Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-08-2011, n. 4735 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ricorso notificato il 23 febbraio 2005, la società R. I. s.r.l. impugnava presso il Tribunale amministrativo per il Lazio il bando con cui l’A.G.E.A. indiceva una gara per l’affidamento del controllo sulle forniture di aiuti alimentari agli indigenti (burro), nella parte in cui la partecipazione alla gara veniva riservata alle sole società specializzate in materia di controllo e sorveglianza che, alla data dello stesso bando, risultassero formalmente autorizzate dagli Stati membri della Comunità conformemente all’art. 16 – Par. 5 – Reg. CE n. 800/1999 della Commissione.

La società impugnava anche il provvedimento di sua esclusione dalla gara, perché ritenuta non in possesso del requisito sopraindicato.

La ricorrente ricordava in primo luogo che il regime autorizzatorio di cui al Regolamento CE n. 800/1999 fosse rivolto alle ditte destinate ad esercitare i controlli per l’applicazione del regime delle c.d. "restituzioni" all’esportazione per i prodotti agricoli, consistenti in benefici economici (contributi) che la Comunità riconosce ai soggetti che esportano prodotti agricoli a paesi extracomunitari.

Essa riteneva illegittima la prescrizione del possesso dell’autorizzazione di cui al citato Regolamento CE quale requisito di ammissione alla gara (che aveva invece ad oggetto il controllo delle forniture di burro a titolo di aiuto alimentare agli indigenti nazionali), in quanto si sarebbe così venuta a configurare una condizione di partecipazione più gravosa rispetto a quelle ordinariamente richieste dagli artt. 13 e 14 del d. lgs. n. 157 del 1995, disciplinante la materia, traducendosi nella imposizione di requisiti di partecipazione alla gara diversi ed ulteriori rispetto a quelli stabiliti nella normativa di riferimento, ponendosi altresì in contrasto con la salvaguardia del principio della libera concorrenza.

In via subordinata, era dedotto che, nell’ipotesi in cui fosse stato riconosciuto il potere per la stazione appaltante di introdurre requisiti di partecipazione alla gara ulteriori e più restrittivi di quelli previsti dal ricordato decreto legislativo n. 157 del 1995 nei suoi artt. 13 e 14, tali prescrizioni sarebbero risultate illogiche ed in contrasto sia con lo scopo perseguito con l’affidamento del servizio, sia con la normativa comunitaria ed interna vigente in materia di appalti di servizi, con violazione del principio di par condicio tra imprese concorrenti, dimostrato tra l’altro dal fatto che soltanto cinque società risultavano in possesso dell’autorizzazione in contestazione. Detta clausola si sarebbe poi posta in contrasto con precedenti determinazioni dell’amministrazione, la quale negli anni precedenti non aveva mai, per i medesimi servizi, richiesto tale requisito.

Concludeva la ricorrente chiedendo la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.

2. Il TAR per il Lazio respingeva il ricorso, ritenendo che la riportata previsione fosse invece applicabile anche nel caso del controllo delle forniture agli indigenti.

Ha rilevato il TAR che l’attività in parola trovava la propria base giuridica nel regolamento CEE n. 3730/87 del Consiglio del 10 dicembre 1987, che stabilisce norme generali per la fornitura a taluni organismi di derrate alimentari provenienti dalle scorte d’intervento e destinate ad essere distribuite agli indigenti nella Comunità.

Il regolamento istituzionalizzava un modo alternativo di gestione delle scorte d’intervento di vari prodotti agricoli, adottato dalla Comunità, come richiamato nelle premesse dell’atto normativo, nell’inverno 1986/1987, nel corso del quale la CEE aveva deciso di applicare misure comprendenti la fornitura di varie derrate alimentari ad organismi di beneficenza, per la loro distribuzione agli indigenti nella Comunità, considerando che tale utilizzo dei vari prodotti ammassati potesse contribuire in modo determinante al benessere dei propri cittadini più indigenti in modo consono con gli obiettivi della politica agricola comune.

