Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 28-07-2011, n. 30074 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza emessa in data 4 febbraio 2011 il G.I.P. del Tribunale di Latina applicava la misura cautelare della custodia in carcere a G.D.1. in relazione al reato di violenza sessuale (art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., n. 1 e n. 2) perchè costringeva I.A.M., nata il (OMISSIS), di età inferiore ai quattordici anni, ad avere con lui un rapporto sessuale completo, con violenza consistita nell’afferrarla per un braccio, nel baciarla sulla bocca e su tutto il corpo, nel toglierle i vestiti e gli indumenti intimi; quindi, dopo averla fatta sdraiare sul letto, toccandola da prima nelle parti intime con le mani e poi penetrandola nella parte intima fino ad avere un rapporto sessuale completo, con la minaccia di non riferire ai genitori quanto accaduto dicendole la frase "se lo dici ai tuoi genitori io ho problemi perchè tu sei minorenne" (in (OMISSIS)).

2. G.D.I. proponeva richiesta di riesame avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare. Con la richiesta di riesame, il difensore ha contestato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, denunciando l’illogicità dell’accusa e depositando i risultati di indagini difensive. La difesa ha, poi, revocato in dubbio l’esistenza delle ravvisate esigenze cautelari e ne ha, comunque, sostenuta la tutelabilità attraverso misure minori, anche domiciliari.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 3 marzo 2011, rigettava il gravame. Osservava innanzi tutto che sussistevano i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato ipotizzato atteso che il racconto della vittima appariva, tenuto conto della giovanissima età, lineare e coerente.

Doveva quindi ritenersi attendibile non soltanto che fosse avvenuto il rapporto sessuale, ma che lo stesso fosse maturato a seguito di una condotta subdola e violenta del G.. Non era invece sostenibile che la ragazza, allo scopo di allontanare il discredito generato dalle "voci" che si stavano diffondendo tra amici e parenti sui suoi rapporti con l’indagato, avesse inventato di sana pianta l’incontro di ottobre con lo stesso.

Il tribunale ha poi tenuto conto della dichiarazione, raccolta dalla difesa, resa dalla sorella del G., che atteneva però ad un episodio del tutto diverso e slegato da quello per cui si procedeva.

Neanche la deposizione di un’ulteriore persona sentita dal difensore, tale Gh.Co., appariva decisiva per scalfire il complessivo impianto accusatorio.

Inoltre – ha osservato il tribunale – il racconto della persona offesa ha ricevuto conferme soggettive nelle dichiarazioni di A. D., I.V.S. e At.Io.Ad. e riscontri oggettivi nell’esito della visita ginecologica.

Il tribunale ha quindi confermato l’ordinanza impugnata e condannato il richiedente al pagamento delle spese.

3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con due motivi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per carenza e contraddittorietà della motivazione nonchè travisamento della prova. In particolare eccepisce la mancanza o comunque apparente motivazione circa gli elementi probatori di segno contrario a quelli dell’accusa. Richiama le dichiarazioni di G. V. che rileverebbero in termini di dubbia credibilità della narrazione dei fatti ad opera della parte offesa. In sostanza secondo la difesa dell’indagato vi sarebbe un travisamento della prova a discarico offerta dalla difesa stessa.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’illogicità della motivazione con riferimento alla deposizione dell’altra persona sentita a discarico, tale Gh.Co.Au.. Anche le dichiarazioni di quest’ultimo – secondo la difesa del ricorrente – scalfiscono il complesso impianto accusatorio.

2. Il ricorso è infondato.

Il ricorrente nei due motivi di ricorso esprime essenzialmente una dissenso valutativo delle risultanze degli atti di indagine. Il tribunale ha valutato e preso in considerazione anche gli elementi di prova a discarico offerti dalla difesa, ma ha ritenuto che l’attendibilità della parte offesa nonostante la sua minore età non fosse scalfitta dalle dichiarazioni a discarico raccolte dalla difesa dell’indagato.

In proposito questa Corte (ex plurimis: Cass., sez. 4, 21 giugno 2005 – 10 agosto 2005, n. 30422) ha più volte affermato che ai fini della formazione del libero convincimento del giudice, ben può tenersi conto delle dichiarazioni della parte offesa, la cui testimonianza, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, sulla quale può essere, anche esclusivamente, fondata l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, purchè la relativa valutazione sia adeguatamente motivata. E ciò vale, in particolare, proprio in tema di reati sessuali, l’accertamento dei quali passa, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi.

Quindi, da una parte le dichiarazioni della persona offesa possono essere assunte anche da sole come fonte di prova ove sottoposte ad un vaglio positivo di credibilità oggettiva e soggettiva; d’altra parte non esistono nel sistema processuale preclusioni o limiti generali alla capacità del minore di rendere testimonianza (Cass., sez. 3, 6 maggio – 8 luglio 2008, n. 27742).

Quindi correttamente il tribunale, in sede di riesame, ha rivenuto nelle dichiarazioni della parte offesa minorenne i gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p., che l’art. 275 c.p.p., comma 3 parimenti richiede per l’adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere che rimane, come presunzione relativa e non più assoluta, anche dopo che la Corte costituzionale, con sentenza 21 luglio 2010, n. 265, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo e terzo periodo dell’art. 275, comma 3 "nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all’art. 600-bis c.p., comma 1, artt. 609-bis e 609-quater c.p., è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure". 3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che la copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario competente a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p. comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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