Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-08-2011, n. 4738 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la impugnata sentenza il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, – Sede di Milano – ha preso in esame il ricorso proposto dalla odierna appellata S. (Società Impianti Metano S.p.A.) volto ad ottenere l’ annullamento della deliberazione della dell’autorità per l’energia ed elettrica ed il gas del 6 marzo 2009 n. 20/09 con la quale le era stata irrogata la sanzione pecuniaria di Euro 25.823.

Il primo giudice ha dichiarato in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il mezzo di primo grado e lo ha in parte accolto (con riguardo alla sanzione pecuniaria irrogata alla originaria ricorrente) annullando la sanzione inflitta alla predetta.

La ricostruzione della complessa vicenda sottesa alla adozione della delibera deve muovere dall’antecedente storicotemporale che ne aveva determinato l’adozione.

Esso riposa nel contrasto insorto tra la originaria ricorrente S. S.p.a (che nel 2002 era titolare in esclusiva del servizio di distribuzione e fornitura agli utenti finali del gas Metano nei comuni di Turate, Zanica e Grassobbio,) e la S.p.a. D. Energie (società prescelta da tre operatori, originariamente clienti della S. quale "nuovo" fornitore di gas metano) in ordine alle modalità con cui la predetta S.p.a. D. Energie avrebbe dovuto accedere alla rete per iniziare la fornitura del combustibile alle tre clienti finali.

S. SPA sosteneva che le disdette delle tre società originariamente da essa rifornite non avevano rispettato i termini di preavviso previsti dalla delibera n. 184/01 dell’AEEG (con conseguente necessità di spostare in avanti la data dell’accesso alla rete rispetto a quella indicata da D. Energie).

L’Autorità aveva quindi aperto un’istruttoria formale volta all’accertamento della violazione da parte di S. del diritto di accesso alla rete di D., sfociata nella delibera sanzionatoria n. 77/04 del 25 maggio 2004 (con la quale era stato affermato che il rifiuto di accesso alla rete opposto da SIME era ingiustificato in quanto non ricorrevano le tassative condizioni previste dall’art. 24 comma 2 del d.Lgs 164/00 per giustificare il diniego).

La S. era insorta avverso detta delibera proponendo ricorso al Capo dello Stato: la predetta delibera è stata annullata con decreto in data 18/01/2007 emesso su parere della prima sezione del Consiglio di Stato del 5 luglio 2006.

A seguito predetto decreto demolitorio la AEEG aveva riesercitato il proprio potere, valorizzato le risultanze di una pregressa ispezione effettuata presso S. (il 16 e 17 maggio 2006)ed aveva accertato che la predetta società non aveva ancora consentito l’accesso alla rete a D..

Con la impugnata delibera n. 20/09 pertanto, l’AEEG aveva (nuovamente) sanzionato il comportamento di SIME ordinando alla stessa di consentire l’accesso alla rete da parte di E.On Energia S.p.A. (subentrata a D.) presso i punti di riconsegna dei clienti finali Fiap, C. e H. C. ed irrogandole la sanzione pecuniaria di Euro 25.823.

In sede infraprocedimentale S. aveva motivato le ragioni per cui l’accesso non era stato ancora consentito a D., facendo presente che tutte le utenze intestate al cliente finale FIAP erano cessate con il 19/03/2007 e che D. Energie non aveva più effettuato alcuna richiesta di "giro" delle utenze intestate a C. e H. C. in quanto essa intratteneva con esse un rapporto di fornitura di fatto, ricevendo regolarmente i corrispettivi nonostante che a fornire il gas fosse ancora S..

L’Autorità aveva disatteso tali giustificazioni rammentando che con l’ adozione della delibera n. 108/06 essa aveva approvato un "codice di rete tipo" recante una disciplina dettagliata sia con riguardo alle procedure per l’accesso alle reti di distribuzione, sia con riguardo alle modalità di erogazione del servizio di distribuzione.

Ne conseguiva che (diversamente dal contesto normativo vigente alla data dell’adozione della delibera n. 77/04 ed esaminato in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato conclusosi con decreto annullatorio reso in data 18/01/2007) dopo la delibera n. 108/06 una impresa di distribuzione non avrebbe più potuto rifiutare o rinviare l’accesso sulla scorta del mancato raggiungimento di un accordo sul contenuto del contratto con l’utente.

