Cons. Stato Sez. IV, Sent., 10-08-2011, n. 4765 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’appello in esame, la signora V. B. impugna la sentenza 17 dicembre 2004 n. 4380, con la quale il TAR Veneto, sez. II, ha rigettato due ricorsi riuniti (l’altro proposto dalla sig.ra F. M., non evocata, né appellante in proprio nel presente giudizio), ambedue avverso il provvedimento n. 9970/2004, con il quale il Responsabile dell’area tecnica del Comune di Santa Giustina in Colle non autorizzava la domanda presentata dalle ricorrenti, volta ad ottenere la demolizione e la ricostruzione di un fabbricato ad uso residenziale bifamiliare.

La sentenza appellata afferma, in particolare, che l’art. 8bis delle NTA del Comune di Santa Giustina in Colle ammette, per la zona C1/A ove l’immobile è ubicato, solo "interventi di ristrutturazione ma con mantenimento della volumetria esistente", laddove, nel caso di specie, l’intervento "comporta l’ampliamento dell’edificio residenziale mediante il recupero della volumetria del rustico", così venendosi a determinare "un edificio diverso dal preesistente per volumetria e sagoma", non rientrante nemmeno nella configurazione dell’intervento di ristrutturazione, secondo la normativa nazionale.

Avverso la sentenza impugnata, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) erronea e non corretta applicazione del combinato disposto di cui ai nn. 2 e 3 dell’art. 8bis zona C1A, norme di attuazione del PRG, in relazione all’art. 31 l. n. 457/1978; travisamento dei fatti; poiché con l’intervento edilizio prospettato non aumenta, ma anzi diminuisce, la volumetria, non muta la sagoma, ma si modifica solo il posizionamento, ma all’interno del medesimo sedime, con l’effetto positivo di un arretramento rispetto alla strada.

La ricorrente ripropone, quindi, i motivi di cui al ricorso introduttivo del giudizio di I grado (pagg. 7 – 14 appello), e precisamente:

b) violazione e falsa applicazione art. 8bis NTA e dell’art. 31, lett. b), c) e d), l. n. 457/1978 (ora art. 3 DPR n. 380/2001);

c) violazione degli artt. 3 e 7 l. n. 241/1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria; violazione del principio di buona amministrazione; eccesso di potere per difetto di motivazione;

d) violazione e/o falsa applicazione art. 31 l. n. 1150/1942, nonché dell’art. 4 l. n. 493/1993; difetto di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Santa Giustina in Colle, che ha preliminarmente eccepito:

– l’inammissibilità dell’appello per non essere stata evocata in giudizio anche l’altra ricorrente in I grado, sig.ra F. M. "parte necessaria del giudizio di II grado";

– l’inammissibilità del ricorso in I grado per violazione del principio del "ne bis in idem", poiché la nota n. 9970/2004, oggetto di impugnazione con il ricorso proposto in I grado, era già stata impugnata con precedente ricorso;

– l’inammissibilità del ricorso in I grado per violazione del principio del "ne bis in idem", in quanto la questione concernente "il divieto di demolire l’immobile per ricostruirlo in altra area di sedime, con ampliamento volumetrico e modifica della sagoma", è stata già decisa dal TAR Veneto con sentenza n. 118/2004;

– inammissibilità del ricorso in I grado per tardività, per essere esso diretto avverso un atto meramente confermativo del precedente diniego, per omessa impugnazione del parere negativo reso dalla Commissione edilizia in data 8 luglio 2004.

Il Comune appellato ha comunque concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’ udienza di trattazione la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

La conclusione alla quale si perviene per le ragioni di seguito esposte, dispensa il Collegio dall’esaminare le eccezioni di inammissibilità avanzate dal Comune appellato, sia relative al ricorso in appello, sia relative al ricorso proposto in I grado e non esaminate dal I giudice, avendo quest’ultimo rigettato il ricorso.

L’art. 31, lett. d) l. n. 457/1978 definisce, quali "interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti".

L’art. 3, lett. d) DPR n. 380/2001, attualmente vigente, definisce a sua volta "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica".

La giurisprudenza ha costantemente affermato che la nozione di ristrutturazione edilizia, interpretata ai sensi dell’art. 31, l. 5 agosto 1978 n. 457, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, purché tale ricostruzione sia fedele, cioè dia luogo ad un immobile identico al preesistente per tipologia edilizia, sagoma e volumi (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 2010 n. 7310; 15 giugno 2010 n. 3744).

Orbene, alla luce della disciplina recata dalla normativa statale, cui risulta sostanzialmente conforme l’art. 8bis delle NTA del Comune di S. Giustiìna in Colle (laddove prevede che gli interventi di ristrutturazione possano essere effettuati "nel rispetto delle volumetrie esistenti"), il Collegio non può che rigettare il motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto) e confermare la sentenza appellata, laddove essa afferma che l’intervento "comporta l’ampliamento dell’edificio residenziale mediante il recupero della volumetria del rustico", così venendosi a determinare "un edificio diverso dal preesistente per volumetria e sagoma".

Ed infatti, come risulta anche dallo stesso ricorso in appello e dalla memoria 24 marzo 2011 dell’appellante, effettivamente, in virtù del progetto non assentito, si verrebbe a realizzare un aumento di volumetria dell’edificio residenziale, attraverso il (parziale) utilizzo della volumetria del rustico.

Dall’attività edilizia, dunque, ove assentita, conseguirebbe un edificio diverso dall’originario per volume e sagoma, e quindi non rientrante nella nozione di "ristrutturazione edilizia", a nulla rilevando, a tali fini, che la volumetria complessiva (cioè quella dell’edificio residenziale sommata a quella del rustico) diminuirebbe, anziché aumentare.

Né rileva che – a giustificazione del diverso "posizionamento" dell’immobile – sia stato affermato dall’appellante che questo consente, in ossequio alla l. reg. Veneto n. 24/1985, di "togliere la costruzione dalla fascia di rispetto stradale", sia in quanto tale finalità comunque è estranea all’ambito della "ristrutturazione edilizia", sia in quanto, come evidenziato dall’appellato Comune (pagg. 23 memoria di replica 26 aprile 2011), tale possibilità di traslazione degli immobili è consentita solo nel caso di "inderogabili motivi di staticità o di tutela della pubblica incolumità".

Anche gli altri motivi di appello (in disparte ogni valutazione sul fatto che sugli stessi il giudice di I grado si è pronunciato – pag. 4 sentenza – ed avverso tale capo della decisione non sono stati rivolti specifici motivi di doglianza), sono infondati, non essendo sussistenti, per le ragioni già esposte ed a conferma di quanto rappresentato dal I giudice, né la violazione della normativa indicata, né il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione, né la mancanza del parere della Commissione edilizia, né, infine, la violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, sia perché quest’ultimo ha avuto avvio ad istanza di parte, sia perché il provvedimento (ex art. 21octies, comma 2, l. n. 241/1990) non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da V. B. (n. 1488/2006 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Santa Giustina in Colle, delle spese, diritti ed onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *