Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-06-2011) 28-07-2011, n. 30060

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bari ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di S.C. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95 a lui ascritto per avere presentato istanza di ammissione al gratuito patrocinio dinanzi al Tribunale di Trani, dichiarando di essere privo di reddito e che nessuno dei componenti il suo nucleo familiare possedeva redditi o beni immobili, mentre i conviventi S.S., Sa.

A. e D.V.A. erano rispettivamente titolari di pensione mensile di Euro 223,90, di reddito da lavoro dipendente e di quota di beni immobili, nonchè di autoveicoli.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva sostenuto che le dichiarazioni mendaci dei suoi familiari in ordine ai redditi posseduti dagli stessi non erano a lui riferibili e chiesto, in subordine, la riduzione della pena inflitta previo giudizio di prevalenza e non di equivalenza delle attenuanti genetiche con la recidiva.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 95, 76 e 79 dell’art. 192 c.p.p., nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

In sintesi, si reitera la censura già formulata dinanzi alla Corte territoriale per essere stata affermata la colpevolezza dell’imputato per le false dichiarazioni rese da altri soggetti, in violazione del principio della natura personale della responsabilità penale, nonchè sulla base di indizi generici in ordine alla consapevolezza da parte del S. della situazione reddituale dei propri familiari. Si deduce inoltre violazione di legge per essersi tenuto conto, nella valutazione della falsità delle dichiarazioni, anche del possesso di beni immobili o mobili registrati che non sono previsti tra i requisiti indicati nell’art. 79, comma 1, lett. b), c) e d).

Con il secondo mezzo di annullamento, denunciando carenza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza, viene censurato il mancato accoglimento della richiesta di un giudizio di comparazione più favorevole delle circostanze, considerata l’assenza di precedenti specifici da parte dell’imputato e l’assoluta modestia della violazione.

Il ricorso è manifestamente infondato.

E’ evidente che, ai sensi del combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 1, lett. c), e art. 76, comma 2, è imposto all’istante per il gratuito patrocinio un dovere di informazione ed accertamento nei confronti dei familiari conviventi prima di effettuare la dichiarazione sostitutiva prevista dalla prima delle disposizioni citate.

Sicchè incombe sul richiedente l’ammissione al gratuito patrocinio dimostrare che la falsa attestazione contenuta nella predetta dichiarazione è frutto di false indicazioni da parte dei suoi familiari conviventi e della impossibilità di accertare la loro effettiva situazione reddituale. Quanto agli immobili gli stessi sono per natura produttori di reddito, in base alla rendita catastale ad essi corrispondente, mentre gli autoveicoli sono stati evidentemente citati quale elemento indicatore dello stato di possidenza da parte delle persone conviventi con l’imputato. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto si esaurisce in una censura di fatto avverso la diversa valutazione espressa dai giudici di merito sul giudizio di comparazione delle circostanze, che ha formato oggetto di adeguata motivazione, immune da vizi logici.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c. con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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