Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-06-2011) 28-07-2011, n. 30181 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.P., nella sua qualità di amministratore della società Waircom Research srl, dichiarata fallita dal tribunale di Roma nel 1991, fallimento poi revocato, e definitivamente dichiarata fallita il 29 maggio 1997, veniva condannato alle pene ritenute di giustizia per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione di stampi ed altri beni mobili della società indicati nel bilancio di esercizio del 1987 e mai più reperiti; nemmeno il controvalore in danaro di tali beni veniva reperito, nè l’imputato era in grado di indicare la destinazione a fini sociali dei beni stessi.

La fallita faceva parte di un gruppo di società, tutte amministrate o, comunque, riconducibili al P., ed aventi sede nel medesimo stabilimento di (OMISSIS), operative nel settore della produzione e commercio di valvole pneumatiche ed idrauliche e controllate dalla società Waircom srl, società di trading e titolare del marchio.

Allo stabilimento di (OMISSIS) venivano apposti i sigilli dal pretore di Monza; sul luogo, poi, si recava anche il curatore della Waircom srl, che, tra l’altro, apprendeva anche la documentazione contabile della Waircom Research srl, ragion per cui non veniva elevata imputazione nei confronti del P. per la bancarotta documentale.

Il tribunale di Monza prima e la corte di appello di Milano poi – sentenza emessa in data 28 aprile 2009 – respingevano la tesi difensiva dell’imputato fondata essenzialmente sul fatto che i beni mobili appartenenti alla fallita erano stati appresi, presumibilmente per errore, dal curatore fallimentare della Waircom srl, trattandosi di circostanza inveritiera dal momento che i beni mobili della fallita erano in un seminterrato, come testimoniato anche dall’ing. M., incaricato di una indagine conoscitiva ai fini della ristrutturazione dell’azienda. Inoltre era emerso che parte degli stampi di proprietà della fallita erano stati venduti senza corrispettivo per la fallita, alla Microvalvole di (OMISSIS), quindi ad altra società di Lugano ed, infine alla New Waircom Research sa, di cui risultava legale rappresentante la segretaria del P., come riferito dall’avvocato Sciudone, curatore del primo fallimento della Waircom Research srl dichiarato a Roma nel 1991.

Con il ricorso per cassazione P.P.L. deduceva:

1) la violazione della L. Fall., art. 216 e art. 43 cod. pen., nonchè il vizio di motivazione anche in relazione alla violazione dei criteri di valutazione della prova di cui all’art. 192 cod. proc. pen.. In particolare il ricorrente riproponeva la tesi difensiva osservando che gli stampi ed i disegni della fallita, esistenti sia al momento della verifica tributaria concernente sei società – epoca anteriore al 3 maggio 1989 – ed a quello dell’inventario redatto dal pretore di Monza, furono appresi dal curatore della capogruppo e venduti. La mancata azione di rivendica non poteva essere paragonata ad una distrazione. Inoltre gli stampi erano oramai privi di valore, essendo stati venduti dal curatore il marchio ed i disegni. Tutto ciò si desumeva da una interpretazione corretta del processo verbale della guardia di finanza di (OMISSIS) e dalle risultanze delle prove testimoniali del maresciallo della guardia di finanza B.V. e del curatore del fallimento della capogruppo avvocato P.F..

2) Il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della aggravante di cui all’art. 219, L. Fall. perchè non si è tenuto conto che gli stampi, dopo la vendita del marchio e dei disegni, non avevano alcun valore, e del fatto che il bene immobile di proprietà della fallita venne mantenuto nel patrimonio della stessa.

3) Il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza delle riconosciute attenuanti generiche.

4) la estinzione per prescrizione del reato, in caso di accoglimento dei due precedenti motivi di impugnazione, dovendosi considerare come dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione il 26 settembre 1991, data della dichiarazione del primo fallimento.

In data 17 giugno 2011 la difesa del P. segnalava un errore materiale nel ricorso e insisteva sul motivo concernente la inosservanza della norma di cui all’art. 216, L. Fall..

Indicava, poi, nuovi argomenti alla tesi già sviluppata nei motivi di ricorso.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da P.P. L. non sono fondati.

