Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 28-07-2011, n. 30054 Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza del 28 giugno 2010, la Corte d’Appello di Palermo confermava a sentenza in data 30 aprile 2009, con la quale il Tribunale di Palermo – Sezione Distaccata di Bagheria, condannava L.G. per violazione della disciplina urbanistica e paesaggistica, subordinando il beneficio della sospensione condizionale della pena, che concedeva, alla demolizione dell’intervento abusivo.

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge, rilevando che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto la sussistenza dei reati senza considerare le argomentazioni poste a sostegno dell’atto di appello.

Aggiungeva che le opere, consistenti nella rimozione di una preesistente copertura in eternit e nella sostituzione con una termocopertura ad unica falda inclinata ancorata su travi in ferro, dovevano ritenersi provvisorie e facilmente rimuovibili e, come tali, non abusive.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva la carenza di motivazione con riferimento alle circostanze indicate nel precedente motivo.

Con un terzo motivo di ricorso deduceva la violazione dell’art. 133 c.p. e dell’art. 3 Cost., non avendo i giudici del gravame contenuto la pena entro il limite del minimo edittale in considerazione della modesta entità dei fatti e della sua incensuratezza.

Osservava, inoltre, che la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale alla demolizione delle opere abusive era da ritenersi in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. in quanto, a fronte della medesima fattispecie di reato ed ad identiche condizioni di incensuratezza, alcuni possono usufruire di tale beneficio in modo incondizionato, mentre altri devono sottostare all’onere della demolizione.

Con un quarto motivo di ricorso rilevava che il Piano Regolatore Generale di Bagheria era stato dichiarato illegittimo con sentenza della CGA il 28 giugno 2010 e la sua inefficacia era stata poi ulteriormente confermata dal TAR Sicilia il 5 ottobre 2010, con la conseguenza che dovevano ritenersi decaduti vincoli ed obblighi e determinata una situazione di incertezza tale da impedire, in ragione del principio del favor rei, la demolizione dell’intervento, il quale potrebbe essere ritenuto sanabile sulla base del nuovo strumento urbanistico che in futuro verrà necessariamente adottato.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Va preliminarmente rilevato come la quasi totalità dei motivi di ricorso ripropone questioni già prospettate al giudice del gravame e da questi puntualmente disattese con argomentazioni coerenti e del tutto immuni da censure.

Ineccepibile e pienamente conforme a legge appare, in primo luogo, la qualificazione giuridica dell’intervento eseguito e la sua collocazione nell’ambito delle fattispecie di reato contestate.

Dando infatti compiutamente conto dei dati probatori acquisiti nel corso dell’istruzione dibattimentale, la Corte territoriale ha chiarito che, contrariamente a quanto affermato in ricorso, gli interventi eseguiti configuravano una nuova costruzione in assenza di permesso di costruire.

Si evidenzia, a tale proposito, nella decisione impugnata che risultava accertata la dismissione della copertura originaria di un vano e la conseguente realizzazione di una nuova unità immobiliare distribuita su due vani, un vano WC ed un ripostiglio che impegnava l’intera superficie del primo piano di un preesistente fabbricato. Il tutto in assenza di permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica in zona sottoposta anche a vincolo sismico.

La motivazione sul punto si prospetta quindi del tutto adeguata e priva di cedimenti logici.

Parimenti infondata appare la prospettata violazione dell’art. 133 c.p..

La pena è stata infatti determinata dai giudici del merito con motivato riferimento ai criteri direttivi di cui all’art. 133 c.p., con corretta e razionale valutazione complessiva di tutte le componenti oggettive e soggettive dell’azione medesima e della personalità dell’imputato.

Viene infatti specificato che lo stato di incensuratezza dell’imputato era stato debitamente valutato nel concedere le attenuanti generiche e che correttamente il primo giudice aveva considerato, ai fini della quantificazione della pena, la consistenza dell’abuso che non poteva certo ritenersi di minima entità in ragione delle dimensioni e della duplice presenza di vincolo e mantenuto comunque la pena entro limiti assai prossimi al minimo edittale.

Tali argomentazioni risultano del tutto sufficienti a giustificare il corretto esercizio del potere discrezionale di determinazione della pena e dei criteri di valutazione fissati dall’art. 133 c.p., non essendo richiesto al giudice di procedere ad una analitica valutazione di ogni singolo elemento esaminato, ben potendo assolvere adeguatamente all’obbligo di motivazione limitandosi anche ad indicarne solo alcuni o quello ritenuto prevalente (v. Sez. 2 n. 12749, 26 marzo 2008).

Del tutto legittima appare, inoltre, la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere.

Si tratta, invero, di una eventualità riconosciuta da tempo come osservato dai giudici dell’appello.

Deve infatti ricordarsi che tale possibilità è stata confermata anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (SS. UU. n. 714, 3 febbraio 1997), le quali hanno ammesso la legittimità della sospensione condizionale subordinata alla demolizione che appare, peraltro, giustificata dalla circostanza che la presenza sul territorio di un manufatto abusivo rappresenta, indiscutibilmente, una conseguenza dannosa o pericolosa del reato, da eliminare (v. anche 3 n. 38071, 16 ottobre 2007).

Del tutto priva di pregio appare, inoltre, la questione relativa alla inefficacia dello strumento urbanistico del Comune di Bagheria di cui tratta il quarto motivo di ricorso.

Tale questione, peraltro dedotta per la prima volta in questa sede di legittimità, viene prospettata in termini del tutto generici con riferimento a due pronunce del giudice amministrativo indicate in modo incompleto.

In ogni caso, deve rilevarsi che l’eventuale statuizione del giudice amministrativo che disponga l’annullamento del piano regolatore generale avrebbe, quale conseguenza, la reviviscenza della disciplina di pianificazione preesistente o, in difetto, l’applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9 che disciplina l’attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica e non anche, come sembra prospettare il ricorrente, una situazione di totale incertezza per il vuoto determinato dall’annullamento.

Deve infine richiamarsi l’attenzione sulla circostanza che le opere sono state comunque realizzate in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo e che la presenza dei vincoli paesaggistico e sismico impediscono o, in ogni caso, rendono fortemente improbabili, future possibilità di sanatoria dell’abuso che, allo stato, restano mere prospettazioni ipotetiche.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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