Cons. Stato Sez. IV, Sent., 10-08-2011, n. 4766 Appello al Consiglio di Stato avverso le sentenze del T.A.R Appello incidentale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 10 agosto 2009 n. 8010, con la quale il TAR Lazio, sez. Ibis, in accoglimento del ricorso proposto dal ten. Col. V. G., ha annullato gli atti con il medesimo ricorso impugnati, e, tra gli altri, la graduatoria di merito relativa ai Tenenti Colonnelli del Ruolo Normale in spe per l’avanzamento al grado di colonnello dell’Arma dei Carabinieri – anno 2004 (in parte qua), nonché il provvedimento del Ministero della Difesa (comunicato con nota 28 aprile 2004), recante la non iscrizione del ten. Col. V. nel quadro di avanzamento al grado di colonnello.

La sentenza appellata ha riscontrato l’illegittimità della composizione della Commissione speciale di avanzamento "la cui patologia rende viziati, per illegittimità derivata, tutti gli atti impugnati dal V.".

Richiamati l’art. 22, comma 1, lett. d) del d. lgs. 5 ottobre 2000 n. 297 e l’art. 13, co. 2, d. lgs. 5 ottobre 2000 n. 298, quali norme disciplinanti la composizione ed il procedimento di nomina della Commissione superiore di avanzamento dell’Arma dei Carabinieri, la sentenza – deducendo, ex art. 116 c.p.c., argomenti di prova dal comportamento del Ministero della Difesa, che non avrebbe completamente ottemperato ad una ordinanza istruttoria – ha ritenuto:

– per un verso, che la detta Commissione "risultava costituita in data 12 novembre 2003 in una compagine soggettivamente diversa rispetto a quella deliberante", avendo il gen. Mencagli conseguito il prescritto grado di generale di corpo d’armata nel gennaio 2004 ed il gen. Siazzu in data 23 marzo 2004;

– per altro verso, che non sono stati forniti elementi utili a ritenere che "la Commissione superiore di avanzamento nominata nel novembre 2003 sia stata successivamente integrata e/o modificata con l’ingresso dei due nuovi componenti nominati, nel frattempo, nel grado di generale di corpo d’armata dell’Arma dei Carabinieri";

– per altro verso ancora, che non sono stati forniti elementi volti a far ritenere esservi stata l’indicazione dei due ufficiali sopra citati da parte del Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri al Capo di Stato Maggiore, né la proposta di quest’ultimo al Ministro della Difesa; né, infine, il decreto di nomina "dei detti alti ufficiali quali componenti della Commissione superiore di avanzamento" da parte del Ministro della Difesa.

Avverso tale decisione – precisato di avere assolto agli incombenti istruttori con relazione del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri 5 dicembre 2006 – il Ministero della Difesa propone i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando, in quanto, ai sensi dell’art. 13 d. lgs. n. 298/2000, la Commissione superiore di avanzamento "è un organo permanente, in quanto i suoi membri sono esplicitamente designati ex lege e, pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza di I grado, non è necessaria l’emanazione di un decreto di nomina da parte del Ministro della Difesa". Di conseguenza. non risultavano necessarie l’indicazione del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e la proposta del Capo di Stato Maggiore al Ministro;

b) error in iudicando, in quanto "fondamentale è che i membri della Commissione che hanno partecipato allo scrutinio di avanzamento in questione rivestissero il grado richiesto dalla legge al momento dello svolgimento dei lavori e non anche necessariamente a quello della convocazione, da intendersi quest’ultima come mero atto preparatorio. Ed è indubbio che, al momento dei lavori, i generali Mencagli e Siazzu avessero già acquisito il grado di Generale di Corpo d’Armata.

Si è costituito in giudizio, con memoria "per la fase cautelare", datata 5 gennaio 2010, il ten. Col V., il quale, con successiva memoria depositata il 16 aprile 2011, ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza, ed ha riproposto, chiedendone l’accoglimento, i "motivi di ricorso di I grado dichiarati assorbiti e sopra riproposti".

Con ordinanza 9 gennaio 2010 n. 8, questo Consiglio di Stato, sez. IV, ha accolto l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza di I grado.

All’ udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto.

L’art. 22, co. 1, lett. d), d. lgs. n. 297/2000 (ora abrogato dal d. lgs. n. 66/2010), prevede che, tra le attribuzioni del Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, vi è quella di indicare "al Capo di Stato Maggiore della Difesa gli ufficiali generali da proporre al Ministro della difesa quali componenti delle commissioni di vertice e superiore d’avanzamento".

L’art. 13 d. lgs. n. 298/2000 (anch’esso abrogato dal d. lgs. n. 66/2010), prevede, tra l’altro:

(comma 2): "La commissione superiore di avanzamento dell’Arma dei carabinieri è composta:

a) dal comandante generale dell’Arma dei carabinieri;

b) dai generali di corpo d’armata dell’Arma dei carabinieri;

c) dall’ufficiale generale più elevato in grado o più anziano del ruolo tecnico logistico quando la valutazione riguardi gli ufficiali di detto ruolo."

