T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 10-08-2011, n. 365 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. Con decreto del Presidente della Giunta regionale 9 dicembre 1998, in esecuzione della legge regionale n. 22/1985, veniva approvato il Piano Regionale Integrato dei Trasporti.

B. Con successivo decreto dd. 6 aprile 1989, il Presidente della Giunta regionale attribuiva a detto Piano l’efficacia di variante al Piano Urbanistico Regionale vigente con riferimento alle sue indicazioni nel settore della viabilità, prevedendo altresì l’adeguamento alle previsioni del Piano stesso da parte degli strumenti urbanistici di grado subordinato.

C. Per quanto concerne la fattispecie oggetto del ricorso, il suddetto Piano prevede la realizzazione del collegamento tra l’lnterporto (e quindi tra la S.S. n. 14 "Triestina"), la S.S. n. 352 e, in prosecuzione, il casello autostradale di Palmanova ed il prefigurato collegamento viario Palmanova – Manzano.

D. In ottemperanza a quanto sopra indicato, la Società A.V. S.p.A. veniva incaricata della predisposizione del progetto per il collegamento tra l’lnterporto, la S.S. n. 352 e, in prosecuzione, il casello autostradale di Palmanova ed il prefigurato collegamento viario Palmanova – Manzano, di competenza del Comune di Cervignano del Friuli.

E. Con delibera consiliare n. 4 dd. 23 gennaio 2009 il Comune di Cervignano del Friuli approvava il progetto predisposto dalla Società denominato "Nuovo svincolo di Palmanova e variante alla S.S.n. 352 di Grado", adottando, ai sensi dell’art. 127 della l.r. 52 del 1991, la variante n. 75 al P.R.G.C e, contestualmente, controdeduceva sulle osservazioni presentate dalle ricorrenti destinatarie di comunicazione di apposizione di vincolo preordinato all’esproprio.

F. Con la successiva delibera giuntale n. 28 del 9 febbraio 2009 l’amministrazione comunale individuava i soggetti competenti in materia ambientale da cui acquisire il parere di competenza per l’emissione del provvedimento di verifica di assoggettabilità della variante n. 75 alla procedura di V.A.S. ai quali inviare copia del rapporto preliminare ambientale denominato "Verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica della variante al PRGC. ", redatto sempre da A.V. spa ed allegato alla delibera consiliare sopracitata.

Con il ricorso introduttivo la ricorrenti hanno impugnato entrambe le delibere succitate, unitamente alla delibera giuntale n. 43/09, di rettifica della precedente n. 28/09.

G. La procedura pianificatoria proseguiva. Le autorità consultate nell’ambito della procedura dì verifica di assoggettabilità a VAS del piano proposto si esprimevano favorevolmente sul rapporto ambientale preliminare, ritenendo che il piano non dovesse essere assoggettato a VAS. La Soprintendenza e il servizio regionale VIA non adottavano alcun atto consultivo. Il Consiglio Comunale, quindi, si pronunciava favorevolmente e la Giunta Comunale, con delibera n. 127 del 2009, deliberava di non assoggettare a VAS la variante n. 75 al P.R.G.C., tenuto conto delle determinazioni assunte nel corso del procedimento instaurato ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. 152/06.

H. I provvedimenti da ultimo citati venivano impugnati con ricorso per motivi aggiunti dalle signore C..

I. Con la delibera consiliare n. 64 /09 l’amministrazione comunale approvava la variante 75 al P.R.G.C e detta delibera, unitamente agli atti presupposti, veniva impugnata dalle ricorrenti con secondo atto di motivi aggiunti.

L. Il ricorso introduttivo deduce i seguenti motivi:

1) Eccesso di potere – Difetto di motivazione – Motivazione carente, perplessa, insufficiente – Violazione del principio di proporzionalità e del minimo mezzo; nell’assunto che non sarebbe stato considerato l’impatto dannoso della nuova opera che taglierà in due parti l’azienda agricola delle ricorrenti, e si sarebbe dimenticata del tutto la presenza di un complesso vasto ed unitario, comprendente tanto la "braida" di 9 ettari che l’immobile padronale, menzionato quanto meno dal 1811 come complesso aziendale "Casanova" e raro esempio, nella campagna friulana, di struttura ancora complessivamente integra e preservata.