Neppure poteva affermarsi la legittimità della condotta serbata dalla odierna appellata sulla scorta della considerazione per cui, a seguito della citata delibera n. 108/06 D. avrebbe dovuto presentare una nuova istanza di accesso alla rete presso i punti di riconsegna dei tre utenti finali.

Al contrario di quanto sostenuto da S., infatti, doveva affermarsi che conservava validità la originaria istanza di accesso inoltrata prima della adozione della delibera n. 77/04.

Avverso tale delibera sanzionatoria la odierna appellata era insorta prospettando quattro distinte ed articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il primo giudice ha analiticamente preso in esame dette doglianze e ne ha condiviso la portata critica.

In particolare, nel prendere in esame il parere sotteso al dPR reso in data 18/01/2007 che aveva annullato la delibera "madre" n. 77/04 ha evidenziato che ivi si era affermato che il diniego di accesso alla rete doveva considerarsi senz’altro "legittimo" per tutta la durata del termine semestrale di preavviso decorrente dalla disdetta inviata da parte delle Società C. ed H. C..

Per quanto riguarda il periodo successivo, l’Autorità avrebbe dovuto verificare se il disaccordo in ordine alle condizioni contrattuali da applicare per il servizio di trasporto del gas fosse dipeso da una volontà dilatoria di S. al fine di "sottrarsi agli obblighi legali di distributore di rete" (parere cit. pag. 16), oppure da ragioni serie ed effettive.

Con la impugnata delibera n. 20/09, tuttavia, l’Autorità aveva preso in considerazione non già il comportamento tenuto da S. prima della delibera n. 108/06 (onde verificare se essa avesse esercitato in buona fede il proprio potere di negoziare il contenuto del contratto con D.), bensì il comportamento tenuto da quest’ultima dopo l’entrata in vigore della suddetta deliberazione n. 108/2006 e, ritenendo che la delibera n. 108 predetta non avesse apportato innovazioni in ordine alle condizioni previste per l’accesso alla rete, aveva ritenuto che S. avrebbe dovuto automaticamente consentire l’accesso alla rete a D. senza attendere una nuova richiesta da parte di quest’ultima.

Tale modus operandi tuttavia – secondo il primo giudice- obliava la circostanza che la delibera n. 108/06 aveva approvato un disciplinare tipo (c.d. "codice di rete") contente le clausole contrattuali standard atte a garantire a tutte le imprese interessate l’accesso alla rete a parità di condizioni.

Ma tale disciplinare non poteva avere valenza retroattiva ed integrare così la domanda di accesso presentata da D. prima della sua entrata in vigore: D., infatti, aveva proposto a S. di stipulare un contratto di vettoriamento in base alle condizioni previste dal "proprio" contratto tipo (lettera in data 15/01/2002. punto "c" secondo capoverso); con il mutamento delle condizioni applicabili al contratto tale proposta era divenuta inefficace con conseguente necessità di una nuova manifestazione di volontà e ne conseguiva che non si poteva, quindi, pretendere che S. dopo l’entrata in vigore della delibera n. 108 del 2006 mettesse di propria iniziativa a disposizione di D. i punti di accesso delle rete senza una nuova richiesta da parte di quest’ultima.

La sanzione pecuniaria irrogata alla predetta società è stata, conseguentemente, annullata.

La sentenza è stata appellata dall’ Autorità originaria resistente di primo grado che ne ha contestato la fondatezza proponendo articolati motivi di impugnazione ed evidenziando che il parere reso dalla Prima Sezione del Consiglio di Stato n. 5079/05 sotteso al dPR reso in data 18/01/2007 (che aveva annullato la delibera "madre" n. 77/04) aveva attribuito all’Autorità il potere/dovere di provvedere nuovamente, alla stregua del contenuto della sopravvenuta delibera n. 108/06.

Nel pieno rispetto di tale prescrizione era stata avviata l’attività ispettiva sottesa alla deliberazione n. 20/2009: erroneamente il primo giudice aveva ritenuto che, a seguito della entrata in vigore della delibera n. 108/06 fossero rimaste caducate tutte le precedenti richieste di accesso alla rete (tra cui quella di D. rimasta inevasa) rese sotto l’usbergo della antevigente disciplina.

L’appellata S. si è costituita depositando una articolata memoria e chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato.

Alla odierna pubblica udienza del 21 giugno 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. L’appello è infondato e deve essere respinto nei termini di cui alla motivazione che segue con conseguente conferma della appellata sentenza.