(comma 3): "Assume la presidenza della commissione superiore di avanzamento il comandante generale dell’Arma dei carabinieri o, in caso di assenza o di impedimento, il generale di corpo d’armata più anziano di grado e, a parità di anzianità di grado, più anziano di età tra i presenti.".

In definitiva, il legislatore delegato ha inteso disciplinare puntualmente ed esaustivamente, per quel che interessa nella presente sede, la composizione della Commissione superiore di avanzamento, individuandone i componenti in virtù della carica ricoperta o del grado posseduto, non lasciando alcun margine di scelta all’amministrazione della Difesa.

Alla luce di ciò, appare del tutto condivisibile quanto prospettato con il primo motivo di ricorso dall’appellante Ministero, laddove afferma che la Commissione superiore di avanzamento "è un organo permanente, in quanto i suoi membri sono esplicitamente designati ex lege e, pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza di I grado, non è necessaria l’emanazione di un decreto di nomina da parte del Ministro della Difesa".

Ed infatti, il legislatore delegato, con l’art. 13 d. lgs. n. 298/2000, ha preferito affidare alla norma primaria la composizione della Commissione superiore di avanzamento, costituendo in tal modo un organo collegiale i cui componenti sono individuati, di volta in volta ed automaticamente, in virtù della carica ricoperta o del grado posseduto. Di conseguenza, poiché è la norma primaria ad individuare la composizione della Commissione superiore di avanzamento (nonché la presidenza della medesima, anche nel caso di assenza o impedimento del Presidente titolare), lo status di componente della Commissione consegue, ratione officii, alla titolarità della carica di Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri o del grado di generale di corpo d’armata dell’Arma dei Carabinieri, ovvero di ufficiale generale più alto in grado o più anziano del ruolo tecnico logistico di detta Arma.

In tale contesto, se un decreto ministeriale di individuazione dei componenti della Commissione può essere ipotizzato, al fine di una maggiore chiarezza ed immediata conoscibilità dei componenti dell’organo, nondimeno a tale atto non può che essere riconosciuto un valore meramente dichiarativo, in quanto l’effetto costitutivo (dello status di componente della Commissione superiore di avanzamento) deriva direttamente dalla norma primaria, in presenza dei presupposti di legge.

Da quanto esposto consegue che non è illegittima la convocazione (e la successiva attività) della Commissione superiore di avanzamento, laddove difetti il decreto del Ministro della Difesa, attesa la mancanza di ogni valore costitutivo da attribuirsi a tale decreto; ed a maggior ragione, non può costituire vizio del procedimento, riverberantesi sul provvedimento finale, la mancanza della indicazione del Comandante generale dell’Arma al Capo di Stato maggiore della Difesa, e della proposta di quest’ultimo al Ministro.

Stante la composizione dell’organo direttamente prevista dalla legge, ciò che rileva, come condivisibilmente affermato dall’appellante, è che "i membri della Commissione che hanno partecipato allo scrutinio di avanzamento in questione rivestissero il grado richiesto dalla legge al momento dello svolgimento dei lavori".

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, in relazione ai motivi di ricorso proposti (sub a) e b) dell’esposizione in fatto).

3. Il Collegio deve dichiarare l’irricevibilità per tardività della memoria, nella parte in cui con la stessa il V. ha riproposto i motivi, di cui al ricorso introduttivo del giudizio di I grado, non esaminati dal I giudice.

Il Collegio ritiene che tali motivi possono essere riproposti con semplice memoria, non essendo indispensabile la formale proposizione dell’appello incidentale, e nondimeno, pur consapevole della esistenza di giurisprudenza di diverso avviso, ritiene che la memoria con la quale i medesimi sono riproposti deve essere depositata "nel termine di trenta giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso", come previsto, a pena di decadenza, dall’art. 37 R.D. n. 1054/1924.

Tale articolo, vigente al momento della notifica dell’appello, prevede:

"Nel termine di 30 giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso, l’autorità e le parti, alle quali il ricorso fosse stato notificato, possono presentare memorie, fare istanze, produrre documenti, e anche un ricorso incidentale, con le stesse forme prescritte per il ricorso.

La notificazione del ricorso incidentale sarà fatta nei modi prescritti per il ricorso principale, presso il domicilio eletto, all’avvocato che ha firmato il ricorso stesso.

L’originale del ricorso incidentale, con la prova delle eseguite notificazioni e coi documenti, deve essere depositato in segreteria nel termine di giorni 10.

Se colui che vuole produrre il ricorso incidentale risiede all’estero, il termine per la notificazione è aumentato nella misura indicata al capoverso secondo dell’art. 36.