Il Comune, a questo proposito, si sarebbe limitato a dichiarare che la Soprintendenza, alla quale la documentazione di progetto era stata inoltrata, nulla ha fatto pervenire, e che, nella pianificazione urbanistica, tanto l’immobile che la zona boscata circostante sono inseriti in zona agricola senza particolare vincolo di tutela; invece le ricorrenti rilevano che le eventuali carenze che affliggono precedenti istruttorie non potrebbero valere a giustificare una persistente carenza istruttoria della attuale azione amministrativa.

Si sostiene anche che, trattandosi di vincolo imposto di fatto su di una sola proprietà (sulla quale sarà realizzata una rotatoria ed una strada in trincea, che la spezzerà irreversibilmente in due parti nemmeno più collegate tra di loro, con conseguente maggior pregiudizio alla stessa pratica agricola), occorreva particolare e pregnante motivazione, tanto più che le ricorrenti avevano già inoltrato le proprie osservazioni alla precedente analoga Variante n. 71.

2) Eccesso di potere – Errore di fatto sotto ulteriore profilo – Travisamento – Istruttoria omessa e/o insufficiente – Violazione di legge (artt 6 ss L.R. 23 aprile 2007, n. 9);

Ulteriore errore di fatto sarebbe stato l’omessa considerazione dell’esistenza di una ampia superficie boscata, di quasi nove ettari, interessata da un programma di durata trentennale oggetto di contribuzione comunitaria (Reg. CEE 2080/1992).

3) Eccesso di potere – Difetto di motivazione – Motivazione carente, perplessa, insufficiente – Istruttoria omessa ovvero assolutamente carente – Difettosa ponderazione tra le diverse possibili alternative – Cattivo esercizio della discrezionalità tecnica.

La proposta alternativa, presentata in fase di osservazioni dalle ricorrenti, viene cassata sulla base di presunte argomentazioni di carattere tecnico, che si rifanno anche ai contenuti di una nota elaborata da A.V. S.p.A., rispetto alle quali le ricorrenti svolgono analitiche critiche, ritenendo sbagliate – indice anche questo di istruttoria carente ed insufficiente e di cattivo uso di discrezionalità tecnica – le considerazioni negative relative alla soluzione alternativa ed immotivate quelle relative all’asserito aumento dei costi.

4) Eccesso di potere – Errore di fatto sotto ulteriore profilo – Travisamento – Istruttoria omessa e/o insufficiente; nell’assunto che, facendo richiamo al Piano regionale della Viabilità oltre che al Piano integrato dei Trasporti ed al piano provinciale della Viabilità della Provincia di Udine, si continua a dare per esistente il vecchio tracciato della linea ferroviaria Alta Velocità, che, secondo le più recenti impostazioni, è invece oggi diverso da quello indicato nelle mappe allegate.

Non risulterebbe nemmeno corretta l’affermazione per cui il tracciato individuato sia "in conformità con il piano regionale della viabilità", che, invece, non contemplerebbe il tracciato de quo, né imporrebbe una specifica scelta di localizzazione.

5) Violazione di legge ( dir. 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE, art. 3 – d.lgs.3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, artt. 4 ss. – l.r. Friuli Venezia Giulia 6 maggio 2005, n. Il, art. 6 -.) D.P. Reg. 20 marzo 2008, n. 086/Pres., art. 17)

La delibera impugnata risulterebbe adottata in assenza di previa Valutazione ambientale strategica (V.AS.), oggi viceversa imposta come elemento obbligatorio "nella fase preparatoria comprendente la fase di predisposizione, consultazione e adozione e nella fase di approvazione del piano o programma" (art. 6, comma 1, lett. a) 1.r. 11/2005), in base altresì a quanto attualmente previsto dal d.lgs. 152/2006, come da ultimo modificato dal d.lgs. 4/2008 e pertanto da disporsi prima della predisposizione e votazione della delibera di adozione dello strumento urbanistico (art. 11, c. 3 d.lgs. 152/2006).

Sarebbero quindi viziati anche i successivi atti giuntali, che stabiliscono l’effettuazione dello screening relativo alla V.AS. dopo che il progetto di opera pubblica era stato approvato e dopo che la relativa variante di piano era già stata adottata.