L’istituto rientrava quindi nell’ambito della disciplina dell’organizzazione dei mercati per i prodotti agricoli, rappresentando una modalità alternativa, per considerazioni di carattere umanitario, alla gestione di merci ritirate dal mercato per motivi di regolazione dello stesso, configurandosi quindi come "effetto collaterale" rispetto all’obiettivo principale della politica agricola comunitaria di stabilizzazione del mercato dei prodotti agricoli.

In tale prospettiva, il regime contabile delle relative operazioni risultava quello delle spese di regolarizzazione dei mercati agricoli. Coerentemente con tale sistema veniva pertanto previsto un adeguato regime di controlli, volto a prevenire frodi ed abusi. Tali controlli erano disciplinati dal regolamento CEE n. 3149 del 1992 da ultimo modificato, con effetto a partire dai piani per il 2005, dal Regolamento CE del 29 ottobre 2004, n. 1903.

In particolare, l’articolo 9 del Regolamento da ultimo citato prevede che gli Stati membri dovranno garantire che: "i prodotti d’intervento ed eventualmente gli stanziamenti per mobilitare i prodotti sul mercato siano destinati all’uso e ai fini previsti dall’articolo 1 del regolamento (CEE) n. 3730/87".

Gli Stati membri dovranno quindi evidenziare, nella relazione annuale sull’esecuzione del piano, le misure di controllo applicate – anche alla luce delle disposizioni del Regolamento CEE n.n. 3002/92 della Commissione – per verificare che le merci abbiano raggiunto l’obiettivo previsto nonché i destinatari finali, specificando il tipo e il numero dei controlli effettuati, i risultati ottenuti nonché i casi d’applicazione delle sanzioni irrogate.

2.1 Alla luce del soprarichiamato quadro della normativa comunitaria in materia di controlli delle forniture di prodotti a titolo di aiuto alimentare, il giudice di primo grado riteneva infondate le censure dedotte con il ricorso.

In primo luogo, veniva rilevato come il nuovo sistema dei controlli introdotto con Regolamento CE 29 ottobre 2004 n. 1903 operava solo a partire dal piano di aiuti per il 2005 e pertanto trovava applicazione, per la prima volta, solo da quell’anno.

Andava pertanto disatteso il profilo di censura relativo alla contraddittorietà dell’operato dell’amministrazione rispetto determinazioni assunte negli anni precedenti, in cui non avrebbe prescritto i requisiti in contestazione, in quanto le diverse determinazioni assunte nel passato erano state adottate prima dell’entrata in vigore del predetto regolamento.

La clausola in esame, ad avviso del TAR, non poteva poi essere considerata illegittima, considerate la finalità e la natura dell”intervento, e nemmeno contrastante con la normativa comunitaria, alla luce della ratio del sistema dei controlli in essa previsti.

Alla luce della normativa sopra riportata, appariva evidente secondo il TAR che la finalità dell’attività di controllo della fornitura dei prodotti oggetto della gara non fosse tanto, come dedotto dalla ricorrente, quella di verificare le caratteristiche quantitative e qualitative del bene alimentare (e quindi sottoponibile all’ordinario sistema di controllo), quanto, in via prioritaria, quello di prevenire frodi ed abusi nel corso nello svolgimento delle operazioni di distribuzione di prodotti alimentari a titolo di aiuto umanitario, come si evince dall’espresso richiamo, operato dal Regolamento, al sistema di controlli previsto dal Reg. (CEE) n. 3002/92 del 16 ottobre 1992 che stabilisce modalità comuni per il controllo dell’utilizzazione e della destinazione di prodotti, appunto, umanitari.

In tale Regolamento vengono dettate modalità comuni per il controllo dell’utilizzazione e della destinazione di prodotti ritirati da scorte d’intervento, prevedendo l’art. 2 che "1. Dal momento del loro ritiro dalle scorte d’intervento sino al momento in cui sia stata verificata l’utilizzazione e/o la destinazione prevista, i prodotti di cui all’articolo 1 sono sottoposti al controllo, comprendente accertamenti materiali, esame dei documenti e revisione dei conti, degli organismi di controlli designati, di seguito denominati "autorità di controllo competente"…

"2. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire:

– che il controllo di cui al paragrafo 1 sia eseguito,

– che i prodotti d’intervento non vengano sostituiti con altri prodotti.

