Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-07-2011) 28-07-2011, n. 30207

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.C. ricorre, a mezzo del suo difensore avverso l’ ordinanza 31 marzo 2011 del Tribunale del riesame di Caltanissetta che ha rigettato l’appello proposto, contro l’ ordinanza 28 febbraio 2011 del G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta (per violazione del diritto di difesa e conseguente decorso dei termini massimi di fase nella durata della custodia cautelare in carcere), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) la vicenda processuale.

Risulta agli atti, in adesione alla descrizione in fatto, indicata dal Tribunale del riesame ed alla conforme narrativa dell’impugnazione:

a) che l’odierno ricorrente aveva presentato in data 30.9.2010, tramite i difensori, Antonio @Impellizzeri e Serra Giovanna, istanza di ammissione al rito abbreviato "nelle forme e nei termini di rito" a seguito della pregressa emissione di decreto di giudizio immediato;

b) che il successivo decreto di fissazione dell’udienza preliminare veniva notificato ad uno soltanto dei due difensori ritualmente nominati;

c) che l’eccezione veniva tempestivamente sollevata all’udienza del 16.12.2010 ed il G.U.P., ritenutane la fondatezza, dichiarava la nullità del decreto di fissazione dell’udienza ed ordinava separarsi la posizione processuale dell’imputato F.C. con formazione di autonomo fascicolo;

d) che Il G.U.P. peraltro, "melius re perpensa", ammessi tutti gli altri imputati al rito abbreviato e fissata la discussione all’udienza del 25 gennaio 2011, si occupava della posizione processuale di F.C. stabilendo: "… in accoglimento della sua richiesta di essere giudicato con il rito abbreviato dispone procedersi nei suoi confronti con il rito abbreviato semplice ai sensi dell’art. 458 c.p.p., comma 2 e fissa per la trattazione del rito l’udienza del giorno 25 gennaio 2011";

e) che all’udienza del 28 febbraio 2011 la difesa sollevava eccezione di nullità dell’ordinanza dispositiva del giudizio abbreviato, emessa in data 16 dicembre 2010 in relazione alla posizione processuale dell’odierno ricorrente, in ragione del fatto che il G.U.P., non avendo rinviato il procedimento stralciato, aveva ammesso F.C. al giudizio abbreviato semplice;

f) che è stata così eccepita la nullità sia del primo decreto di fissazione udienza sia della ordinanza di ammissione al rito abbreviato, per violazione dell’art. 181 c.p.p., comma 4 e art. 182 c.p.p., comma 2 in relazione alla eccepita non – integrità del contraddittorio e conseguente violazione del diritto alla difesa tecnica, essendo stato pretermesso il diritto del codifensore di interloquire in udienza in ordine a tutte le questioni preliminari comunque invocabili, non escluse quelle concernenti la subordinazione del rito abbreviato ad una integrazione probatoria;

g) che in tale contesto la difesa, avuto riguardo alla sostenuta illegittimità del provvedimento di ammissione al rito abbreviato, proponeva istanza di rimessione in libertà dell’imputato per decorrenza dei termini di fase di durata della custodia cautelare eseguita in data 22 febbraio 2010;

h) che il G.I.P. di Caltanissetta il 28 febbraio 2011, aveva ritenuto infondata l’istanza, rigettandola;

i) che detto provvedimento, impugnato davanti al Tribunale del Riesame, nelle forme dell’appello, è stato a sua volta rigettato con ordinanza 31 marzo 2011, oggetto di ricorso per cassazione.

2.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione si prospetta violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed c) in relazione all’art. 303 c.p.p., lett. a), comma 3 conseguente alla violazione degli artt. 178, 179, 181, 182 e 458 c.p.p..