2. A seguito dell’intervenuto accordo tra S. e la subentrante di D. ed a seguito della (conseguente ed inimpugnata) statuizione di parziale improcedibilità del ricorso di primo grado relativamente all’ordine impartito a S. di consentire l’accesso al sistema, la materia del contendere risulta ristretta alla legittimità – o meno- della sanzione pecuniaria irrogata all’appellata con la predetta deliberazione n. 20/2009 avversata in primo grado.

2.1. Con riferimento a tale profilo, risulta di centrale importanza richiamare il contenuto e le affermazioni contenute nel citato parere reso dalla Prima Sezione del Consiglio di Stato n. 5079/05 sul ricorso straordinario avversante la precedente delibera sanzionatoria n. 77/04.

In proposito, si rammenta brevemente che mercè detta deliberazione in ultimo citata l’ appellante Autorità aveva ritenuto sussistere la violazione, da parte della appellata del disposto di cui all’art. 18 comma V della propria deliberazione n. 122/02 recante "Conferimenti della capacità di trasporto negli impianti di distribuzione"che così disponeva: "l’esercente l’attività di distribuzione effettua, di norma con cadenza il primo giorno del mese, salvo la trasmissione delle informazioni di cui all’articolo 20, nuovi conferimenti o revisioni delle capacità conferite in modo da assicurare la fornitura nei punti di riconsegna esistenti, per i clienti finali trasferiti da un fornitore all’altro, e nei punti di riconsegna di nuova attivazione.".

Come si è esposto nella premessa in fatto, detta deliberazione n. 77/04 è stata annullata a seguito del ricorso straordinario proposto dalla SIME SPA e la riedizione del potere da parte dell’Autorità ha dato luogo alla deliberazione n. 20/2009 impugnata in primo grado.

Nell’incipit della predetta delibera n. 20/2009 l’Autorità ha rammentato che il d.P.R. 18 gennaio 2007 aveva annullato la deliberazione n. 77/04 facendo "salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione ai sensi di quanto rappresentato nel parere del Consiglio di Stato".

Quanto alla latitudine del potere di verifica ad essa pertinente, l’Autorità ha ivi fatto presente che il citato parere del Consiglio di Stato aveva individuato le circostanze dedotte da Sime che illegittimamente erano state ritenute irrilevanti dalla deliberazione n. 77/04 e che l’Autorità avrebbe dovuto valutare adeguatamente: esse erano state individuate nella circostanza che, al tempo della violazione non era stata ancora completata la disciplina dei rapporti oggetto della controversia tra Sime e D. -disciplina successivamente definita dall’Autorità con le deliberazioni n. 138/04, n. 168/04, n. 108/06 – ed in particolare che le parti non avevano raggiunto un accordo sul contenuto del contratto di vettoriamento che avrebbe dovuto regolare i rapporti tra di loro. Inoltre, che non erano ancora spirati, per due dei tre clienti finali (C. e H. C.), i termini (semestrali) previsti per l’esercizio della facoltà di recesso dai contratti di compravendita con il loro precedente fornitore.

Il detto parere- secondo quanto riportato dall’Autorità al paragrafo 10.5 della deliberazione n. 20/2009 impugnata – aveva circoscritto la portata dell’annullamento prescrivendo all’Autorità di modulare l’ordine di consentire l’accesso a D. Energie, alla luce della completa disciplina in materia di accesso al servizio di distribuzione attualmente vigente rideterminare la sanzione pecuniaria "tenendo conto delle buone ragioni di Sime e del contegno vessatorio, quanto meno per quanto riguarda il completamento dei periodi semestrali di disdetta e considerando in concreto e nel merito le ragioni prospettate in ordine alla mancata sottoscrizione del contratto.".

2.1.1. Ritiene il Collegio opportuno rammentare altresì che il predetto parere (punto 4.1.) aveva escluso che la configurazione di diritto soggettivo perfetto attribuita alla posizione attiva di cui all’art. 24 del d.Lgs 23 maggio 2000 n. 164 implicasse il corollario per esso potesse qualificarsi qual "diritto assoluto" richiamando (punto 4.3.) la "predisposizione di una disciplina legale di conformazione" volta a rendere "le cause di rifiuto all’accesso ivi indicate le uniche legittimamente ipotizzabili" (obiettivo, questo, conseguito soltanto dopo l’adozione della esaustiva deliberazione n. 108/2006); al contempo, si era ivi rilevato (punto 4.5.) che, all’epoca in cui si sviluppò la vicenda contenziosa "il quadro regolatorio non era del tutto definito".