Laddove si ritenga che la legislazione interna (nazionale e/o regionale) consenta – ovvero obblighi – di per sé l’effettuazione della procedura di VAS dopo l’approvazione di un progetto di opera pubblica e dopo la contestuale adozione di una variante urbanistica ed in relazione a quest’ultima, si ritiene che tale applicazione del diritto comunitario non sia conforme allo spirito della direttiva 27 giugno 2001, n. 200l/42/CE, per cui si chiede che le disposizioni interne incompatibili vengano disapplicate, con applicazione immediata e diretta del diritto comunitario.

In subordine, laddove persista il dubbio interpretativo in merito allo stesso diritto comunitario, si chiede che venga adita la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, per una questione interpretativa circa le modalità di sottoposizione a VAS di un piano urbanistico e/o sua variante,

6) Violazione di legge (d.lgs.3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal d.lgs 16.1.2008 n. 4 art. 12 – l. 7 agosto 1990, n. 241, art. 16) – Eccesso di potere; si sostiene che la delibera giuntale d.d. 9 febbraio 2009 (come successivamente rettificata dalla delibera Giuntale n. 43 d.d. 2 marzo 2009) sarebbe autonomamente illegittima perchè provvede alla trasmissione alle Autorità ecc di un "documento preliminare" in una fase in cui esso non potrebbe più ritenersi tale.

Vengono poi concessi trenta giorni per esprimersi allorquando la normativa prevede che lo spatium deliberandi sia più ampio.

M. I primi motivi aggiunti sono i seguenti:

7) Illegittimità derivata da quella degli atti presupposti.

8) Violazione di legge (art. 12 e allegati I e II del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) – Eccesso di potere – Difetto di istruttoria e di motivazione – Mancata considerazione dello stato di fatto – Travisamento – Disparità di trattamento -Illogicità

Si contesta che A.V. S.p.A, nel testo della relazione predisposta in data 23 dicembre 2008 ("rapporto preliminare ambientale"), dia atto delle caratteristiche del progetto e della variante di piano e dei suoi possibili impatti ambientali, ma continui ad ignorare Casa C., la braida circostante e la stessa esistenza del bosco che la circonda, per cui la relazione sarebbe incompleta, come pure il vaglio compiuto da tutte le Autorità coinvolte. Da ciò il deficit di istruttoria e la difettosa considerazione dello stato di fatto, che si tradurrebbe altresì in deficit di tipo motivazionale.

A.V. S.p.A, avrebbe continuato ad ignorare la proprietà C. e le sue caratteristiche, pur avendo invece richiamato immobili di assai minore pregio.

9) Violazione di legge ( dir. 27 giugno 2001, n. 2001/42/CE, art. 3 – d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, artt. 4 ss. – L.R. 6 maggio 2005, n. 1l, art. 6 – D.P.Reg. 20 marzo 2008, n. 086/Pres., art. 17) – illogicità – Difetto di motivazione

Si assume che la sequenza degli atti riguardanti il progetto del nuovo svincolo sarebbe inficiata da un’anomala inversione procedimentale. Nonostante le finalità sottese alla procedura di VAS sarebbero quelle di definire un quadro d’area vasta, verificando gli effetti indotti da un piano, su tutto il territorio interessato, detta procedura avrebbe seguito quella di assoggettabilità a VIA, conclusasi con il decreto regionale di non assoggettabilità a VIA n. 2701 del 14.11.2005, invece di precederla, così precludendo la possibilità di valutare preventivamente eventuali localizzazioni alternative per l’opera pubblica.

10) Violazione di legge (artt. 6 ss. d.lgs. 3 aprile 2006, n.152) -Illogicità ed errore di fatto – Contraddittorietà – Difetto di motivazione

Si contesta che il progetto di opera pubblica, e quindi la variante di Piano, vengano ricondotti alla ipotesi della verifica di assoggettabilità "per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2", mentre in realtà costituiva il secondo lotto di un progetto viabilistico più complesso che interessa, con i suoi effetti indiretti, tutta la bassa friulana e quindi la procedura di screening a fini VAS avrebbe dovuto essere compiuta in fase anteriore alla predisposizione ed alla approvazione del progetto di viabilità.

