Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-07-2011) 28-07-2011, n. 30025 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’8 febbraio 2010, la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma con la quale O. V. e O.B. erano stati condannati per illecita detenzione di sostanze stupefacenti.

Avverso tale decisione entrambi proponevano ricorso per cassazione.

Con un unico motivo deducevano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta rilevanza della recidiva ed al mancato riconoscimento della prevalenza dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, sulla recidiva medesima.

Osservavano, a tale proposito, che nel caso in cui il giudice non ritenga di aumentare la pena in ragione della recidiva, non reputandola espressione di maggiore colpevolezza o pericolosità sociale, non doveva ritenersi operante il divieto di cui all’art. 69 c.p., comma 4.

Rilevava che, nella fattispecie, la Corte territoriale non aveva adeguatamente motivato sul punto avendo dedotto che, in presenza di altra circostanza per la quale è stabilita una pena di specie diversa e determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato, il divieto di prevalenza non sia applicabile operando, al contrario, l’ultima parte dell’art. 69 c.p., comma 4, con conseguente facoltà, per il giudice, di ritenere la prevalenza dell’attenuante sulla recidiva reiterata.

Insistevano, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Come è noto, la L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 3, ha sostituito l’art. 69 c.p., comma 4, sottraendo al giudice la facoltà di ritenere prevalenti circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata.

Va altresì ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che la recidiva, operando come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, va obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero, in ossequio al principio del contraddittorio, ma può non essere ritenuta configurabile dal giudice, a meno che non si tratti dell’ipotesi di recidiva reiterata prevista dall’art. 99 c.p., comma 5, nel qual caso va anche obbligatoriamente applicata. Ne consegue che, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 c.p., è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (SS. UU. n. 35738, 5 ottobre 2010).

Deve inoltre osservarsi che la decisione appena richiamata era inerente, tra l’altro, ad una ipotesi del tutto simile a quella oggetto del presente procedimento e relativa alla applicabilità, in presenza di recidiva qualificata, della speciale attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

Le Sezioni Unite hanno quindi indicato quale sia la corretta lettura delle disposizioni richiamate.

Ciò posto, deve rilevarsi che la Corte territoriale risulta aver correttamente assolto all’onere motivazionale impostogli alla luce dei principi menzionati.

Le Sezioni Unite hanno infatti escluso che la valutazione richiesta al giudice possa risolversi nel solo riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali ma l’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggiore capacità a delinquere del reo non richiede un’analitica esposizione dei criteri di valutazione, dovendosi ritenere sufficiente l’esplicitazione, anche sintetica, delle ragioni per le quali si ritiene l’effettiva idoneità in concreto ad indicare una più accentuata colpevolezza o una maggiore pericolosità del condannato.

Va quindi escluso ogni automatismo nell’applicazione della disposizione in esame ma può ritenersi sufficiente, come nella fattispecie, il richiamo all’entità dei precedenti penali a carico del reo quale indice sintomatico di una condizione attuale di pericolosità.

La Corte territoriale si è espressa in tal senso sul punto, riconoscendo la validità delle conclusioni cui era giunto il giudice di prime cure, che richiamava, senza incorrere in cedimenti logici o palesi contraddizioni.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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