Cons. Stato Sez. III, Sent., 10-08-2011, n. 4755

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il signor A. L. J. J., cittadino peruviano, ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, il decreto del Questore di Genova, con il quale, in data 13 aprile 2005, è stata respinta l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno da lui presentata, per aver il ricorrente riportato, con sentenza della Corte d’appello di Milano in data 26 gennaio 1996, una condanna alla pena di anni 3, mesi 6 di reclusione e lire 1.200.000 di multa per rapina, furto aggravato e detenzione illegale di armi e per essere stato oggetto negli anni successivi di altri procedimenti penali.

2. Il T.A.R. di Genova, con sentenza n.661/2006, ha respinto il ricorso in questione, rilevando che, dopo la entrata in vigore delle disposizioni del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel testo modificato dalla legge n.189/2002, la condanna per un reato di rapina risulta tra le cause ostative all’ingresso ed al soggiorno nel territorio dello Stato; che tale previsione si applica indifferentemente a tutte le condanne in qualunque tempo intervenute senza ciò importi violazione del principio di irretroattività della legge.

3. Avverso detta decisione il signor A. L. J. J. ha proposto atto di appello, censurando le conclusioni del T.A.R. sotto diversi profili. Viene rilevato che il provvedimento impugnato e la stessa sentenza del T.A.R. hanno ignorato una precedente sentenza dello stesso T.A.R., con la quale veniva accolto un ricorso dell’odierno appellante per l’annullamento di un decreto di rigetto dell’istanza di regolarizzazione ai sensi del D.P.C.M. 16 ottobre 1998, cosiddetta "sanatoria"; che tale sentenza riconosceva che l’appellante aveva i requisiti previsti dalla normativa allora vigente e che dunque aveva diritto ad ottenere il permesso di soggiorno e che non aveva senso la valutazione postuma di una causa ostativa introdotta da una legge successiva n.189/2002; che la sentenza del T.A.R. favorevole all’odierno appellante, intervenuta nel 2004, dopo la entrata in vigore della legge richiamata legge n. 189 nel 2002, non aveva preso in considerazione la condanna, così implicitamente affermando la inapplicabilità della normativa sopravvenuta a chi avrebbe dovuto essere già regolarizzato ai sensi della precedente sanatoria.

4. L’istanza cautelare presentata dall’appellante è stata respinta dalla VI sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 5963/2007 motivata dalla ritenuta retroattività della normativa introdotta dalla legge n.189/2002 ai limitati fini amministrativi in questione.

5. La causa è passata in decisione all’udienza del 20 maggio 2005.

6. Il Collegio condivide quanto posto in rilievo dal T.A.R.; e cioè che l’art. 4, comma 3, del D.lgs. n. 286/1998 – nel testo modificato dall’art. 4 della legge n. 189/2002 – individua specifiche ipotesi preclusive dell’ingresso e della permanenza dello straniero in Italia; che fra le condizioni preclusive rientrano le condanne penali indicate all’art. 380 c.p.p., tra le quali è ricompreso il reato di rapina; che tale disposizione si applica anche nel caso di condanne precedenti alla sua entrata in vigore senza che ciò "importi violazione del principio di irretroattività della legge"; che l’appellante è stato riconosciuto colpevole tra gli altri del reato di rapina con sentenza della Corte di appello di Milano in data 26 gennaio 1996, ostativo all’ingresso e al soggiorno nel territorio dello Stato.

7. Occorre tuttavia tener conto della complessa vicenda esposta dall’appellante con riferimento alla sua prolungata permanenza in Italia e alla vicenda amministrativa e giurisprudenziale che lo ha visto protagonista, anche in relazione alla parallela evoluzione legislativa della materia.

Si è già accennato al fatto che il testo originario del D.lgs. n. 286/1998 è stato modificato dalla legge n. 189/2002, la quale ha reso più severe le condizioni per l’ingresso e la permanenza degli extracomunitari nel territorio dello Stato, solo dopo che era stata illegittimamente negata all’attuale appellante la regolarizzazione a norma del D.P.C.M. 11 ottobre 1998 secondo la sentenza del medesimo T.A.R. della Liguria n. 1333/2004, che ha annullato il provvedimento di diniego emesso dal Questore sul presupposto di un precedente ordine di espulsione del Questore di Messina del 1997. La sentenza viene emessa dopo un nuovo rigetto, in data 1 dicembre 2003, di una istanza di riesame presentata a seguito di ordinanza cautelare favorevole al ricorrente, rigetto questa volta motivato in base alla medesima condanna assunta come principale motivazione del provvedimento impugnato nel presente giudizio, nel frattempo accertata, che, tuttavia, non veniva presa in considerazione dal T.A.R. nella successiva sentenza favorevole all’odierno appellante.

8. Ciò premesso, si osserva che l’attuale appellante si trovava in Italia da oltre un decennio rispetto al momento in cui è stato adottato il provvedimento impugnato in primo grado; che ha avuto due figli e quindi stabilito significativi legami familiari; che ha ottenuto nel 2004 la ricordata sentenza favorevole del T.A.R. che ha annullato il diniego dell’istanza di regolarizzazione ai sensi del D.P.C.M. 16/10/1998; che la sua successiva istanza di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato veniva respinta in quanto veniva nel frattempo stata accertata a suo carico la condanna per rapina risalente al 1996 e per l’esistenza a suo carico di due procedimenti penali in corso rispettivamente per lesioni e per detenzione di stupefacenti; che il primo procedimento penale si è successivamente estinto per remissione della querela e che per il secondo procedimento penale è stato assolto per non aver commesso il fatto.

9. Le considerazioni sin qui svolte sembrano sufficienti a condurre all’annullamento del provvedimento per difetto di motivazione rispetto alle complesse vicende legislative amministrative e giurisprudenziali che lo hanno preceduto e alla complessiva situazione dell’odierno appellante, con salvezza degli ulteriori provvedimenti che saranno assunti. Ciò non significa, infatti, che la condanna penale de qua sia divenuta irrilevante. Significa invece che essa non è più sufficiente, da sola, a giustificare il diniego del permesso di soggiorno; che, non di meno, l’autorità amministrativa conserva il potere dovere di riesaminare il caso per emettere un nuovo provvedimento con motivazione più congrua. Nella futura fase di riesame, l’Amministrazione terrà conto:

– della ulteriore evoluzione legislativa e segnatamente del decreto legislativo n. 5/2007, che ha aggiunto all’art. 5, comma 5, del D.lgs. n. 286/98, in tema di rinnovo del permesso di soggiorno, disposizioni a tutela del ricongiungimento familiare e della condizione dello straniero già presente nel territorio nazionale, in relazione alla durata del suo soggiorno, nei limiti in cui in cui risultino applicabili al caso in esame;

– dei fatti ulteriormente sopravvenuti come, ad esempio, dei seguiti favorevoli all’appellante dei due procedimenti penali in corso al momento dell’adozione del provvedimento oggetto del presente giudizio.

10. Nei limiti della motivazione, l’appello deve essere accolto.

Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso presentato in primo grado, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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