In ogni caso, quand’anche si fosse trattato di effetti limitati e circoscritti, e quindi fosse applicabile effettivamente la procedura di screening ai fini V.A.S., essa non poteva che sfociare nel riconoscimento dell’obbligo della sottoposizione a tale procedura, alla luce della stessa oggettività degli impatti, peraltro ammessa all’interno della stessa relazione di accompagnamento predisposta da A.V. S.p.A

11) Violazione di legge (art. 12 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – art. 16 l. 7 agosto 1990, n. 241)

Le disposizioni relative alla attività di verifica di assoggettabilità alla V.AS. vanno lette assieme a quelle dettate, in via generale, dalla l. 241/1990, e con le medesime devono essere necessariamente coordinate.

Nel caso di specie, pertanto, essendo mancato il parere richiesto alla Soprintendenza ai sensi dell’art. 12, c. 3 d.lgs. 152/2006, andava applicato quanto previsto dall’art. 16 1. 241/1990, disposizione che espressamente preclude (comma 3) la possibilità di procedere con l’adozione del provvedimento finale (in questo caso quello relativo al sub procedimento di verifica della assoggettabilità alla V.AS.) nel caso in cui l’Autorità tenuta a rendere "pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini" ometta di pronunciarsi espressamente.

12) Eccesso di potere – Sviamento dalla causa tipica; nell’assunto che il Comune si sarebbe trovato nella necessità di dover legittimare ex post, a qualsiasi costo, una scelta blindata e non più altrimenti modificabile.

Nuovamente si chiede poi la eventuale disapplicazione delle disposizioni interne incompatibili, con applicazione immediata e diretta del diritto comunitario o il rinvio alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee

N. Infine, questi sono i secondi motivi aggiunti:

13) Illegittimità derivata, da quella degli atti presupposti già impugnati.

14) Eccesso di potere -Illogicità – Perplessità – Violazione di legge (art. 32 bis, c. 4 L.R. 9 novembre 1991, n. 52); si sostiene che il Consiglio comunale, nel procedere alla approvazione della Variante allo strumento urbanistico, avrebbe dovuto esprimersi e decidere in merito alle osservazioni ed alle opposizioni degli interessati, mentre si sarebbe limitato a fare integrale rinvio, recependola, ad una relazione che è stata fatta predisporre ad A.V. S.p.A., quindi completata dal Dirigente comunale, in replica alle opposizioni ed osservazioni delle sig.re C..

Tale relazione, peraltro, non negherebbe che la proposta tecnica formulata dalle ricorrenti sia fattibile, ma farebbe intendere che non vi è l’intenzione di porre nuovamente mano al progetto.

Si sostiene pertanto che non sarebbe stata presa una "decisione" sulle opposizioni ed osservazioni, ma una delibera dal contenuto sostanzialmente vuoto e non provvedimentale, cui non può essere assegnata la valenza di effettiva delibera di approvazione ad una variante al P.R.G.C.

15) Eccesso di potere – Difetto di istruttoria e di motivazione – Violazione del principio di proporzionalità e del minimo mezzo – Omessa comparazione di tutti gli interessi, pubblici e privati, in gioco, in vista della attuazione del pubblico interesse – Violazione di legge ( art. 97 Cost.)

Vengono svolte analitiche critiche al contenuto della relazione "di commento", predisposta da A.V. S.p.A. e poi asseritamente "rielaborata e parafrasata dagli Uffici comunali".

Le ricorrenti, in particolare, insistono sul fatto che la loro nuova proposta progettuale viene ritenuta fattibile dal punto di vista normativo, contestano le ragioni per cui viene invece ritenuta di difficile realizzazione, sostenendo che tale conclusione deriverebbe dalla mancata volontà di A.V. di modificare gli elaborati di progetto già predisposti, e ritengono che A. fosse pertanto controparte interessata, e non già soggetto terzo in tutta la vicenda.

Alla luce di quanto sopra, perciò, si denuncia, oltre che il deficit di istruttoria, anche la violazione del principio di imparzialità e di buon andamento, espresso dall’art. 97 Cost.

Inoltre si sostiene che il Comune, nell’avere lasciato da parte l’alternativa proposta delle sig.re C., sia incorso nella violazione del principio di proporzionalità e di adeguatezza, che, tra le diverse soluzioni praticabili ed egualmente corrispondenti alla realizzazione del pubblico interesse, impone di privilegiare la scelta meno mortificante per gli interessi privati coinvolti.