In particolare, tali misure dispongono:

– che le imprese che si occupano di prodotti d’intervento o di prodotti d’intervento trasformati, procedendo ad esempio all’acquisto, alla vendita, al magazzinaggio, al trasporto, al trasbordo, al reimballaggio, alla lavorazione o alla trasformazione, si sottopongano a tutti i controlli e gli accertamenti ritenuti necessari e tengano una contabilità che consenta alle autorità competenti di effettuare le verifiche che ritengano opportune;

– che i prodotti di cui al primo trattino siano immagazzinati e trasportati separatamente dagli altri prodotti in modo da poter essere identificati.

Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate ai sensi del presente paragrafo."

Tale essendo la finalità del sistema dei controlli in questione, può correttamente dedursi che la correlata l’attività di controllo, che dovrà essere espletata dall’impresa aggiudicataria della gara in contestazione, possa essere legittimamente riservata alle sole imprese in possesso dei più rigorosi requisiti prescritti dall’art.16 bis del reg.800/99.

2.2 In tale prospettiva, ad avviso del TAR risultava pertanto inconferente il richiamo al principio di massima partecipazione, evincibile dalla direttiva appalti e dagli art. 13 e 14 D.L.vo n. 157/1995 e successive modificazioni, atteso che le invocate norme e principi assumono valore recessivo rispetto all’esigenza, imposta dalle recenti innovazioni normative comunitarie, di assicurare un regime di controlli adeguato e funzionale a prevenire il rischio di frodi ed abusi, che giustifica la restrizione della platea degli operatori ammessi a partecipare alla gara per l’affidamento del servizio in contestazione alle sole imprese specializzate in controlli di prodotti alimentari riconosciute idonee allo svolgimento delle relative funzioni mediante il rilascio della specifica autorizzazione prevista dalla normativa comunitaria soprarichiamata.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte il ricorso veniva pertanto respinto.

3. Contro tale sentenza, ricorreva al Consiglio di Stato la Società R..

In premessa, veniva ricostruita l’evoluzione della normativa in materia di controllo sulle forniture alimentari, sottolineando la profonda differenza tra quella per aiuti alimentari agli indigenti e quella che disciplina il regime delle cosiddette "restituzioni" all’esportazione per i prodotti agricoli, di cui al Regolamento CE n. 800/1999, consistenti in benefici economici (contributi) che la Comunità riconosce ai soggetti che esportano prodotti agricoli a Paesi terzi.

Diverse essendo le finalità dei controlli sopra ricordati, diversi dovrebbero risultare i presupposti richiesti alle società chiamate ad effettuare i controlli stessi.

Rileva l’appellante, richiamando il bando di gara, che il controllo richiesto per le forniture agli indigenti di burro riguarda l’attestazione della data d’inizio della lavorazione nonché la verifica del fatto che non siano presenti quantitativi confezionati precedentemente a tale data; il prelievo di un certo numero di campioni presso gli stabilimenti e l’attestazione del quantitativo prodotto alla data del prelievo; una serie di ulteriori adempimenti che riguardano esclusivamente la qualità e la quantità del bene, ossia la sua conformità al bando di gara.

Ben diversi sono invece i controlli per l’applicazione del regime delle "restituzioni", di cui al citato Regolamento CE, che attengono invece al rilascio dell’attestato di scarico e di importazione finalizzato all’applicazione di uno specifico regime di agevolazioni.

Tutto ciò premesso, l’appellante sosteneva del tutto illegittima l’introduzione di "limiti ulteriori" per la partecipazione alla gara, consistenti in una condizione di ammissione più gravosa per il controllo sulle forniture di aiuti alimentari rispetto a quelle ordinariamente richieste dal legislatore (nella specie dagli articoli 13 e 14 del decreto legislativo n. 157/1995).

Deduceva poi l’appellante la violazione del principio di massima partecipazione, con l’introduzione di principi illogici ed in manifesto contrasto con la disciplina comunitaria ed interna in materia di appalti e di servizi.

I "limiti ulteriori" richiesti per la partecipazione alla gara costituivano poi una grave lesione della par condicio fra le imprese concorrenti, considerato il limitato numero di imprese attualmente abilitate al controllo e alla sorveglianza ai sensi del Regolamento CE 800/1999, sopra citato.