Quanto alla tempistica del recesso e del subentro, nel predetto parere si è altresì affermata la non condivisibilità della tesi della Sime per cui anche il contratto da essa intrattenuto con la Fiap avesse durata pluriennale (esso è stato espressamente qualificato di durata annuale: punti 7.1 e 7.2. del parere), ma si è al contempo disattesa la tesi dell’Autorità per cui anche i contratti stipulati dalla Sime con C. ed H. avessero durata annuale (punto 8).

Da ciò facendo conseguire (punto 8.7.) il "diritto soggettivo perfetto" di Sime di effettuare la fornitura in favore di C. ed H. "fino al completo spirare del termine della disdetta semestrale".

Sotto altro profilo (punto 9.4. del parere) si è ivi confutata la tesi dell’Autorità sottesa alla delibera n. 77/04 secondo cui non fosse necessaria la stipula di un accordo scritto tra le parti (e ciò proprio utilizzando qual coordinata ermeneutica una serie di atti promananti dalla stessa Autorità: punto 9.7. del parere citato).

Da tali premesse si è fatto discendere l’obbligo dell’Autorità – per quanto di interesse nell’odierno procedimento- di rimodulare la sanzione pecuniaria tenendo conto delle complessive valutazioni esposte al punto n. 10.5 del parere cui si fa integrale riferimento in questa sede.

3. Alla stregua del contenuto del citato parere devono essere immediatamente precisate alcune circostanze: in primo luogo, i termini del rapporto negoziale intercorso tra Sime e Fiap sono stati valutati in sede di ricorso straordinario in senso sostanzialmente conforme (id est: che trattavasi di contratto di durata annuale, soggetto a preavviso di disdetta trimestrale) alla prospettazione dell’Autorità: sono pertanto inammissibili tutte le argomentazioni riproposte dall’appellata nella propria memoria e volte a rimettere in discussione tale caposaldo motivazionale, in quanto già deciso con efficacia di giudicato.

Secondariamente che, quanto all’applicazione della sanzione, la rimodulazione avrebbe dovuto tenere conto della circostanza che i contratti stipulati dalla Sime con C. ed H. avevano durata pluriennuale (e pertanto soggetti a più lungo termine di disdetta, pari a sei mesi); del "diritto soggettivo perfetto" di Sime di effettuare la fornitura in favore di C. ed H. "fino al completo spirare del termine della disdetta semestrale"; della necessità che l’accesso della subentrante venisse regolato da un accordo scritto (e delle "ragioni prospettate in ordine alla mancata sottoscrizione del contratto": punto 10.5. del citato parere); del contegno vessatorio intrattenuto da C. ed H. nei confronti dell’appellata ("quantomeno per quanto riguarda i periodi semestrali di disdetta" punto 10.5. del citato parere).

4. E’ agevole riscontrare che tali aspetti, senz’altro favorevoli alla posizione di S., non sono stati compiutamente valutati dall’Autorità in fase di riedizione del potere.

Ed invero, il primo dato eclatante dimostrativo di tale circostanza riposa nella quantificazione della sanzione contenuta nella delibera n. 20/2009 censurata in primo grado rispetto a quella contenuta nella delibera n. 77/2004 parzialmente annullata in sede di ricorso straordinario: essa è identica.

Tale quantificazione risente della circostanza che sostanzialmente la delibera gravata in primo grado avrebbe individuato una persistente condotta ostruzionistica dell’appellata nei confronti della D., protrattasi sino a data successiva alla emissione del parere reso sul ricorso straordinario più volte citato.

Senonchè, se tale modus operandi in via di principio consente una valutazione sostanzialmente unitaria che giunga ad una complessiva quantificazione della condotta, non alle stesse conseguenze può pervenirsi nel caso di specie, laddove l’obbligo imposto all’Autorità di "rimodulare la sanzione" con riferimento alle condotte già esaminate in sede di ricorso straordinario, e tenendo conto delle indicazioni emerse in sede di parere reso dal Consiglio di Stato, avrebbe dovuto approdare ad una determinazione distinta da quella afferente alla "nuova" (recitus al persistere della) condotta ostruzionistica individuata in sede di riedizione del potere.

Allo stato, invero, non risulta in alcun modo intellegibile quale peso, sotto il profilo sanzionatorio, sia stato attribuito dall’Autorità alle condotte pregresse poste in essere da S. e quale a quelle oggetto di "nuovo accertamento", costituenti prosecuzione dell’illegittimo rifiuto opposto a D. già in passato sanzionate; neppure risulta chiaro se -ed in che termini- le indicazioni contenute nel citato parere reso dal Consiglio di Stato relativamente alle richieste " vessatorie" proposte dalle controparti negoziali nei confronti dell’appellata siano state tenute in considerazione.