16) Errore di fatto – Travisamento – Contraddittorietà tra provvedimenti approvati in momenti diversi dallo stesso Comune

Alla delibera con cui il Comune di Cervignano del Friuli ha approvato la Variante di Piano qui in contestazione è stata altresì allegata la nota d.d. 19 gennaio 2009, predisposta da A.V. S.p.A. e integralmente recepita e fatta propria dalla Amministrazione, dove si spiega come il tracciato di progetto della nuova viabilità sia stato obbligatoriamente spostato a sud (una prima previsione, infatti, lo localizzava a nord della proprietà C., risparmiandola pressoché del tutto), giacché occorreva evitare l’interferenza con il tracciato della linea ferroviaria ad Alta Velocità – Alta Capacità.

Si dimentica peraltro che la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Udine ed i Comuni della Bassa Friulana, interessati dal passaggio della linea ferroviaria A V – AC, avevano sottoscritto in data 30 gennaio 2008 un "Protocollo d’Intesa per la condivisione del tracciato della ferrovia AVIAC del Progetto Prioritario n. 6, comunemente detto Corridoio V, nella tratta fra i fiumi Isonzo e Tagliamento", recepito e fatto proprio formalmente anche dal Comune di Cervignano del Friuli, con la delibera di Consiglio Comunale n. 12 del 22 febbraio 2008, secondo cui il tracciato della linea ferroviaria è stato traslato di alcuni chilometri verso sud.

Da ciò l’errore e il travisamento di fatto.

Inoltre la delibera di approvazione qui impugnata sarebbe contraddittoria rispetto alla precedente delibera n. 12 del 22 febbraio 2008, con la quale si era preso atto del definitivo tracciato della linea ferroviaria.

Il "passaggio a nord" non sarebbe più destinato ad impattare con la linea A V – AC, per cui non vi sarebbero più ragioni per imporre il passaggio del nuovo collegamento stradale attraverso la proprietà C., e vi sarebbe quindi tutto il margine per poter rivedere da capo il progetto di A.V. S.p.A., che non sarebbe più una scelta obbligata, ma una ipotesi tra le diverse alternative praticabili.

17) Eccesso di potere – Difetto di motivazione – Errore di fatto – Istruttoria carente ed insufficiente – Travisamento – Violazione del principio di proporzionalità e del minimo mezzo; nell’assunto che,

nella nota d.d. 15 maggio 2009 (relazione predisposta da A.V. S.p.A. in controdeduzione alle osservazioni delle ricorrenti), si continuerebbe a snobbare con sufficienza la presenza di un complesso di pregio, senz’altro unico nel territorio di Cervignano del Friuli; così farebbe anche il Comune di Cervignano, nell’allegato alla delibera predisposto dall’Ufficio Tecnico ("si ritiene, per quanto di competenza, che l’area verso la quale si avanzano pretese di pregio non sia da considerarsi di particolare rilievo paesaggistico e comunque non più di qualsiasi altra area rurale, con caratteristiche simili, presente all’interno del territorio comunale. Tale valutazione è sostenuta dalla mancanza di considerazioni in senso opposto, da parte delle autorità preposte in materia paesaggistico – culturale").

In questo modo si continuerebbe a non considerare la documentazione storica, allegata assieme alle osservazioni.

Inoltre, trattandosi di vincolo imposto di fatto su di una sola proprietà, sulla Amministrazione gravava un obbligo di particolare e pregnante e motivazione.

18) Eccesso di potere – Errore di fatto sotto ulteriore profilo – Travisamento – Istruttoria omessa e/o insufficiente – Violazione di legge (artt. 6 ss L.R. 23 aprile 2007, n. 9) – Violazione del principio di proporzionalità; per l’omessa considerazione dell’esistenza di una ampia superficie boscata, di quasi nove ettari, interessata da un programma di durata trentennale oggetto di contribuzione comunitaria (Reg. CEE 2080/1992). Dalla nota d.d. 15 maggio 2009, allegata alla delibera di approvazione, si evincerebbe che i redattori del progetto erano consapevoli della esistenza della superficie alberata, ma che l’esistenza del bosco sarebbe stata ricordata solo in via "postuma", con tale nota.

