Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-12-2011, n. 27563 Azienda Contratto di locazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 14 giugno 2006 il Tribunale di Latina accoglieva la domanda di Z.F. proposta nei confronti della M.& M. s.n.c. di Maresta Sandro e Stefano e dichiarava risolto a far data dal 14 ottobre 2004 in contratto di affitto di azienda di bar con vendita di alcool e superalcolici stipulato il 4 marzo 2002, per inadempimento della suindicata società affittuaria, che condannava all’immediato rilascio della medesima nonchè alle spese di lite.

Su gravame della società, la Corte di appello di Roma il 16 luglio 2008 confermava l’impugnata sentenza e condannava alle spese del grado.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la M.& M., affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso lo Z..

La società ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo (vizio ex art. 395 – erroneamente indicato, ma ex art. 360 c.p.c., n. 5 – illogicità della motivazione) la società ricorrente si duole che il giudice dell’appello abbia seguito pedissequamente l’asserito illogico ragionamento del giudice di primo grado.

In sostanza, dal fatto noto costituito dal pacifico acquisto di caffè dalla società Ocres s.r.l. se ne deduceva, con un sillogismo apparente, un fatto ignoto, costituito dalla supposta conoscenza da parte della M.& M. del rapporto di somministrazione e distingue tra rapporto di fornitura e contratto di fornitura, assumendo che era a conoscenza del rapporto, ma non del contratto di fornitura che, a suo avviso, prevedeva nella specie una durata minima, una esclusiva ed un minimo garantito di acquisti.

La censura manca del necessario momento di sintesi, limitandosi a contestare solo l’accertamento del giudice del merito, non già l’iter logico-giuridico seguito dal giudice dell’appello nella sua motivazione, la quale si fonda sulla stessa ammissione della M.& M. fin dall’atto di costituzione nel giudizio di primo grado, ovvero che la Ocres forniva il caffè all’esercizio commerciale concesso in affitto dallo Z. e avere continuato essa appellante a rifornirsi dalla Ocres per oltre due anni.

La censura è, quindi, inammissibile.

2. – Con il secondo motivo (vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3; erronea applicazione dell’art. 2558 c.c.) la società ricorrente, in estrema sintesi, lamenta che una corretta applicazione dell’art. 2558 c.c. e dell’art. 2704 c.c., avrebbe portato alla declaratoria di assenza di prova della sussistenza del contratto in esame prima della sottoscrizione di quello di affitto e non si sarebbe potuto dichiarare alcun inadempimento in capo alla società Maresta poichè non si era raggiunta la prova sulla durata del patto di esclusiva.

Ed inoltre, la violazione dell’art. 2558 c.c., riguarderebbe anche la natura del contratto, che qualora si ritenesse opponibile, sarebbe comunque di carattere personale e, quindi, non rientrante tra quelli a subentro automatico.

Osserva il Collegio che la prima parte della censura resta assorbita da quanto già posto in rilievo circa la prima doglianza.

La seconda parte risulta smentita dalla giurisprudenza di questa Corte, nella quale si sottolinea che nel caso previsto dall’art. 2558 c.c., si verifica l’automatico subentro del cessionario in tutti i rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive che non abbiano carattere personale, ovvero solo ai contratti di azienda e tali sono quelli aventi ad oggetto il godimento di beni aziendali non appartenenti all’imprenditore cedente e da lui acquisiti per lo svolgimento della attività imprenditoriali e ai cosiddetti "contratti di impresa", non aventi ad oggetto diretto beni aziendali, ma attinenti all’organizzazione dell’impresa stessa, come, nella specie, i contratti di somministrazione con i fornitori (Cass. n. 7517/10).

Pertanto, la censura va disattesa e il ricorso, conclusivamente, respinto con conseguente condanna alle spese, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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