Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-07-2011) 28-07-2011, n. 30210 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.A., ricorre, a mezzo del suo difensore avverso l’ordinanza 25 febbraio 2011 del Tribunale del riesame, che, in sede di appello, ha confermato l’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bologna in data 24 gennaio 2011 (che aveva rigettato l’eccezione di nullità dell’interrogatorio di garanzia, proposta dalla difesa, in sede di udienza per interrogatorio di garanzia dell’indagato, avvenuta in data 21 gennaio 2011 davanti al G.I.P. presso il Tribunale di Treviso), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) le accuse e le motivazioni del provvedimento del G.I.P. e dell’ordinanza del Tribunale impugnata.

A carico dell’indagato è stata emessa la misura della custodia cautelare in carcere, relativamente all’ipotesi di reato prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 aggravata dalla partecipazione all’associazione di più di dieci persone e dall’aver commesso il fatto in ambito transanazionale (capo A) e di fattispecie del reato previsto dall’art. 73 del citato decreto, specificamente descritte nei capi C, J, M, N, O, P, P bis, Q, R ed S. In sede di interrogatorio di garanzia, avvenuto all’udienza del 21 gennaio 2011 davanti al G.I.P. presso il Tribunale di Treviso, in quanto l’odierno appellante è stato arrestato in quella circoscrizione, la difesa dell’indagato ha proposto eccezione di nullità dell’interrogatorio per violazione del diritto di difesa.

Assume il difensore che l’avviso di fissazione d’udienza gli era stato comunicato soltanto il giorno precedente, 20/1/2011, senza che al G.I.P. presso il Tribunale di Treviso fossero trasmessi tutti gli atti relativi al procedimento, ma soltanto l’ordinanza di custodia cautelare, l’informazione di garanzia e il verbale di esecuzione della misura, cosicchè il difensore non aveva potuto, data la ristrettezza dei tempi, prendere visione di tutti gli atti depositati solo presso il Gip procedente.

La difesa ha quindi proposto all’udienza del 21 gennaio 2011 davanti al G.I.P. presso il Tribunale di Treviso eccezione relativa alla nullità di tale interrogatorio per non avere il difensore avuto la possibilità di esaminare gli atti depositati dal Pm e la stessa richiesta di misura cautelare del P.M..

Il G.I.P. procedente ha rigettato tale eccezione con l’ ordinanza 24/1/2011 oggetto dell’appello.

Il Tribunale del riesame con il provvedimento 25 febbraio 2011 oggi impugnato ha ribadito quanto osservato dal G.I.P. non sussistendo alcun obbligo e alcuna prescrizione per il giudice procedente di inviare gli atti, posti a base dell’ordinanza di custodia cautelare presso il giudice ad quem, incaricato di eseguire l’interrogatorio per rogatoria, ben potendo la difesa soddisfare il suo diritto alla conoscenza degli atti mediante esame degli atti depositati presso il giudice procedente, sia recandovisi personalmente, sia facendoli visionare da un proprio incaricato.

Per il Tribunale della libertà, la prescrizione dell’art. 294 c.p. relativa al deposito degli atti è sì prevista a pena di nullità dell’interrogatorio, ma essa risulta soddisfatta con il deposito degli atti presso il giudice per le indagini preliminari,al quale il PM ha fatto la domanda di misura cautelare, essendo onere della difesa prenderne cognizione, addirittura, stabilendo la giurisprudenza di legittimità la ininfluenza ai fini della nullità dell’interrogatorio dell’omessa notifica dell’avviso di deposito (Cass. S.U. n. 26798/2005).

L’ordinanza impugnata, preso atto che la difesa ha citato a sostegno della sua tesi anche la sentenza S.U. n. 36212/2011, ha definito inconferente tale richiamo, poichè la decisione del Supremo collegio attiene al diritto di difesa che deve essere garantito anche nei tempi ristrettissimi in cui avviene l’interrogatorio in sede di udienza di convalida di arresto e fermo, permettendo anche in tal caso la visione degli atti al difensore.

Tale pronuncia, esplicitamente diversificando l’interrogatorio in sede di convalida da quello ed di garanzia – oggi in discussione – implicitamente ritiene garantito per quest’ultimo il diritto di difesa dalla possibilità di visionare gli atti a seguito del prescritto deposito degli atti ex art. 294 c.p.p., provvedendo a colmare la lacuna che invece si presentava per l’interrogatorio in sede di convalida, per il quale nessuna norma stabilisce la "necessarietà" del deposito degli atti e della relativa facoltà della difesa di esaminarli.

La difesa ha lamentato inoltre che il giudice abbia erroneamente ritenuto tardiva l’eccezione in quanto proposta solo all’esito dell’interrogatorio, e non già prima delle formalità relative all’interrogatorio stesso, come avrebbe dovuto a norma dell’art. 182 c.p.p., comma 2.

In proposito e al contrario si è rilevato che le valutazioni del G.I.P. possono essere condivise, poichè prima della domanda rivolta all’indagato circa la sua volontà o meno di avvalersi della facoltà di non rispondere, la difesa avrebbe dovuto formalizzare la sua eccezione sulla nullità dell’interrogatorio stesso per i motivi sopra esposti.