In particolare l’impugnazione rileva che il Tribunale del riesame, nel rigettare l’Istanza di rimessione in libertà per decorrenza dei termini, si è soffermato sulla interpretazione dell’art. 458 c.p.p., comma 2, omettendo di valutare che il G.U.P. solo apparentemente aveva sanato la nullità eccepita, giacchè, se per un verso aveva riconosciuto la fondatezza dell’eccezione di nonintegrità del contraddittorio, disponendo io stralcio della posizione processuale dell’odierno ricorrente, per altro verso aveva emesso provvedimento di ammissione al rito abbreviato analogamente a quanto disposto in relazione a tutti gli altri imputati che nulla avevano eccepito.

Pertanto, in conclusione, secondo l’assunto del ricorrente:

1) il provvedimento di ammissione al rito abbreviato è nullo e quella invocata è una nullità assoluta ex art. 179 c.p.p. (concernendo l’assenza dei difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza secondo l’orientamento espresso da Cassazione penale Sez. 2, 3 marzo 2005, n. 21308, Bresciani) o comunque, a tutto concedere, una nullità "a regime intermedio", deducibile fino alla deliberazione della sentenza nel grado successivo, essendo stata, come detto, ritualmente sollevata dal difensore presente in aula (Cassazione penale, sez. 6, 30/09/2008, n. 38570);

2) tale eccezione non è stata sanata dal G.U.P. ma semplicemente elusa, atteso che sarebbe stato suo obbligo assicurare l’esercizio concreto del diritto di difesa ad entrambi i difensori;

3) il tribunale del riesame, nel rigettare l’appello, avrebbe erroneamente sostenuto che l’istanza di ammissione al rito abbreviato, conseguente al decreto di rito immediato non fosse condizionata ad alcuna integrazione probatoria e che, pertanto, il decreto di fissazione dell’udienza camerale dovesse intendersi ex se quale ordinanza dispositiva del rito deflattivo.

Conclusione questa inaccettabile – per il ricorrente – non essendo possibile affermare che l’istanza di ammissione al rito abbreviato non fosse condizionata ad una qualche integrazione istruttoria.

Trattavasi infatti di una "formula aperta" alla eventualità che nel corso della udienza camerale l’imputato, tramite i suoi difensori, avanzasse richieste di integrazione probatoria, con il conseguente diritto al contraddicono sulla compatibilità della chiesta integrazione rispetto alle esigenze di celerità del rito.

Da ciò la richiesta di declaratoria di nullità del provvedimento di ammissione al rito deflattivo con la conseguente perenzione dei termini massimi di durata della custodia cautelare in carcere, trattandosi di nullità a regime assoluto o comunque intermedio.

Le doglianze sono palesemente infondate.

Il Tribunale del riesame, nel rigettare l’appello, ha opportunamente distinto i due differenti piani nella vicenda in esame: quello relativo all’ammissione al rito alternativo e quello relativo alla corretta instaurazione del contraddicono nella nuova fase di giudizio.

Rispetto al primo profilo l’ordinanza ha correttamente rilevato come il codifensore avv. Serra (il quale, non avendo ricevuto la comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza del 16.12.2010, poteva dirsi effettivamente "pretermesso"), non ha, tuttavia, subito alcun reale pregiudizio da tale pretermissione, posto che non avrebbe potuto in alcun modo incidere sulla richiesta di ammissione al rito alternativo, già cristallizzatasi alla data della sua formulazione.

Rileva ancora in proposito il provvedimento impugnato:

a) che, ragionando a contrario, ove, in ipotesi, il codifensore "pretermesso" fosse stato regolarmente notiziato della data dell’udienza, nel corso della stessa, fissata quando il termine ex art. 458 c.p.p., comma 1 era abbondantemente decorso, egli non avrebbe potuto interloquire, tanto più subordinando la richiesta ad una integrazione probatoria ormai tardiva ed inammissibile;

b) che, tra l’altro, il G.i.p., con ii provvedimento di ammissione al rito, emesso all’udienza del 16 dicembre 2010, ha sanato l’irregolarità realizzata con l’omessa comunicazione del decreto del 16 novembre 2010 al codifensore avv. Serra; ed infatti, poichè l’ordinanza ammissiva del 16 dicembre 2010 gli è stata regolarmente comunicata, l’ammissione al rito si è comunque perfezionata, rispetto a tale codifensore, al più tardi alla data della comunicazione medesima.

