione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere nei confronti di B.G. per il reato di cui all’art. 609 quater c.p., comma 1, n. 1, c.p., perchè compiva reiterati atti sessuali (rapporti completi e orali) con la minore di anni dodici T.D., e per il reato di cui all’art. 611 c.p., perchè, per conseguire l’impunità rispetto al delitto di cui sopra, minacciava di un grave e ingiusto danno la madre e la sorella della T. se avessero deposto a suo carico.

L’ordinanza è stata già confermata dal Tribunale di Camerino in sede di riesame con provvedimento del 23 dicembre 2010.

Altra ordinanza del G.I.P. di rigetto di istanza difensiva di revoca o sostituzione della misura è stata confermata dal Tribunale in sede di appello il 4 gennaio 2011.

Il 27 gennaio 2011, il difensore formulava al G.I.P. nuova istanza con cui chiedeva la sostituzione della misura con quella degli arresti domiciliari, allegando l’intervenuta definizione del procedimento pendente a carico del B. per reati di maltrattamenti ai danni della moglie, la quale aveva manifestato la propria disponibilità ad accoglierlo presso l’abitazione coniugale.

Il G.I.P., con il provvedimento impugnato, rigettava l’istanza ritenendo che non fossero emersi fatti nuovi tali da condurre ad una rivalutazione delle esigenze cautelari.

Il difensore interponeva appello insistendo nella richiesta di sostituzione.

2. Con ordinanza del 15 marzo 2011 il tribunale di Ancona rigettava la richiesta.

Osservava il tribunale che non ricorrevano i presupposti per accogliere la richiesta; il quadro cautelare nei confronti del B. era, infatti, immutato e, nei suoi confronti, continuavano a ravvisarsi sia i gravi indizi di colpevolezza, sia le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. a), b) e c) così come individuati, sia dal G.I.P nell’ordinanza applicativa della misura, sia dal medesimo Tribunale, in particolare nell’ordinanza resa in sede di riesame.

Il fatto nuovo costituito dall’intervenuta applicazione della pena nei confronti del B. per il reato di cui all’art. 572 c.p., commesso ai danni della moglie, non migliorava, anzi aggravava il quadro cautelare; questo infatti non poteva costituire "fatto nuovo" rilevante ai fini della sostituzione della misura coercitiva con altra meno grave, mancando di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento delle esigenze cautelari.

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con un motivo unico.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per difetto di motivazione. Indica alcuni elementi risultanti dal fascicolo processuale in riferimento ai quali l’ordinanza non avrebbe motivato in ordine alla sussistenza degli indizi di colpevolezza. Inoltre deduce l’omessa motivazione quanto al pericolo di fuga, al pericolo di inquinamento delle prove, al pericolo di reiterazione del reato.

2. Il ricorso è infondato.

Nell’unico motivo di ricorso il ricorrente concentra le sue censure in riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.

In realtà l’ordinanza sulla quale si è pronunciato il tribunale aveva ad oggetto solo la sostituzione della misura cautelare con altra meno afflittiva in ragione della allegata intervenuta definizione del procedimento penale pendente a carico dell’indagato per il reato di maltrattamenti ai danni della moglie. Il fatto nuovo allegato dall’indagato quale presupposto della modifica della misura cautelare consiste quindi nella dedotta disponibilità della moglie, dopo la definizione del procedimento penale suddetto, a accoglierlo presso l’abitazione coniugale. Il tribunale motiva sul punto ritenendo che la intervenuta definizione dell’altro procedimento penale a carico dell’indagato non costituiva elemento sufficiente per modificare la misura cautelare adottata in precedenza.

Pertanto non sono conferenti le censure del ricorrente che attacca l’ordinanza impugnata quando alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari; presupposti questi che non vengono più messi in discussione con la richiesta di modifica della misura cautelare.

Viceversa il ricorso non censura, se non in termini assolutamente generici, la valutazione fatta dal tribunale in ordine alla inidoneità del fatto sopravvenuto (manifestata disponibilità della moglie dell’indagato a raccoglierlo presso l’abitazione coniugale) a modificare il quadro complessivo in vista della richiesta di modifica della misura cautelare.

3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che la copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario competente a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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