Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-07-2011) 28-07-2011, n. 30206 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.R. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 27 gennaio 2011 della Corte di appello di Bari (che ha rigettato la richiesta di revoca e/o di sostituzione della misura cautelare disposta con provvedimento 4 gennaio 2011 della stessa Corte), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

Quanto ai fatti ed alla vicenda processuale, risulta dall’ordinanza impugnata quanto segue:

a) il D. fu arrestato il (OMISSIS) dai Carabinieri di San Severo dopo che, a bordo dell’auto da lui condotta, aveva cercato di evitare il controllo di polizia, accelerando alla vista dei militari ed essendo risultato che egli era destinatario di una richiesta di estradizione da parte dello Stato di Polonia, in relazione a fatti di spaccio di banconote contraffatte;

b) interrogato ex art. 717 c.p.p. in data 21 dicembre 2010, il consegnando dichiarò di avere in Italia famiglia (con un figlio), residenza e lavoro, e chiese di espiare la pena in Italia, negando il consenso all’estradizione;

c) con nota 22 dicembre 2010 i Carabinieri (OMISSIS) attestarono invece che il D. "non risulta mai censito quale residente/domiciliato o altro in questo Comune";

d) con l’istanza de libertate, il difensore non ha documentato nè la residenza o dimora del consegnando e il luogo della stessa, nè lo svolgimento di lavoro e il luogo dello stesso, nè l’esistenza e la composizione di un nucleo familiare radicato in Italia: la Corte di appello ha pertanto ritenuto che l’applicazione di misure coercitive attenuate non poteva essere idonea a prevenire il pericolo di fuga, già constatato al momento dell’arresto;

f) con una nota, proveniente da uno studio legale polacco, è affermata l’applicabilità di un trattamento penitenziario di favore in Polonia: la corte distrettuale ha invece ritenuto che essa non sia idonea ad attestare in maniera vincolante nè l’entità del presofferto in Polonia (che si vuole pari a giorni 436) nè il carattere discrezionale o dovuto dei benefici penitenziari;

g) in ogni caso, la Corte di appello, premesso che il D., non intende essere estradato in Polonia, ha affermato l’ininfluenza della normativa del suo Paese sull’esecuzione della pena.

Su tali premesse l’ordinanza impugnata, non ricorrendo allo stato il fumus di eseguibilità della pena in Italia, mancando la richiesta del Ministro ai sensi dell’art. 730 c.p.p. e la stessa residenza in Italia ha respinto l’istanza.

2.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della violazione dell’art. 275 c.p.p., comma 2 e art. 715 cod. proc. pen. in punto di requisiti per l’applicazione provvisoria di misure cautelari su domanda dello Stato estero e a richiesta motivata del Ministro di grazia e giustizia.

In buona sostanza ed in altre parole si sostiene che, avuto riguardo al presofferto, il D., laddove estradato, dovrebbe essere immediatamente rilasciato a sensi dell’art. 78 c.p. polacco, dovendo scontare un residuo pena pari a giorni 304.

In ogni caso si lamenta la mancata immotivata esclusione di una misura più attenuata.

Con un secondo motivo si deduce carenza di motivazione con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza posto che i fatti-reato fossero stati commessi in Italia la pena sarebbe stata condizionalmente sospesa.

Con un terzo motivo si prospetta ancora carenza di motivazione in ordine all’art. 27 Cost., comma 3.

Nessuna delle tre doglianze supera la soglia dell’ammissibilità.

La questione del "presofferto", il relativo calcolo ed il conseguente scomputo dall’entità della sanzione irrogata non è tema utilmente deducibile in questa sede e davanti al giudice italiano, trattandosi di materia di esclusiva competenza dell’autorità giudiziaria richiedente.

Il secondo e terzo motivo sono palesemente Infondati. L’ipotizzata sospensione condizionale della pena, laddove fatto-reato fosse stato commesso in Italia, rimane una mera congettura difensiva priva di utilità nell’economia della presente decisione ed avuto riguardo alia funzione dell’istituto processuale della estradizione.

Il ricorso quindi va dichiarato inammissibile, considerata la coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione quale proposta nella decisione impugnata.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 00 m favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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