La circostanza che la sanzione in passato irrogata fosse stata pari al minimo edittale non esonerava l’appellante Autorità a motivare in ordine a tali profili.

Né legittimamente poteva sostanziarsi la riedizione del potere utilizzando i risultati di una ispezione pregressa, temporalmente antecedente alla stessa emissione del più volte citato parere del Consiglio di Stato e del decreto demolitorio che lo ha recepito

5. Ma vi sono ulteriori emergenze processuali che militano per la reiezione dell’appello ed inducono a ritenere esatto il ragionamento espresso dal primo giudice nel capo della sentenza che ha preso in esame il segmento comportamentale dell’appellata successivo alla entrata in vigore della delibera n. 108/2006.

Nel rammentare infatti che è rimasto processualmente accertato che – già al momento della prima richiesta di accesso avanzata dalla D. – l’appellata avesse trasmesso a quest’ultima (inviandone copia all’Autorità) uno schema di contratto di vettoriamento che D. rifiutò di sottoscrivere (ed in ordine al cui contenuto non furono dall’Autorità sollevati rilievi), appare di rilevo rimarcare che tutte le parti del procedimento concordano sulla circostanza (a più riprese evidenziata peraltro nel più volte citato parere di questo Consiglio di Stato)che la sopravvenuta delibera n. 108/2006 abbia dettato compiuta e completa regolamentazione della materia (disciplinare tipo -"codice di rete"- contente le clausole contrattuali standard atte a garantire a tutte le imprese interessate l’accesso alla rete a parità di condizioni).

A fronte di tale innovazione, il ritenere una supposta ultrattività della pregressa richiesta di accesso avanzata da D. (e sulla base delle diverse condizioni in passato vigenti) collide sia con la portata innovativa di detta delibera, ma soprattutto, con le espresse indicazioni circa la necessità di una apposita richiesta di interconnessione che si rinvengono sub art. 14 commi 2, 3, 6 e 7 della delibera 29 luglio 2004, n. 138/04, (come modificata, tra l’altro dalla deliberazione n. 108/06).

La tesi dell’appellante Autorità, sostanzialmente, postula una inammissibile ultrattività della pregressa richiesta di accesso che collide con la irretroattività dell’innovato quadro regolamentare e che implica la inammissibile conseguenza per cui – in carenza di nuova richiesta, che tenesse conto del mutamento del quadro regolamentare- motu proprio l’appellata dovesse consentire a D. l’accesso alla rete, che risultava però normativamente regolato dalla sopravvenuta delibera n. 108/2006.

Tale ricostruzione non è accoglibile,e la comprova dell’esattezza della motivazione del primo giudice, si rinviene ex post nella circostanza che, non appena detta richiesta venne formulata, immediatamente l’appellata provvide ad ottemperare agli obblighi su di essa incombenti e discendenti dalla disposizione primaria di cui all’art. 24 comma I del d.Lgs. 23 maggio 2000 n. 164 ("Le imprese di gas naturale hanno l’obbligo di permettere l’accesso al sistema a coloro che ne facciano richiesta nel rispetto delle condizioni tecniche di accesso e di interconnessione di cui al presente decreto. ")

Il primo giudice ha quindi fatto buongoverno del principio secondo il quale "la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere apprezzata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio del "tempus regit actum", con conseguente irrilevanza di provvedimenti successivi che non possono in alcun caso legittimare "ex post" precedenti atti amministrativi." (si veda Consiglio Stato, sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5381, ma anche Consiglio Stato, sez. IV, 18 dicembre 2006, n. 7618).

Alla stregua delle superiori considerazioni il complessivo percorso argomentativo della appellata decisione resiste alle censure articolate nell’appello: appare, pertanto, esatta e meritevole di conferma la decisione, e non meritevole di accoglimento l’appello proposto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e pertanto l’appellante Autorità deve essere condannata al pagamento delle medesime in favore dell’appellata società in misura che appare congruo quantificare, avuto riguardo alla natura della controversia, in Euro diecimila (Euro 10.000/00) oltre accessori di legge, se dovuti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, numero di registro generale 3434 del 2010 come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante Autorità al pagamento delle spese processuali in favore dell’appellata società nella misura di Euro diecimila (Euro 10.000/00) oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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