Si ritiene inoltre che gli effetti che l’attuazione del progetto avrà sulla proprietà delle ricorrenti non siano assolutamente paragonabili a quelli che si determineranno sulle altre proprietà toccate dal tracciato della nuova strada: la proprietà delle ricorrenti sarà tagliata in due, il bosco pressoché distrutto; nel territorio circostante, invece, ci si limiterà a transitare attraverso aree agricole del tutto prive di pregio ambientale e paesaggistico.

Anche sotto questo profilo vi sarebbe stata una violazione del principio di proporzionalità oltre alla violazione delle disposizioni regionali di tutela delle superfici boscate.

19) Violazione di legge (art. 12 e allegati I e II del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) – Eccesso di potere – Difetto di istruttoria e di motivazione – Mancata considerazione dello stato di fatto – Travisamento – Disparità di trattamento – Illogicità; per le considerazioni già esposte con il motivo n. 8 dei primi motivi aggiunti.

20) Violazione di legge (dir. 27 giugno 2001, n. 200l/42/CE, art. 3 – d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, artt. 4 ss. – L.R. 6 maggio 2005, n. 11, art. 6 – D.P.Reg. 20 marzo 2008, n. 086/Pres., art. 17) – Illogicità – Difetto di motivazione -Illegittimità derivata; per le considerazioni già esposte con il motivo n. 9 dei primi motivi aggiunti.

21) Violazione di legge (artt. 6 ss. d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) – Illogicità ed errore di fatto – Contraddittorietà – Difetto di motivazione; per le considerazioni già esposte con il motivo n. 10 dei primi motivi aggiunti.

22) Violazione di legge (art. 12 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – art. 16 l. 7 agosto 1990, n. 241); per le considerazioni già esposte con il motivo n. 11 dei primi motivi aggiunti.

23) Eccesso di potere – Sviamento dalla causa tipica per le considerazioni già esposte con il motivo n. 12 dei primi motivi aggiunti.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Cervignano del Friuli e la Regione FVG, controdeducendo per il rigetto ed eccependo l’inammissibilità di varie censure perché rivolte a censurare scelte discrezionali.

Motivi della decisione

Il Collegio ritiene di precisare anzitutto che le prescrizioni urbanistiche impartite nell’esercizio della potestà pianificatoria, come tutte le scelte urbanistiche lato sensu intese, sono espressione di ampia discrezionalità nel definire la tipologia delle utilizzazioni delle singole parti del territorio. Esse pertanto, impingendo nel merito dell’azione amministrativa, non sono sindacabili, salvo che risultino manifestamente illogiche perchè incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio o palesemente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio, ovvero affette da vizi macroscopici di logicità e razionalità riconducibili all’alveo dell’eccesso di potere.

La discrezionalità che connota le scelte pianificatorie non viene meno allorquando lo strumento urbanistico contempli la localizzazione di opere pubbliche e, di conseguenza, comporti (una volta approvato) l’apposizione di vincoli preordinati all’esproprio, fermo restando un obbligo di motivazione, alla luce degli apporti partecipativi dei privati. E’ infatti indubbio che la scelta relativa alla localizzazione di un’opera pubblica è sottratta al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo, salvo sia affetta da vizi di manifesta illogicità, travisamento o contraddittorietà.

Per quanto attiene al presente gravame il Collegio deve rilevare che tutte le censure che si appuntano sulla scelta dell’area per la localizzazione dell’opera pubblica – scelta eminentemente discrezionale – sono sostanzialmente costruite sulla diversa valutazione delle ricorrenti in ordine al valore ambientale della loro proprietà ed alla validità delle scelte tecniche operate dall’amministrazione.