Riteneva la società altrettanto illogico che, per poter partecipare alle gare per l’affidamento del semplice servizio di controllo delle forniture alimentari (burro) fornite ad AGEA, i concorrenti dovessero ottenere il rilascio delle autorizzazioni previste per un’attività non solo del tutto diversa ma soprattutto molto più complessa e delicata.

Da ultimo, la società chiedeva l’accertamento del danno subito e la condanna al risarcimento del danno stesso.

La causa veniva assunta in decisione alla pubblica udienza del 5 luglio 2011.

4. Ritiene la Sezione che l’appello così riassunto sia infondato e vada respinto.

Il punto centrale delle questioni sollevate è, come si evince dalla narrazione sopra effettuata, quello della possibilità per l’amministrazione di introdurre nella lex specialis della gara d’appalto requisiti ulteriori e più restrittivi di quelli previsti dalla legge che ordinariamente disciplina la materia.

Su questo punto, la Sezione ha avuto modo più volte di soffermarsi, in particolare con la sentenza 23 luglio 2008, n. 3655, per la quale l’amministrazione può introdurre nella lex specialis previsioni atte a limitare la platea dei concorrenti, onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza.

Nel bando di gara, l’amministrazione appaltante può quindi autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d’appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito (in tal senso, anche la sentenza n. 3448 del 4 giugno 2009, nonché le sentenze n. 5377 del 15 settembre 2006 e la n. 6972 del 22 ottobre 2004 della IV Sezione, e le nn. 7139 del 15 dicembre 2005 e 9305 del 31 dicembre 2003 della V Sezione).

La questione centrale è quindi quella di valutare i limiti ulteriori previsti nel bando alla luce della loro logicità e ragionevolezza e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito.

Osserva al riguardo il Collegio che non è irragionevole prevedere da parte dell’amministrazione controlli stringenti finalizzati, nella distribuzione delle risorse alimentari agli indigenti, non solo a un controllo quantitativo e qualitativo del bene ma altresì idonei a contrastare eventuali frodi nel corso di tutto il processo di produzione e distribuzione del bene in esame.

Nell’identificare tali requisiti ulteriori, di per sé pienamente ammissibili, è ragionevole ritenere che l’amministrazione possa far riferimento a requisiti richiesti per situazioni analoghe, pur se non identiche, a quelle oggetto della gara in esame, aventi ad oggetto l’esercizio di attività di controllo.

Né può ritenersi che tali ulteriori previsioni limitino in modo illogico o irragionevole il diritto di coloro che intendono partecipare alla gara.

Nulla infatti esclude che i concorrenti possano porsi nelle condizioni di ottenere i requisiti di cui all’articolo 16 del più volte citato Regolamento CE n. 800 del 1999.

Le richiamate disposizioni comunitarie in materia di controlli, in questo come in altri campi, comportano da parte delle autorità nazionali l’obbligo di assicurare il loro rispetto sostanziale, al fine di assicurare il corretto uso dei fondi comunitari ed evitare possibili abusi o truffe.

Sulla responsabilità dei Paesi membri di effettuare controlli rigorosi nell’uso dei fondi comunitari, si è già pronunciata questa sezione (in materia di interventi finanziati dal Fondo sociale europeo) con la sentenza n. 7011 del 21 settembre 2010, sottolineando la responsabilità di ciascuno Stato nei confronti dell’Unione europea, in ordine alla corretta utilizzazione delle risorse comunitarie.

Le considerazioni sopra riportate si ritengono assorbenti e prevalenti rispetto alle ulteriori deduzioni avanzate dalla appellante.

5. Per le ragioni che precedono, risultano infondate tutte le censure formulate dall’appellante.

Va conseguentemente respinta la riproposta domanda di risarcimento del danno (risultando così irrilevante l’esame sulla effettiva sussistenza degli elementi costitutivi del dedotto illecito).

La condanna al pagamento delle spese del secondo grado segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione VI, respinge l’appello n. 9572 del 2006.

Condanna la parte ricorrente alle spese del secondo grado, quantificate in 3.000,00 (tremila/00) euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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