T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 09-08-2011, n. 1567 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in epigrafe – notificato a mezzo posta in data 910/9/2008 e depositato in data 24/9/2008 – il ricorrente espone:

– che con provvedimento prot. n. 41477 del 29/12/1995 è stato avviato al lavoro dall’UPLMO di Palermo, quale operatore ecologico presso l’AMIA;

– che in data 16/5/1996 l’UPLMO ha revocato il provvedimento di avviamento al lavoro assumendo che il ricorrente fosse stato radiato dalla graduatoria ex l. 58/57;

– di aver proposto ricorso al T.a.r. Palermo (r.g. n. 4007/1996) avverso il provvedimento di revoca;

– che con sentenza, sez. I, 23/9/2002, n. 2512, è stato annullato il provvedimento di revoca;

– che nonostante la notifica di regolare atto di diffida, l’AMIA non ha mai provveduto all’assunzione del ricorrente.

Al fine di ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito il ricorrente invoca l’applicazione dell’art. 35 d.lgs. n. 80/1998, come sostituito dall’art. 7 l. n. 205/2000, affermando che a causa dell’illegittimo provvedimento posto in essere dall’Assessorato in data 16/5/1996, egli ha perso il posto di lavoro presso il quale era stato avviato e non è riuscito più ad inserirsi nel mondo del lavoro.

Afferma che il danno patrimoniale consiste nelle retribuzioni non percepite, negli oneri previdenziali non corrisposti e nell’impossibilità di godere di una pensione e che quello non patrimoniale consiste, invece, nella lesione dei diritti costituzionalmente garantiti di avere un lavoro ed accudire la propria famiglia.

In totale il danno viene quantificato in Euro 1.000.000,00, salva la diversa determinazione che il Tribunale riterrà di effettuare.

Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione regionale si è costituita in giudizio, con memoria di mera forma, per resistere al ricorso.

In data 25/5/2011 l’Avvocatura erariale ha depositato in giudizio una memoria difensiva nella quale ha preliminarmente eccepito la prescrizione del diritto azionato, in subordine ha chiesto dichiararsi l’infondatezza della domanda risarcitoria.

All’udienza pubblica del giorno 1/7/2011, uditi i difensori delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Deve essere pregiudizialmente esaminata l’eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata dalla difesa erariale nella memoria depositata in vista della discussione del ricorso nel merito ai sensi dell’art. 73 c.p.a.

Detta eccezione è fondata.

Invero, recita l’art. 2947, c. 1, c.c.: "Il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.".

La norma è applicabile alla presente controversia.

Invero, per come già ritenuto dalla Sezione, con la recente sentenza 13 luglio 2011, n. 1363, nelle fattispecie risarcitorie derivanti da attività asseritamente illegittima della p.a., il fatto lesivo va ricondotto al provvedimento che si assume lesivo.

Nel caso di specie il fatto generatore del danno, secondo la prospettazione resa dallo stesso ricorrente, è dato dal provvedimento con il quale l’UPLMO, in data 16/6/1996, ha revocato il precedente avviamento al lavoro.

Segue da ciò che essendo il ricorso stato proposto con atto notificato in data 910/9/2008 è ampiamente decorso il termine di prescrizione indicato.

Né a diversa conclusione può condurre il disposto di cui all’art. 2935 c.c. (a norma del quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere).

Infatti, ad avviso del Collegio del tutto irrilevante è la circostanza che il ricorrente abbia ritenuto di attendere, per la proposizione del ricorso, il decorso di quasi cinque anni dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che ha annullato il provvedimento di revoca dell’avvio al lavoro, in quanto la previa declaratoria dell’illegittimità del provvedimento impugnato, secondo il più recente insegnamento del Consiglio di Stato (v. sentenza dell’Adunanza Plenaria 23 marzo 2011, n. 3) non costituisce condizione di ammissibilità della domanda risarcitoria, ma solo un elemento alla cui stregua va valutata la fondatezza o meno della domanda stessa (sul tema, v. anche C.g.a. 16 settembre 1998, n. 762 e 30 marzo 2011, n. 291).

Segue dalle considerazioni che precedono che il ricorso va rigettato.

Tenuto conto della natura della controversia e della circostanza che la questione di cui trattasi è stata comunque dibattuta in giurisprudenza, ritiene il Collegio che sussistano le eccezionali ragioni di cui all’art. 92, c. 2, c.p.c., per disporre la compensazione tra le parti delle spese e degli onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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