In particolare il primo motivo di ricorso, che si basa sull’asserita insufficiente considerazione da parte dell’amministrazione comunale, in sede di controdeduzioni alle osservazioni delle ricorrenti (allegato A alla delibera di adozione della variante 75 al P.R.G.C.), del particolare pregio culturale che caratterizzerebbe il complesso immobiliare (casa padronale e "braida") parzialmente interessato dal vincolo preordinato all’esproprio, con acritica recezione della condotta inerte della Soprintendenza, è inammissibile prima ancora che infondato; infatti il più volte affermato pregio culturale e ambientale dell’azienda agricola è il risultato di un giudizio personale, indimostrato e indimostrabile, e per ciò inidoneo a giustificare una diversa scelta localizzativa dell’opera pubblica. Infatti risulta corretto il rilievo che l’immobile non è soggetto né a vincoli storico- artistici, né paesaggistici e di per sè il mancato intervento di uno specifico pronunciamento da parte delle autorità preposte alla tutela dei beni di interesse storico – artistico esime il Comune dalla necessità di approfondire in alcun modo le diverse allegazioni svolte dalle ricorrenti che ben avrebbero potuto sollecitare un diretto intervento della Soprintendenza per l’apposizione del vincolo storicoartistico a tutela dell’asserita rilevanza del loro compendio immobiliare.

Nel caso di specie, pertanto, l’assenza di vincoli interessanti l’area risulta incontestabile, così come la riportata classificazione azzonativa (E6) inclusiva anche dell’area boscata, per cui la prima censura si risolve in una inammissibile critica alle scelte pubbliche rientranti nel merito dell’azione amministrativa.

Sia il secondo motivo che il n. 18, entrambi relativi o all’omessa considerazione dell’area boscata, sono infondati perché la citata normativa comunitaria si limita ad istituire un regime di aiuti a favore di chi proceda all’imboschimento di superfici agricole o al miglioramento delle stesse, con imposizione di vincolo di mantenimento del bosco a carico del privato beneficiario del contributo, ma non pone vincoli all’esercizio della pianificazione comunale o limiti all’espropriabilità delle aree. Parimenti inconferente è il richiamo alla definizione di bosco contenuta nella l.r. 9/07. Infatti detta area non riveste le caratteristiche di un bosco (e, quindi, una superficie con estensione superiore a 2.000 metri quadrati, larghezza media superiore a 20 metri e copertura arborea superiore al 20 per cento), ai fini della normativa di tutela paesaggistica, di cui peraltro nemmeno si lamenta espressamente la violazione. Le controdeduzioni in sede di adozione hanno escluso, comunque, che si trattasse di area vincolata e, in sede di approvazione, ciò è stato ribadito al paragrafo 3.1, né risultano addotti elementi di prova atti a dimostrare che parte delle realità di proprietà C. fosse vincolata ex art. 142 comma 1 lett. g) del d.lgs. 42/04, contrariamente a quanto riportato dall’amministrazione comunale ed emergente dallo strumento urbanistico generale vigente.

Non va poi dimenticato che dalla documentazione versata in atti dalle stesse ricorrenti si evince che i lavori di impianto delle piante dell’area boscata de qua non erano ancora iniziati alla data del 18 ottobre 1999 e che il piano di imboschimento prevedeva l’impianto di quattro specie arboree di turno pari a trenta anni, il che esclude in radice l’esistenza dei requisiti previsti dall’art. 7 della l.r. 9/07 per poter parlare di bosco.

Ad ogni modo, nemmeno la conclamata presenza di un’area boscata soggetta a tutela paesaggistica sarebbe di per sé ostativa alla localizzazione di un’opera pubblica e, nel caso di specie, l’amministrazione risulta aver comunque assolto a quell’onere motivazionale più approfondito che si pone in tali casi, avendo dato atto, da un lato, dell’assenza di caratteristiche monumentali e

dell’impianto recente e, dall’altro, della prevalenza dell’interesse pubblico alla localizzazione della rotatoria in zona che consenta una riorganizzazione della viabilità, eliminando snodi pericolosi, nonchè evitando strutture in elevazione ed interferenze con la linea ferroviaria Cervignano- Udine.

Inammissibili sono poi i motivi n. 3 e 4 e 16,

Con tali motivi si lamenta sostanzialmente:

A) il carente esame dell’alternativa progettuale proposta dalle ricorrenti in sede di osservazioni; infatti il percorso cd. alternativo avrebbe consentito di mantenere integro l’impianto urbanistico di Strassoldo. Inoltre, a dire delle ricorrenti, non comporterebbe raggi di curvatura inferiori a quelli del progetto, interessando aree con identica zonizzazione, ma di pregio inferiore rispetto alla proprietà C., sotto il profilo storico e ambientale. Consentirebbe altresì un posizionamento meno "eccentrico" della prevista rotatoria, determinando ulteriori vantaggi, sotto il profilo dell’interferenza con il metanodotto e una roggia, nonché della logicità del percorso;

B) l’erronea supposizione che il tracciato della linea ferroviaria ad alta velocità possa interessare aree ove si è preferito evitare la collocazione dello svincolo, unitamente ad un travisamento dei contenuti del piano regionale della viabilità.