Trattasi di argomentazioni aderenti alle regole che presidiano lo svolgersi del rito alternativo e senza alcun "vulnus" apprezzabile alle ragioni di difesa dell’imputato ed ai suoi interessi sostanziali e processuali come persuasivamente spiegato nel precedente punto sub a).

Invero – in tema di rilievo di irregolarità e sanzioni di nullità – va rammentato che non ogni irregolarità processuale conduce alla sanzione di nullità, specie ove si consideri che la legge di delega sul nuovo c.p.p. ha, nella sua direttiva di esordio, espressamente sancito il criterio della massima semplificazione nello svolgimento del processo con eliminazione di ogni atto o attività nonessenziale". "Inoltre, l’Insistito richiamo dei legislatore delegante alla semplificazione delle forme non può dunque che rispondere ad una omologa e rigorosa limitazione della cause di nullità ai soli vizi di forma che rispondano ad altrettanti difetti di sostanza" (Corte costituzionale, ord. 8-10 maggio 2000, Pres. Mirabelli, rel.

Flick).

Quanto alla corretta instaurazione del contraddittorio nella nuova fase di giudizio, tematica concernente il secondo profilo della questione (nella distinzione operata dal Tribunale del riesame), quello attinente alla valenza del decreto emesso a norma dell’art. 458 c.p.p., comma 2, quale provvedimento che segna il passaggio alla successiva fase di giudizio, il Tribunale del riesame ha evidenziato la corretta presa d’atto, da parte del primo decidente, della "disintegrità del contraddittorio" e la conseguente declaratoria di nullità del decreto.

Da ciò lo stralcio formale della posizione processuale del F. ed il rinvio all’udienza del 25 gennaio 2010 alla quale, in considerazione della regolarizzazione del contraddittorio con la comunicazione dell’ordinanza, assunta all’udienza del 16 dicembre 2010, anche per il difensore in origine pretermesso, si è compiutamente perfezionato il passaggio alla nuova fase processuale, prima della scadenza del termine di durata della misura cautelare relativa alla fase delle indagini preliminari (che, a fronte della esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere in data 22 febbraio 2010, sarebbe maturato solamente il 21 febbraio 2011.

In tale argomentato ed ineccepibile quadro di giustificazione non può trovare accoglimento la tesi del ricorrente secondo cui, in ragione dell’ampia formulazione della domanda di accesso al rito deflattivo, non poteva infatti "escludersi a priori che l’interessato non intendesse avvalersi di qualche integrazione istruttoria".

Sul punto va osservato che la L. 16 dicembre 1999 ha radicalmente trasformato l’istituto del giudizio abbreviato configurandolo come un vero e proprio diritto dell’imputato, con la conseguenza che, una volta fatta la relativa richiesta, il giudice deve senz’altro disporlo, peraltro, con la possibilità, ove ritenga di non poter decidere allo stato degli atti, di assumere anche d’ufficio, ex art. 441, comma 5, gli ulteriori elementi necessari ai fini della decisione.

A questo principio generale si può derogare, in virtù dell’art. 438 c.p.p., comma 5, unicamente nell’ipotesi che la richiesta dell’imputato sia condizionata ad una integrazione probatoria che non risulti necessaria ai fini della decisione è compatibile con le finalità del rito alternativo, ipotesi che tuttavia rappresenta una eccezione rispetto alla disciplina generale prevista dall’art. 438, commi 1 e 4, dettata per la richiesta incondizionata di rito abbreviato (Cass. pen. sez. 1, 11272/2000 Rv. 218577).

Orbene, nella specie, nessuna richiesta "condizionata" risulta essere stata nè in modo esplicito proposta, nè in modo implicito prospettata, e, pertanto, bene il primo giudice ha ritenuto di inquadrare la richiesta genericamente e ritualmente formulata nell’ambito dell’art. 438 cod. proc. pen., comma 1.

Il ricorso quindi va dichiarato inammissibile, avuto riguardo alla coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille). Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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