I termini e i modi prescritti nel presente articolo per la notificazione e il deposito del ricorso incidentale debbono osservarsi a pena di decadenza.

Il ricorso incidentale non è efficace, se venga prodotto dopo che siasi rinunziato al ricorso principale, o se questo venga dichiarato inammissibile, per essere stato proposto fuori termine."

Quanto all’appello incidentale, la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2010 n. 808; sez. V, 29 marzo 2010 n. 1785) ha già avuto modo di precisare che, sotto la comune denominazione di "appello incidentale" convivono nel processo amministrativo due rimedi profondamente diversi per natura, finalità e regime giuridico:

– l’appello incidentale c.d. "proprio", contemplato dall’art. 37, t.u. n. 1054 del 1924, che è un mezzo di impugnazione subordinato rispetto alla proposizione del ricorso principale e ha lo scopo principale di paralizzare l’azione "ex adverso" proposta, secondo la logica della c.d. "controimpugnazione" (ex art. 334 c.p.c.); in questo caso, l’interesse ad impugnare trova giustificazione nella proposizione del gravame principale e risponde all’esigenza dell’appellato di conservare le utilità acquisite per effetto della sentenza di primo grado; ed è per tali ragioni che l’appello incidentale "proprio" è di norma indirizzato nei confronti degli stessi capi di decisione investiti dall’appello principale (ovviamente, per motivi diversi da quelli dedotti dalla controparte) o da capi logicamente avvinti a questi ultimi da un nesso di dipendenza necessaria. In questo caso, i termini di proposizione e di deposito sono quelli previsti, a pena di decadenza, dall’art. 37 R.D. n. 1054/1924 (Cons. giust. amm. Sic., 23 settembre 2008 n. 782);

– l’appello incidentale c.d. "improprio", che è caratterizzato dal non essere diretto contro il medesimo capo della sentenza aggredito con l’appello principale, configurandosi come un autonomo gravame la cui natura incidentale discende unicamente dall’esser stato proposto dopo un precedente appello (principale); l’incidentalità in questo caso è dunque l’effetto del principio di concentrazione delle impugnazioni sancito dall’art. 333 c.p.c., secondo la logica del "simultaneus processus" con la conseguenza che sussiste l’onere, per la parte proponente, di rispettare i medesimi termini di impugnazione previsti per quello principale (Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2009 n. 2588). Ciò significa che il termine per esperire il rimedio non è quello di cui al primo comma dell’art. 37, r.d. 1054 del 1924 (trenta giorni successivi al termine per il deposito dell’appello), bensì quello previsto in via generale per la proposizione dell’appello principale ai sensi del secondo comma dell’art. 28, l. n. 1034/1971 (Cons. Stato, sez. VI, 12 novembre 2008 n. 5649).

Tuttavia la giurisprudenza, ha ritenuto non necessaria la proposizione di appello incidentale (proprio), laddove si tratti, per la parte vittoriosa in I grado, di riproporre motivi del ricorso dichiarati assorbiti in quella sede o comunque non esaminati dal I giudice.

Si è ritenuto, infatti, che "ai sensi dell’art. 346, c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo, sia i motivi assorbiti che quelli non esaminati possono essere riproposti con qualsiasi atto difensivo non notificato, giacché il non esame di uno o più motivi di ricorso costituisce una forma indiretta di assorbimento."(Consiglio Stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2832).

Allo stesso tempo, si è anche precisato che "l’onere di riproposizione dei motivi rimasti assorbiti dalla decisione di primo grado appellata esige, per il suo rituale assolvimento, che la parte appellata indichi specificamente le censure che intende siano devolute alla cognizione del giudice di secondo grado, all’evidente fine di consentire a quest’ultimo una compiuta conoscenza delle relative questioni ed alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse, con la conseguenza che un indeterminato rinvio agli atti di primo grado, senza alcuna ulteriore precisazione del loro contenuto, si rivela inidoneo ad introdurre nel thema decidendum del giudizio d’appello i motivi in tal modo dedotti, salva la possibilità che la riproposizione stessa avvenga mediante semplice memoria difensiva non soggetta, quindi, alle forme e ai termini dell’appello incidentale." (Consiglio Stato, sez. V, 24 gennaio 2007, n. 250).

In conclusione, quindi, si è affermato che "il ricorso in appello incidentale costituisce mezzo doveroso e necessario, laddove si voglia censurare una espressa statuizione sfavorevole contenuta nella sentenza di primo grado…

Ove invece ci si risolva (unicamente) a censurare la decisione di prime cure riproponendo in sede di appello doglianze dichiarate assorbite e non esaminate, l’impugnante può limitarsi a presentare una semplice memoria (Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 2008 n. 4699).

