Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-06-2011) 28-07-2011, n. 30057

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza emessa l’11/05/010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, in data 26/02/08 – appellata, tra gli altri, da A.G., imputato del reato di cui agli artt. 609 bis e 609 ter c.p. (come contestato in atti) e condannato alla pena di anni sei e mesi quattro di reclusione – riduceva la pena in anni due di reclusione, revocando le pene accessorie; confermava nel resto.

L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) In particolare il ricorrente esponeva:

1. che la decisione impugnata non era congruamente motivata quanto alla sussistenza della responsabilità penale dell’imputato. La sentenza si fondava esclusivamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, P.V., che non era attendibile, essendo le sue dichiarazioni vaghe, contraddittorie e prive di riscontri obiettivi;

2. che il reato – stante l’applicazione dell’attenuante del fatto di minore gravità – era prescritto. Tanto dedotto il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Il P.G. della Cassazione, nella pubblica udienza del 22/06/011, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla decisione di 1^ grado – i due provvedimenti si integrano a vicenda – ha congruamente i punti fondamentali della decisione.

In particolare i giudici di merito, mediante un esame analitico e puntuale delle risultanze processuali hanno accertato che A. G. – nelle condizioni di tempo e di luogo come individuato in atti – aveva commesso reiterati abusi sessuali in danno di P. V., minore degli anni dieci all’epoca dei fatti (anno (OMISSIS));

il tutto come indicato ed argomentato esaurientemente dai giudici del merito.

Per contro le censure dedotte nel ricorso – circoscritte peraltro alla sola sussistenza della responsabilità penale dell’imputato – sono generiche, perchè meramente ripetitive di quanto esposto in sede di appello, già valutato esaustivamente dalla Corte Territoriale.

Sono infondate perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai giudici del merito.

Dette censure, peraltro, costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, poichè non inerenti ad errori di diritto o vizi logici della decisione impugnata, ma alle valutazioni operate dai giudici di merito. Si chiede, in realtà, al giudice di legittimità una rilettura degli atti probatori, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente. Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità perchè in violazione della disciplina di cui all’art. 606 c.p.p.. Giurisprudenza consolidata: Cass. Sez. Unite Sent. n. 6402 del 02/07/97, rv 207944; Cass. Sez. Unite Sent. n. 930 del 29/01/96, rv 203428; Cass. Sez. 1 Sent. n. 5285 del 06/05/98, rv 210543; Cass. Sez. 5 Sent. n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Cass. Sez. 5 Ord. n. 13648 del 14/04/2006, rv 233381.

Ad abundatiam si rileva che la Corte Territoriale ha congruamente motivato sulla attendibilità della minore P.V..

Al riguardo la Corte di Appello ha evidenziato che le reiterate dichiarazioni accusatorie rese dalla P. erano suffragate:

a) da plurime testimonianze acquisite nel corso del dibattimento da parte dell’assistente sociale C.L., dalle psicologhe dott.sse R. e M., dai testi V.A. e C. G., dai congiunti della parte offesa, P.P. e S. (rispettivamente fratello e padre di P.V.);

b) dalla relazione di servizio in data (OMISSIS) del Commissariato di (OMISSIS) da cui emergeva che nel corso di un intervento per una lite i verbalizzanti di PG avevano identificato Ru.An. (madre della piccola V.) ed A. G. che rincorrevano la minore V., la quale piangeva gridandole un pedofilo, cornuto e magnaccio". Anche in quella occasione la minore aveva spontaneamente rilevato all’agente di Polizia D.P., i toccamenti lascivi subiti, tempo prima, ad opera dell’ A.; c) da una missiva scritta dalla minore (datata (OMISSIS)) in cui narrava gli abusi subiti da parte dell’imputato (vedi, per tutti la circostanza sopra evidenziata, sent. 2^ grado pag. 4 e 5). L’eccezione di prescrizione è infondata.

Invero il termine massimo di prescrizione – anni 12 e mesi sei in relazione a fatti commessi nel 2000 – non è tuttora maturato.

Al riguardo si osserva che l’applicazione dell’attenuante del fatto di minore gravità, ex art. 609 bis c.p., comma 3, non rileva ai fini della determinazione del tempo necessario per prescrizione, che si calcola tenuto conto del massimo della pena prevista dalla fattispecie in esame (ossia anni dieci di reclusione), aumentata di un quarto per un totale complessivo di anni dodici e mesi sei il tutto ai sensi dell’art. 157 c.p., comma 2, artt. 160 e 161 c.p.;

come modificati dalla L. n. 251 del 2005. Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da A.G. con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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