Nel verbale di interrogatorio invece si legge la verbalizzazione di tale eccezione soltanto dopo la verbalizzazione della circostanza che l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere; pertanto, anche qualora tale verbalizzazione fosse avvenuta in tal modo per esigenze di celerità nel corso dell’interrogatorio, e la difesa avesse anticipato tale eccezione oralmente, come si legge nell’atto di appello, la difesa stessa avrebbe dovuto insistere perchè nella verbalizzazione venisse dato atto della proposizione di tale eccezione prima dell’esplicarsi dell’interrogatorio.

In conclusione l’eccezione non è apparsa meritevole di accoglimento e l’appello è stato rigettato con conferma dell’ordinanza impugnata.

1.)i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 178 c.p.p., lett. e) circa l’eccezione preliminare di nullità dell’interrogatorio di garanzia.

Osserva il ricorrente che l’ordinanza impugnata, nel respingere l’eccezione di nullità dell’interrogatorio di garanzia, ha omesso di fatto di valutare le circostanze in cui nel caso di specie, si è materializzata la dedotta nullità.

Infatti, l’ordinanza cautelare impugnata consta di ben 339 pagine e riguarda più indagati (18 persone) per fatti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 ed è fondata prevalentemente su intercettazioni telefoniche e con 11 capi di imputazione a carico del ricorrente.

La conclusione in motivazione per cui la presenza degli atti suindicati presso la cancelleria del giudice della misura in Bologna è sufficiente a garantire la difesa,è però contradaittoria perchè ciò ha comportato di fatto per fondate ragioni di distanza (Treviso- Bologna) e di tempo, come suindicato, la compressione e quindi la compromissione dei diritti della difesa.

L’indagato non è stato posto in grado di rispondere in sede di interrogatorio di garanzia alle accuse formulate difettando l’esame degli atti allegati all’ordinanza.

L’ordinanza impugnata omette pure di rilevare che la ristrettezza dei tempi denunciata consegue all’operare infruttuoso dell’ampio termine dei 5 giorni per la fissazione dell’interrogatorio di garanzia, il cui avviso è avvenuto solo il giorno precedente l’ultimo giorno utile per espletare l’interrogatorio; infatti la conoscenza dell’incombente anche un giorno prima avrebbe consentito alla difesa una trasferta a (OMISSIS) o il rinvenimento di un sostituto processuale in grado di esaminare gli incartamenti.

Si è quindi concretizzata una violazione dei diritti della difesa ex art. 178 c.p.p., lett. C) dovuta all’evidente disparità di trattamento nello svolgimento dell’Interrogatorio di garanzia in rogatoria rispetto a quello da effettuare presso il Giudice a quo, e ciò alla luce dei principi del diritto di difesa ( art. 24 Cost. comma 2) e di parità delle parti nel processo ( art. 111 Cost., comma 2), e non consentendo alla persona accusata di disporre delle condizioni necessarie per preparare adeguatamente la difesa ( art. 111 Cost., comma 3).

Da ciò la conclusione secondo cui l’ordinanza impugnata è affetta dal vizio di legittimità per violazione delle norme poste a garanzia del pieno diritto di difesa (verbale di interrogatorio di garanzia del 21 gennaio 2011) con conseguente nullità dell’interrogatorio di garanzia del 21 gennaio 2011 e perdita di efficacia della custodia cautelare ex art. 302 c.p.p.. Il motivo risulta manifestamente infondato. Va Invero ribadito che la disciplina dei termini processuali è stata approntata dal legislatore in funzione di una usuale realtà statistica che contempera la tutela e la salvaguardia dei diritti di difesa con le immanenti ragioni di durata ragionevole del processo, in tutte le fasi che lo sostanziano, ed i tempi di durata della custodia cautelare stessa.

Il Tribunale del riesame infatti:

a) ha correttamente rilevato l’inconferenza nella vicenda delle regole dettate da S.U. 36212/2011, dato che tale pronuncia attiene al diritto di difesa che deve essere garantito anche nei tempi ristrettissimi in cui avviene l’interrogatorio in sede di udienza di convalida di arresto e fermo, permettendo anche in tal caso la visione degli atti al difensore;

b) ha dato puntuale conto della sostanziale indifferenza della distanza chilometrica tra (OMISSIS) (sede del giudice ad quem, incaricato di eseguire l’interrogatorio per rogatoria) e (OMISSIS) (sede della cancelleria del giudice della misura), argomentandone la concreta irrilevanza mediante un giudizio di merito in questa sede non censurabile.

Il motivo va quindi dichiarato inammissibile.

Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge con riferimento all’art. 182 cod. proc. pen. in quanto l’ordinanza ha errato nel ritenere intempestiva l’eccezione di nullità dell’interrogatorio di garanzia, affermando che "la difesa stessa avrebbe dovuto insistere perchè la verbalizzazione venisse dato atto della proposizione di tale eccezione prima dell’esplicarsi dell’interrogatorio", pretendendo a carico della difesa una condotta insistente e "molesta" nei confronti del giudice che il codice non prevede.

La ritenuta Inammissibilità del primo motivo, per la sua palese infondatezza, assorbe ed esclude l’esame di tale seconda collegata doglianza.

Il ricorso quindi va dichiarato inammissibile, avuto riguardo alla coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille). Va mandato infine alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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