Quanto al termine di deposito delle memorie nel giudizio d’appello, si è ritenuto che "non si può tener conto delle memorie o della documentazione depositata dalla parte dopo la scadenza del termine di dieci giorni, previsto per tali adempimenti dapprima dall’ordinanza generale del Presidente del Consiglio di Stato n. 38 del 1954 (che ha integrato l’art. 37, t.u. Cons. St.) e oggidì dall’art. 23, l. Tar, applicabile anche al giudizio d’appello, essendo espressione del generale principio di rispetto del contraddittorio, a sua volta riconducibile al principio dell’equo processo di cui all’art. 6, conv. europea dei diritti dell’uomo, resa esecutiva con l. 4 agosto 1955 n. 848." (Consiglio Stato, sez. VI, 19 gennaio 2010 n. 159; sez. VI, 30 settembre 2008 n. 4699; sez. V, 24 gennaio 2007 n. 250 e 2 ottobre 2006 n. 5733).

Tale giurisprudenza, dunque, ritiene possibile la riproposizione dei motivi assorbiti o non esaminati, fino a dieci giorni antecedenti quello dell’udienza pubblica, ex art. 23, comma quarto, l. n. 1034/1971.

4. Occorre, per completezza, rilevare che anche la giurisprudenza del giudice ordinario, in tema di modalità e termini di riproposizione delle domande non esaminate, ex art. 346 c.p.c., non è univoca.

Si è, infatti, costantemente affermato che l’appellante ha l’onere di manifestare in maniera esplicita e precisa la propria volontà di riproporre domande od eccezioni respinte, anche implicitamente, dalla sentenza impugnata, di modo che il mero richiamo generico contenuto in memoria alle conclusioni assunte in primo grado non può essere ritenuto sufficiente a manifestare la volontà di sottoporre al giudice dell’appello una domanda o eccezione non accolta dal primo giudice, al fine di evitare che essa si intenda rinunciata (Cass. Civ., sez. III, 22 febbraio 2011 n. 4257; Cass., sez. lav., 25 novembre 2010 n. 23925).

Quanto alle modalità e termini di riproposizione

– per un verso si è ritenuto che domande ed eccezioni devono essere espressamente riproposte con l’appello o con la comparsa di costituzione. Si è quindi affermato che l’art. 346 c.p.c. prevede per l’appellato l’obbligo di costituirsi mediante deposito di memoria contenente l’esposizione dettagliata di tutte le sue difese.(Cass., sez. lav., 25 novembre 2010 n. 23925; 23 giugno 2009 n. 14673); si è altresì affermata l’inammissibilità dell’eccezione formulata in primo grado, ma riproposta dalla parte vittoriosa non già nella comparsa di costituzione in appello, ma esclusivamente nella memoria di replica alla comparsa conclusionale avversaria in detto giudizio (Cass. Civ., sez. II, 10 marzo 2011 n. 5735);

– per altro verso, si è, in modo meno stringente, affermato che la parte rimasta totalmente vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale, per chiedere il riesame delle domande e delle eccezioni respinte, ritenute assorbite o comunque non esaminate con la sentenza impugnata dalla parte soccombente, essendo sufficiente la riproposizione di tali domande o eccezioni in una delle difese del giudizio di secondo grado (Cass. Civ., sez. III, 25 novembre 2008 n. 28061), in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse (Cass. Civ., sez. II, 11 maggio 2009 n. 10796).

5. Le distinte tipologie di appello incidentale sono oggi contemplate dall’art. 96 Cpa, disciplinante le "impugnazioni avverso la medesima sentenza", secondo il quale:

"1. Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo.

2. Possono essere proposte impugnazioni incidentali, ai sensi degli articoli 333 e 334 del codice di procedura civile.

3. L’impugnazione incidentale di cui all’articolo 333 del codice di procedura civile può essere rivolta contro qualsiasi capo di sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione.

4. Con l’impugnazione incidentale proposta ai sensi dell’articolo 334 del codice di procedura civile possono essere impugnati anche capi autonomi della sentenza; tuttavia, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia.

5. L’impugnazione incidentale di cui all’articolo 334 del codice di procedura civile deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla data in cui si è perfezionata nei suoi confronti la notificazione dell’impugnazione principale e depositata, unitamente alla prova dell’avvenuta notificazione, entro dieci giorni.

6. In caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non determina l’improcedibilità delle altre."

A sua volta, l’art. 101, co. 2, Cpa (in evidente assonanza con l’art. 346 c.p.c.), prevede che "si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di I grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio".

Occorre altresì precisare che l’art. 2 delle norme transitorie al Cpa (all. 3), prevede che "la disposizione di cui all’art. 101, co. 2, del codice non si applica agli appelli depositati prima dell’entrata in vigore del codice medesimo".

In definitiva, il nuovo Codice distingue, per quel che interessa nella presente sede, oltre che tra appello incidentale improprio (art. 96, co. 3) ed appello incidentale proprio (art. 96, co. 4), anche (nell’ambito dell’appello incidentale proprio) tra

– appello incidentale proprio (art. 96, co. 4), per il quale il termine è di 60 giorni decorrente dalla data di notificazione dell’appello principale ed il deposito deve avvenire entro 10 giorni dalla sua notificazione

– riproposizione delle domande assorbite o non esaminate in I grado, che deve avvenire con memoria (come tale non notificata) e che deve essere depositata entro il termine per la costituzione in giudizio (ex artt. 38 e 46 Cpa), e quindi entro 60 giorni "dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso" (salvo che per gli appelli depositati prima della sua entrata in vigore").

6. Il Collegio ritiene che, anche prima dell’entrata in vigore del Cpa, la riproposizione dei motivi assorbiti o non esaminati dal giudice di primo grado, pur effettuata con memoria e non nelle forme tipiche dell’appello incidentale, deve intervenire entro il termine decadenziale di cui all’art. 37 R.D. n. 1054/1924, dovendosi altrimenti dichiararla inammissibile per tardività.

Ciò in quanto l’unica norma espressamente prevista, per il caso in esame, nel processo amministrativo è l’art. 37 R.D. n. 1054/1924, e tale articolo (applicabile al giudizio di appello ex art. 29 l. n. 1024/1971) espressamente prevede lo strumento del ricorso incidentale (non già la riproposizione dei motivi assorbiti o non esaminati mediante memoria), il termine per la sua notifica e quello per il suo deposito.

E’ solo in applicazione estensiva dell’art. 346 c.p.c. che, nel processo amministrativo, si afferma il principio della riproponibilità dei motivi assorbiti o non esaminati mediante memoria, così semplificando gli oneri dell’appellante incidentale (proprio), esentandolo dalla necessità di notificazione dell’atto.

L’introduzione di tale opportunità, tuttavia, non può comportare anche l’abbandono del termine (perentorio) previsto, in tal modo disapplicando una precisa norma di legge prescrittiva di un termine decadenziale, senza che vi sia una norma che consenta tale interpretazione, ovvero sostituisca un termine all’altro.

Così procedendo, dapprima si disapplica una norma vigente e quindi si determina l’assenza di termini di riferimento, quindi, si individua, in modo non sorretto da plausibili argomentazioni, il termine ultimo per il deposito in quello (generale) previsto per il deposito della (ultima) memoria prima dell’udienza pubblica di discussione dell’appello.

In tal modo, pur manifestando l’esigenza della individuazione di un termine decadenziale, si esclude paradossalmente l’applicazione del termine all’uopo previsto, per individuarne un altro in modo non conforme a legge e, inoltre, contrario al principio del contraddittorio, quale attuazione del diritto di difesa nella sua effettività.

Ed infatti, se il thema decidendum del giudizio amministrativo di appello si forma in riferimento ai motivi di impugnazione proposti con il ricorso principale ed ai motivi proposti con l’eventuale appello incidentale, esso deve inevitabilmente essere precisato entro una data certa (e su ciò la giurisprudenza è concorde), sia per consentire la cognizione del giudice, sia – prima ancora – per instaurare il contraddittorio e consentire l’esercizio del diritto di difesa all’appellante principale.

E’ del tutto evidente che individuare (senza alcun supporto normativo, né nella disciplina del processo amministrativo previgente al Codice, né nel c.p.c.), il termine per la riproposizione dei motivi assorbiti (e quindi l’ampliamento del thema decidendum), in quello per il deposito della memoria conclusionale (e quindi a dieci giorni dall’udienza pubblica di discussione), rappresenta una forte compressione del diritto di difesa dell’appellante, per il quale, invece, opera il rigido termine decadenziale previsto per le impugnazioni.

D’altra parte, innanzi al giudice ordinario – pur avendo riportato le oscillazioni presenti pure in quella giurisprudenza – occorre osservare che, anche nell’ipotesi più "ampia" in relazione al termine di deposito, in ogni caso non si può travalicare l’udienza di precisazione delle conclusioni (che – assente nel processo amministrativo – in quel rito specifica una volta per tutte il thema decidendum), non essendo certo ammissibile riproporre, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., le domande non esaminate in sede di comparsa conclusionale.

Proprio perché si richiama, al fine della individuazione di un termine per la riproposizione dei motivi assorbiti o non esaminati, il principio del contraddittorio "a sua volta riconducibile al principio dell’equo processo", occorre pienamente rispettare tali principi, ai quali è strumentale la previsione del termine decadenziale di cui all’art. 37 R.D. n. 1054/1924.

Né vale a contraddire quanto sinora esposto la circostanza che l’appellato può costituirsi in giudizio con memoria fino all’indicato termine di dieci giorni antecedenti l’udienza pubblica, poiché è ben noto che – ferma la possibilità di costituzione al di là dei termini previsti dalla legge, e quindi tardiva – ciò non esclude il prodursi, medio tempore, di decadenze e preclusioni (quale è, appunto, quella prevista dall’art. 37 citato).

In definitiva, occorre affermare che se pure si consente la riproposizione dei motivi per il tramite di memoria e non di appello incidentale (accordando prevalenza all’art. art. 346 c.p.c. sull’art. 37 R.D. n. 1054/1924), non si può escludere che detta memoria debba essere comunque depositata entro il termine previsto dal citato art. 37. E ciò a maggior ragione vista l’assenza di diversa previsione nell’art. 346 c.p.c..

D’altra parte, a conclusioni non diverse da quelle ora esposte è pervenuto il Codice del processo amministrativo, nel disciplinare il deposito della memoria di riproposizione di motivi assorbiti o non esaminati, prevedendo espressamente un termine (ravvicinato a quello di deposito dell’appello principale) ed escludendo che sia possibile tale presentazione fino al termine di deposito dell’ultima memoria difensiva.

Nel caso di specie, l’appellato ha riproposto i motivi assorbiti o non esaminati in I grado con memoria depositata nel rispetto del termine previsto rispetto alla udienza pubblica, ma oltre 15 mesi dal deposito dell’appello, e dopo lo svolgimento della fase cautelare; pertanto i medesimi sono inammissibili per tardività.

7. Il Collegio non ritiene, nel caso di specie, di dover esaminare la possibilità di concessione dell’errore scusabile (ora disciplinato dall’art. 37 Cpa), in quanto, qualunque sia la soluzione di simile profilo, i motivi tardivamente riproposti dall’appellato V. sarebbero e sono comunque infondati.

Quest’ultimo, con un primo gruppo di motivi (pagg. 610 memoria), ha rivolto censure sulla procedura di avanzamento al grado di colonnello dell’Arma dei Carabinieri dell’anno 2004 e sul decreto ministeriale di fissazione della I aliquota di avanzamento nel grado di colonnello, deducendo:

a) violazione del principio costituzionale di buon andamento della P.A.; violazione artt. 4, 5 e 6 l. n. 241/1990; eccesso di potere per abnormità procedimentale; poiché non è stato nominato il responsabile del procedimento;

b) violazione art. 31, co. 4, lett. d) d. lgs. n. 298/2000, in riferimento alla Tabella 1 allegata allo stesso testo e all’art. 19, co. 1, lett. a) l. n. 490/1997; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, illogicità ed erronea presupposizione; poiché "risulta palesemente vulnerata la tabella 1 allegata al d. lgs. n. 298/2000 che non consente l’iscrizione in aliquota di valutazione ai tenenti colonnello con anzianità di grado inferiore al periodo minimo previsto (e nel caso di specie dieci tenenti colonnello con anzianità nel grado infraquinquennale risultano illegittimamente iscritti in quadro di avanzamento);

c) violazione ed erronea applicazione art. 31, co. 4, lett. d) d. lgs. n. 298/2000, in riferimento agli artt. 25 e 26 l. n. 1137/1955; violazione ed erronea applicazione D.M. n. 571/1993, in rel. all’art. 45 l. n. 224/1986; violazione ed omessa applicazione dei principi di trasparenza amministrativa ex l. n. 241/1990; eccesso di potere per omessa predeterminazione dei criteri di valutazione; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione; poiché il D.M. "di fissazione dell’aliquota di valutazione per l’iscrizione in quadro di avanzamento 2004… manca della necessaria predeterminazione dei criteri che evidenzino le modalità da porre a base delle valutazioni per l’avanzamento".

Quanto al motivo sub a), il Collegio ritiene lo stesso infondato, posto che, ai sensi della l. n. 241/1990, la figura del responsabile del procedimento non è mai mancante, in quanto, qualora non si provveda alla sua designazione, il responsabile si identifica, ex art. 5, co. 2, l. n. 241/1990, nel dirigente dell’ufficio preposto alla gestione del procedimento.

Quanto al motivo sub b), l’art. 31, d. lgs. n. 298/2000, con riferimento all’avanzamento a colonnello, prevede

"Dall’anno 2003 e sino all’inserimento in aliquota dei tenenti colonnelli aventi anzianità di nomina ad Ufficiale uguale o anteriore al 30 agosto 1994, le aliquote di valutazione sono fissate, con decreto del Ministro della difesa, in modo da includere:

– nella prima delle aliquote di cui all’art. 18, comma 2, del presente decreto, oltre agli Ufficiali già valutati per la prima volta l’anno precedente e giudicati idonei e non iscritti in quadro, tenenti colonnelli non ancora valutati che abbiano anzianità di grado non superiore a quelle indicate nella tabella 1 annessa al presente decreto. Il numero degli ufficiali da includere annualmente, per la prima volta, nella predetta aliquota non può superare quello degli ufficiali inclusi per la prima volta nell’aliquota di valutazione formata per l’anno 2002, aumentato nella misura massima del 20% in relazione alla consistenza organica del grado ed alle esigenze di elevazione del livello ordinativo dei comandi;

– nella seconda aliquota, i tenenti colonnelli già valutati e giudicati idonei e non iscritti in quadro per almeno due volte che abbiano anzianità di grado non superiore a quelle indicate nella tabella 1 annessa al presente decreto;

– nella terza aliquota, i tenenti colonnelli che abbiano anzianità di grado pari o superiore a quella indicata nella tabella 1 annessa al presente decreto.

L’art. 31 ora riportato, recante "disciplina del regime transitorio per l’avanzamento", ha natura di norma temporanea e speciale, che, come tale, trova prevalente applicazione per i casi dalla stessa contemplati.

Nel caso di specie, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, ricorre il presupposto dell’anzianità di grado (come risulta, peraltro, dalla sua stessa prospettazione), come richiesto dall’art. 31 d. lgs. n. 298/2000, riferito al possesso di una anzianità "non superiore" a quella indicata nella tabella 1.E ciò si conferma anche verificando quanto previsto dall’art. 19, comma 1, lett. a) d. lgs. n. 490/1997 (indicato dal ricorrente e secondo il quale "l’ufficiale in servizio permanente effettivo, per essere valutato per l’avanzamento, deve, in relazione al ruolo di appartenenza: a) aver maturato gli anni di permanenza minima indicati per ciascun grado ed aver compiuto i periodi minimi di comando, di attribuzioni specifiche, di servizio presso enti e reparti e d’imbarco previsti dalle tabelle 1, 2 e 3 annesse al presente decreto"), e la ulteriore tabella ivi richiamata.

Il motivo sub c) è infondato. Infatti, l’art. 45, co. 1, l. n. 224/1986 (ora abrogato al d. lgs. n. 66/2010), prevede che "il Ministro della difesa, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, con proprio decreto da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge stabilisce le modalità applicative delle norme di cui agli articoli 25 e 26 della legge 12 novembre 1955, n. 1137, riguardanti le procedure ed i punteggi per l’avanzamento a scelta degli ufficiali delle Forze armate prevedendo criteri che evidenzino le motivazioni poste a base delle valutazioni.".

La previsione dei criteri, quindi, è effettuata una volta per tutte in sede regolamentare (il regolamento è stato emanato con D.M. n. 571/1993) e non per singola valutazione annuale.

Inoltre, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, con considerazioni condivise nella presente sede, ha già affermato che, in considerazione del carattere di assoluta specialità del procedimento di cui all’art. 26 l. n. 1137 del 1955, va escluso che la commissione di avanzamento debba procedere alla preventiva puntuale predeterminazione dei criteri di valutazione degli elementi di giudizio elencati nel citato art. 26, non potendosi ritenere che tale obbligo scaturisca dall’art. 45 l. n. 224 del 1986, che impone unicamente di evidenziare le motivazioni poste a base delle valutazioni (Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 2005 n. 7037 e 31 gennaio 2005 n. 213).

Con un ulteriore gruppo di motivi (pagg. 11 – 35 memoria), l’appellato lamenta l’illegittimità degli atti posti in essere dalla Commissione superiore di avanzamento e della graduatoria conclusiva di merito, deducendo:

d) violazione art. 25, co. 1, l. n. 1137/1955, con rif. all’art. 8 d. lgs. n. 490/1997 e art. 4 D.M. n. 571/1993; violazione ed omessa applicazione tab. 1, allegata al d. lgs. n. 298/2000; eccesso di potere per illogicità, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione; poiché la Commissione superiore di avanzamento per l’anno 2004 avrebbe "dovuto omettere di esprimere il giudizio sulla idoneità dei tenenti colonnelli con anzianità di grado infraquinquennale";

e) violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione; violazione ed erronea applicazione degli artt. 25 e 26 l. n. 1137/1955, con rif. al D.M. n. 571/1993 e all’artt. 40 d. lgs. n. 490/1997; eccesso di potere per abnormità procedimentale, per difetto assoluto di istruttoria, carente motivazione, illogicità manifesta ed erronea presupposizione; sviamento di potere e di procedura; ciò in quanto "la Commissione superiore di avanzamento non ha seguito il procedimento puntualmente disciplinato dalla legge". Ciò si spiega in base ad un "ragionamento matematico che svela i meccanismi interni della graduatoria impugnata"; infatti, da questa emerge che "ciascuno dei dieci membri della commissione… pur potendo attribuire ad ogni singola voce valutativa un punteggio tra i valori 130… ha assegnato a tutti i candidati punteggi compresi in valori numerici la cui sommatoria risulta perfettamente divisibile per 10"; tali numeri "risultano infatti multipli esatti del coefficiente numerico 0,1", con ciò dimostrandosi che la Commissione "ha invertito l’ordine logico delle operazioni di valutazione, scegliendo prima i vincitori e poi assegnando a tavolino i relativi punteggi". Ulteriore sintomo di illegittimità sarebbe offerto "dalla sintomatica composizione soggettiva della graduatoria conclusiva che risulta al suo interno divisa (con geometrica precisione) per gruppi di ufficiali", e così "i primi 18 ufficiali iscritti in quadro di avanzamento nell’anno 2004 sono infatti tutti appartenenti ai tenenti colonnelli mai prima d’oggi valutati", mentre "i successivi 12 ufficiali… tra cui l’odierno appellante, sono invece tutti appartenenti a quelli già risultati idonei nell’anno precedente (2003), ma non iscritti in quadro";

f)violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione; violazione ed erronea applicazione degli artt. 25 e 26 l. n. 1137/1955, con rif. al D.M. n. 571/1993 e all’art. 40 d. lgs. n. 490/1997; eccesso di potere per abnormità procedimentale, per difetto assoluto di istruttoria, carente motivazione, illogicità manifesta ed erronea presupposizione; sviamento di potere e di procedura; poiché "nella graduatoria 2003, il gruppo omogeneo degli ufficiali in prima valutazione ricompresi tra la posizione 31 e la posizione 42", presenta una identica successione (salvo uno) tra i candidati;

g)violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione; violazione ed erronea applicazione degli artt. 25 e 26 l. n. 1137/1955, con rif. al D.M. n. 571/1993; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta, erronea presupposizione; poiché "la Commissione superiore di avanzamento ha omesso di operare un analitico esame della documentazione relativa ai candidati singolarmente intesi"; ed infatti, in primo luogo, difettando nei verbali l’indicazione dell’orario di apertura e chiusura della seduta, "non è data verificare la ragionevolezza dell’azione amministrativa con riferimento allo spazio temporale necessario"; inoltre l’operazione di valutazione singola è stata svolta (per 91 tenenti colonnelli) in un’unica seduta;

h)violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione; violazione ed erronea applicazione degli artt. 25 e 26 l. n. 1137/1955, con rif. al D.M. n. 571/1993; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta, erronea presupposizione; omessa valutazione di titoli; ciò in quanto "le valutazioni compiute sulla persona dell’odierno ricorrente sono chiaro frutto di un’istruttoria assolutamente incompleta e irrazionale". Evidenziati i propri dati curriculari (pagg. 2535), il V. ritiene non adeguate le valutazioni conseguite a fronte di tali lusinghieri elementi.

Il motivo sub d) è infondato, alla luce di quanto sopra evidenziato (motivo sub b) in riferimento agli ufficiali con permanenza infraquinquennale nel grado.

Quanto ai motivi sub e), f) e g), il Collegio ritiene che non possono desumersi profili di irragionevolezza (né violazioni di legge) in ordine alla valutazione effettuata da una commissione giudicatrice sulla base di mere presunzioni, quali quelle articolate con i tre motivi di ricorso in esame, non essendo ex se dimostrativi di illegittimità dell’azione amministrativa né la durata delle sedute della commissione, né il numero delle stesse, né la ricorrenza di determinati punteggi o di un particolare ordine di collocazione dei candidati in graduatoria.

Quanto, infine, al motivo sub h), con il quale si lamentano vizi afferenti alla valutazione della propria posizione, per un verso il Collegio ricorda che il giudice amministrativo, in sede di giurisdizione di legittimità, non può sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione, pena lo sconfinamento nel merito, ma può esclusivamente verificare se la valutazione stessa è affetta da eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà o palese insufficienza della motivazione.

Nel caso di specie, il ricorrente si è limitato ad esporre i propri dati curriculari, sottolineando come, dall’evidente positività/eccellenza dei medesimi, si evidenzia l’illogicità della valutazione della commissione. In tal modo, tuttavia, lungi dal sottoporre all’esame del giudice quelle figure sintomatiche di eccesso di potere la cui sussistenza è verificabile in sede di legittimità, si postula in pratica, onde addivenire all’annullamento, proprio una "nuova valutazione" da parte del giudice, a questi, per le ragioni esposte, non consentita.

8. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere accolto, disponendosi, per l’effetto, l’annullamento della sentenza appellata, e l’appello incidentale proposto dall’appellato (per il tramite di deposito di memoria di riproposizione dei motivi assorbiti o non esaminati in I grado) deve essere dichiarato inammissibile per tardività.

Stante la natura e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Difesa (n. 9368/2009 r.g.):

a) accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata;

b) dichiara inammissibile l’appello incidentale (tramite memoria di presentazione dei motivi assorbiti) proposto da V. G.;

c) compensa tra le parti spese, diritti ed onorari del doppio grado di giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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