Il primo motivo di ricorso è in verità ai limiti della ammissibilità perchè il ricorrente ha in effetti riproposto la tesi difensiva già sottoposta al vaglio dei giudici di primo e secondo grado, che la hanno disattesa, senza tenere nel debito conto gli argomenti contenuti nelle due sentenze di merito.

Dalla motivazione di tali sentenze si desume che non vennero appresi dal curatore del fallimento della capo gruppo Waircom srl i beni della fallita, che erano custoditi in apposito locale seminterrato, e, quindi, non furono dallo stesso venduti.

A fondamento di tale impostazione i giudici del merito hanno posto una rigorosa interpretazione delle dichiarazioni testimoniali del maresciallo B. e del curatore P., oltre a quelle dell’ing. Mi..

Naturalmente non è consentito a questo giudice di legittimità rivalutare il materiale probatorio, posto che la valutazione delle prove spetta, in via esclusiva, ai giudici del merito.

Compete alla corte di legittimità verificare se dette valutazioni siano o meno sorrette da una motivazione immune da vizi logici;

ebbene la motivazione impugnata non merita censure sotto il profilo della legittimità.

A ciò aggiungasi che il ricorrente non ha tenuto assolutamente conto nè della testimonianza Mi., di sicuro rilievo, nè di quella dell’avvocato Sciudone, curatore del primo fallimento della Waircom Research srl, secondo il quale parte degli stampi erano stati ceduti, senza corrispettivo e tramite una società (OMISSIS), alla New Waircom Research sa, società facente capo alla segretaria del ricorrente.

Ebbene su tali aspetti del ragionamento probatorio della corte di appello il ricorrente nulla ha osservato, essendosi limitato a riproporre una giustificazione già motivatamente disattesa dai giudici del merito.

Quanto, infine, ai disegni va detto che nel capo di imputazione, oltre agli stampi, viene contestata la distrazione di altri beni mobili, che, come si desume dalla motivazione della sentenza impugnata, sono beni diversi dai disegni.

In conclusione correttamente i primi giudici hanno ritenuto l’imputato responsabile della distrazione perchè i beni regolarmente indicati nel bilancio del 1987 non furono rinvenuti, nè fu rinvenuto danaro costituente il corrispettivo della loro cessione, nè il ricorrente ha fornito la prova di un uso a fini sociali dei beni stessi.

Va rigettato anche il secondo motivo di impugnazione perchè la corte di merito ha spiegato che non era possibile condividere la tesi che la cessione del marchio avesse fatto perdere valore agli stampi e agli altri macchinari sia perchè si è in presenza di un gruppo che opera anche con società estere, sia perchè comunque i prodotti realizzabili con gli stampi hanno molteplici diversi canali di commercializzazione.

Del resto non è un caso che il P. si sia opposto proprio al fallimento della Waircom research, fatto che smentisce la presunta perdita di valore dei beni della stessa.

Nessun rilievo ha, infine, il fatto che non sia stato distratto anche il bene immobile, che presumibilmente non è stato ad altri ceduto per la ovvia maggiore difficoltà di fare sparire un bene immobile.

Di merito è il motivo concernente il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche, posto che, con motivazione non censurabile in sede di legittimità perchè immune da manifeste illogicità, la corte di merito ha spiegato che il giudizio di equivalenza era fondato sul fatto che le generiche erano state riconosciute esclusivamente per la incensuratezza dell’imputato – è bene ricordare che il fatto è del 1997 e, quindi, non risulta applicabile l’art. 62 bis cod. pen., comma 3 introdotto con la legge di conversione 24 luglio 2008, n. 125 – non essendovi altre circostanze da valutare positivamente.

Il rigetto dei due precedenti motivi rende evidentemente superfluo l’esame della deduzione concernente la estinzione per prescrizione del reato contestato, anche se appare opportuno rammentare che la consumazione del reato di bancarotta, momento dal quale decorre il termine prescrizionale, decorre dalla dichiarazione di fallimento che va identificata nel caso di specie con al dichiarazione di fallimento del 1997 e non già con quella, poi revocata, del 1991.

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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