Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-07-2011) 28-07-2011, n. 30203

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.G., C.L., G.G., M. L., Mo.An., ricorrono, a mezzo dei loro difensori avverso la sentenza 8 luglio 2010 della Corte di appello di Napoli, che, in parziale riforma della sentenza 20 novembre 2008 del G.U.P. del Tribunale di Torre Annunziata, per la parte che qui interessa, ha determinato la pena: per G.G., ritenuta la continuazione con il reato già giudicato con sentenza della Corte di Appello di Napoli del 29.5.2009, irrevocabile il 1 novembre 2009, in anni undici mesi quattro di reclusione ed Euro 100,000,00 di multa; per C. L., ritenuta la continuazione con 2^ reato già giudicato con sentenza della Corte di Appello di Napoli del 29.5.2009, irrevocabile l’1 novembre 2009, in anni undici mesi otto di reclusione ed Euro 120.000,00 di multa; per B.G., in anni cinque mesi quattro di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa; per Mo.

A., esclusa la contestata continuazione interna, in anni sette mesi due giorni venti di reclusione ed Euro 66.666,00 di multa. Ha confermato nel resto l’impugnata sentenza e ha condannato M. L. al pagamento delle ulteriori spese processuali.

1.) l’imputazione per cui vi è stata condanna.

B.G., C.L., G.G., M. L., Mo.An. sono tutti accusati e ritenuti responsabili, sia in primo grado che in appello, di aver detenuto e posto in vendita a persone non identificate ed agendo alternativamente quali spacciatori e pali Hashish, cocaina, crack e canapa indiana. In (OMISSIS).

2.) I motivi di impugnazione di B.G. e le ragioni della decisione di questa Corte.

B.G. è stato condannato dalla Corte di appello ad anni cinque mesi quattro di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa per il delitto D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73.

Con un unico motivo di impugnazione si prospetta violazione di legge in punto di determinazione della sanzione che non sarebbe stata fissata nel rispetto delle regole dettate dall’art. 133 cod. pen..

Il motivo è inammissibile per assoluta genericità in quanto risulta formulato senza alcun ragionevole collegamento con la giustificazione in concreto proposta dai giudici di merito, i quali risultano aver fatto buon governo dei criteri di determinazione della sanzione.

3.) i motivi di impugnazione di C.L. e le ragioni della decisione di questa Corte.

C.L., è stato condannato in appello, ritenuta la continuazione con il reato già giudicato con sentenza della Corte di Appello di Napoli del 29.5.2009, irrevocabile l’1 novembre 2009, alla pena di anni undici mesi otto di reclusione ed Euro 120.000,00 di multa.

Con un primo motivo di impugnazione si prospetta violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. per omessa motivazione sul punto, non potendosi il giudice astenersi dall’argomentare in termini per effetto della rinuncia effettuata a tutti i motivi di gravame, esclusa la pena.

Con un secondo motivo si lamenta l’omessa valutazione delle circostanze prospettate dalla difesa e che avrebbero imposto il riconoscimento delle attenuanti ex art. 62 bis cod. pen..

Entrambi i motivi non superano la soglia dell’ammissibilità.

E’ noto che l’applicazione della pena su richiesta si fonda su un accordo tra l’imputato e il P.M., che integra un negozio giuridico processuale recettizio, il quale, pervenuto a conoscenza dell’altra parte e una volta che questa abbia dato il proprio consenso, diviene irrevocabile e non è suscettibile di modifica per iniziativa unilaterale dell’altra, in quanto il consenso, reciprocamente manifestato con le dichiarazioni congiunte di volontà, determina effetti non reversibili nel procedimento (v., per tutte, Sez. 6, 4120/2007).

Da ciò deriva che non è consentito nè all’imputato e neppure al P.M. rimettere in discussione i termini della pattuizione (Cass., Sez. 1, 25 gennaio 1997 n. 6898, ric. Milanese), neppure con limitato riferimento a circostanze di attenuazione della pena.

Pertanto la sentenza ex art. 444 c.p.p., comma 2 la quale esclude la ricorrenza di una delle ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità di cui all’art. 129 succitato (Cass, Pen. Sez. 3, 15 aprile 1991 n. 4271, Pulzone; Id., 11 dicembre 1992, Greco).

Evenienza quest’ultima nella specie non realizzata, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4.) i motivi di impugnazione di G.G. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Il G. – in appello – ha rinunciato a tutti i motivi ad eccezione di quelli attinenti alla determinazione della sanzione e ha lamentato l’affermata sussistenza di una pluralità di contestazioni considerato che i fatti sono stati unitariamente realizzati in un unico contesto spaziale e cronologico.

La corte distrettuale, ritenuta la continuazione con il reato già giudicato con sentenza della Corte di Appello di Napoli del 29.5.2009, irrevocabile l’1 novembre 2009, è stato condannato nella gravata sentenza alla pena di anni undici mesi quattro di reclusione ed Euro 100,000,00 di multa.

Nel ricorso il G. sostiene che i fatti giudicati nel presente processo sono gli stessi della decisione 1 novembre 2009 del G.U.P. di Torre Annunziata passata in giudicato.

Il motivo è palesemente infondato, attesa la palese non sovrapponibilità dei fatti giudicati nelle due decisioni, i quali sono caratterizzati da condotte le quali hanno connotazioni temporali e spaziali diverse.

Da ciò l’inammissibilità del gravame.

5.) i motivi di impugnazione di M.L. e le ragioni della decisione di questa Corte.

La condanna del M. in primo grado è stata integralmente confermata dalla Corte di appello con la decisione impugnata.

Con un primo motivo di impugnazione la difesa del M. deduce violazione di legge in punto di mancata pronuncia assolutoria, considerato che l’affermazione di responsabilità risulta fondata su riprese video-filmate non convalidate da attività di riscontro ed essendo la presenza dell’imputato in loco, del tutto occasionale.

Il motivo non supera la soglia dell’ammissibilità. Le critiche formulate si risolvono infatti in una prospettata diversa valutazione del compendio probatorio, non consentita in sede di legittimità, laddove ricorra, come nella specie, una struttura di giustificazione dell’affermata responsabilità, improntata a corretti parametri di valutazione della prova ed espressa con una motivazione congrua, adeguata e priva di incoerenze od illogicità inferenziali od espositive.

Con un secondo motivo si lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Il motivo non è ammissibile, attesa l’adeguata giustificazione proposta dai giudici di merito.

Il riconoscimento delle attenuanti generiche risponde infatti a una facoltà discrezionale, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato, ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Cass. pen. sez. 1, 6992/1992 Rv.

19O645.Cass. pen. sez. 1, 6992/1992 Rv. 190645).

6.) i motivi di impugnazione di Mo.An. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della identificazione fisica dell’imputato tenuto conto che le persone controllate appartenevano tutte allo stesso nucleo familiare con possibilità di confondere le fattezze del ricorrente con quelle degli altri tre fratelli.

Con un secondo motivo si lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante ex art. 114 cod. pen. che sicuramente è stata integrata dall’allarme vocale realizzato dall’urlo dell’imputato che ha appunto gridato l’espressione "le guardie" all’arrivo della Polizia giudiziaria.

Entrambi i motivi non sono ammissibili avuto riguardo alla doppia conforme pronuncia di responsabilità ed alla concreta giustificazione, offerta sui punti censurati, dai giudici di merito.

La motivazione della corte distrettuale è infatti priva dei vizi interpretativi e valutativi proposti dal ricorrente, considerati anche i limiti del sindacato di legittimità, che, come è noto, non possono consentire una reinterpretazione delle prove, al fine di dare credito ad una realtà dei fatti differente da quella che i giudici hanno nella specie ritenuto, motivandola in maniera giuridicamente corretta ed indenne da vizi logici.

I ricorsi vanno pertanto tutti dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *