Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-07-2011) 28-07-2011, n. 30211

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.V. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 21 marzo 2010 del Tribunale di Milano (che ha rigettato il riesame contro l’ordinanza 8 novembre 2010 del G.I.P. del Tribunale di Milano, il quale aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere, per associazione finalizzata al narcotraffico D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 e concorso in due episodi di importazione e detenzione di stupefacente), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo dell’insussistenza dei requisiti indicati dagli artt., 273 e 274 c.p.p., e art. 275 c.p.p., comma 3.

In particolare si lamenta: a) che gli indizi valutati siano privi della gravità richiesta; b) che, in ogni caso, non si siano valorizzate, senza adeguata motivazione, le circostanze favorevoli date dalla giovane età del ricorrente, dall’impegno lavorativo, dal radicamento nel territorio e dalla portata deterrente della carcerazione preventiva sofferta; c) che il Tribunale del riesame abbia considerato quattro episodi di "procacciamento di vetture", quando il G.I.P. ne ha considerato uno solo.

Il motivo è palesemente inammissibile per più profili.

Va subito premesso che per consolidata giurisprudenza in materia di misure cautelari personali, la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientrano tra i compiti istituzionali del giudice di merito e sfuggono al controllo del giudice di legittimità se adeguatamente motivate e immuni da errori logico-giuridici.

Invero a tali scelte e valutazioni non può infatti opporsi, laddove esse risultino, come nella specie, correttamente motivate, un diverso criterio o una diversa interpretazione, anche se dotati di pari dignità (Cass. Penale sez. 6, 3000/1992, Rv. 192231 Sciortino).

Inoltre va ribadito che il ricorso per cassazione, il quale deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, pertanto, assenza delle esigenze cautelari è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando – come nella vicenda – propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. pen. sez. 5, 46124/2008, Rv.241997, Magliaro). Nella fattispecie, nessuna di tali due evenienze – violazione di legge o vizio di motivazione rilevante ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) – risulta essersi verificata, a fronte di una motivazione che è stata in concreto diffusamente prospettata in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza.

Da ultimo, quanto alla censura sub c), e cioè che il Tribunale del riesame abbia considerato quattro episodi di "procacciamento di vetture", quando il G.I.P. ne ha considerato uno solo, va rilevato che essa per come proposta è inammissibile.

E’ noto infatti che il potere del Tribunale del riesame, di integrare e sanare la motivazione insufficiente del provvedimento impugnato non opera soltanto laddove quest’ultimo sia mancante di motivazione in senso grafico, ovvero la stessa si risolva in una clausola di stile si da non rendere possibile l’individuazione degli indizi e delle esigenze cautelari perseguite dal provvedimento, mentre viene legittimamente esercitato – come nella specie – ove si fa unicamente questione della sufficienza, congruità ed esattezza delle indicazioni, presenti nel provvedimento, concernenti gli indizi e le esigenze cautelari.

In tali ultime ipotesi l’ordinanza applicativa della misura cautelare e quella che decide sulla richiesta di riesame sono infatti tra loro collegate e complementari sicchè la motivazione del tribunale integra e completa le eventuali carenze del provvedimento del primo giudice (Cass. pen. Sez. Sez. 3, 41569/2007 ) Rv. 237903).

Il ricorso è pertanto è inammissibile e a norma dell’art. 616 c.p.p. il ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, a versare una somma, che si ritiene equo determinare in Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Inoltre, non conseguendo dalla decisione la rimessione in libertà del ricorrente, va disposta, ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, la trasmissione di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato è ristretto, per gli adempimenti di rito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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