Il Collegio peraltro rileva, quanto al primo aspetto, che il Comune di Cervignano del Friuli ha esposto, nell’ambito delle controdeduzioni alle osservazioni, una molteplicità di ragioni di ordine tecnico anche singolarmente sufficienti a suffragare, sotto il profilo motivazionale, la prevista localizzazione dell’opera pubblica.

La proposta alternativa viene superata alla luce del fatto che:

"risulta essere molto più vicina alle abitazioni esistenti;

non tiene in considerazione la prosecuzione della viabilità in progetto al fine del collegamento con il casello autostradale;

non si preoccupa di risolvere l’intersezione con Via S.Marco, rischiando, tra l’altro, di tagliare fuori dall’abitato di Strassoldo l’esistente casa Zampar;

presenta la necessità di realizzare un "ulteriore intersezione con un incremento sia in termini di impatto che di costi;

prospetta la realizzazione di una curva con raggio inferiore a quello di progetto"

Le ricorrenti a loro volta contestano le critiche comunali al tracciato alternativo da loro proposto, addentrandosi ripetutamente nel merito della scelta comunale. Vengono formulati giudizi di "eccentricità quanto al previsto posizionamento della rotatoria, sostenuti pretesi benefici sotto il profilo della logicità del tracciato o delle ipotizzate interferenze con una roggia o il metanodotto.

Al riguardo il Collegio non può che rilevare che le critiche alle scelte progettuali del Comune non evidenziano la commissione di palesi errori o fraintendimenti della situazione di fatto da parte del pianificatore e quindi di quella manifesta illogicità e/o contraddittorietà che legittimerebbe il sindacato giurisdizionale rispetto alla valutazione di merito discrezionalmente effettuata dall’amministrazione.

L’unico errore asseritamente commesso attiene alla valutazione del raggio di curvatura del percorso alternativo che, invece, si assume essere identico a quello di progetto; peraltro, anche a prescindere dal fatto che l’assunto è formulato in modo apodittico, risultando sfornito di prova e che già per questo risulta inidoneo a scalfire la legittimità della motivazione, in ogni caso, l’asserita identità del raggio di curvatura del percorso proposto dalle ricorrenti rispetto a quello del progetto approvato dal Comune non sarebbe comunque motivo di una necessaria valutazione migliore del progetto alternativo rispetto a quello approvato. Inoltre, non vi è neppure prova che tale contestazione sia tecnicamente corretta, tanto che, in sede di osservazioni al piano adottato, le ricorrenti hanno proposto una nuova alternativa progettuale, modificando il raggio di curvatura, come osservato dall’amministrazione comunale e dalla A.V. in sede di controdeduzioni.

La pretesa non conformità dell’opera al piano regionale è dedotta in maniera del tutto generica al punto di rendere la censura inammissibile; in ogni caso è evidente che il piano regionale contemplava la generale previsione in zona di tale opera ma non la sua specifica ubicazione.

Parimenti generica e pertanto inammissibile e per il resto infondata è la censura fondata sulla pretesa non conformità dell’opera al Piano Regionale della Grande Viabilità e sul fatto che il percorso della cosiddetta Alta Velocità interesserebbe una zona più a sud del territorio comunale.

Infatti dal rapporto ambientale preliminare si nota chiaramente come lo svincolo contestato segua il nuovo tracciato viario in previsione, che costeggia (a ovest) l’abitato di Strassoldo.

Quanto all’ubicazione del tracciato della c.d. Alta Velocità, che risulta essere stato indubbiamente spostato rispetto al tracciato preso in considerazione all’epoca della redazione del progetto de quo, non se ne può trarre vizio invalidante della scelta, sia perché trattasi di considerazione non decisiva al fine di sorreggere l’apparato motivazionale della variante 75 al P.R.G.C., sia perché in ogni caso, alla data di approvazione della variante 75 al PRGC, non era stata nemmeno avviata la procedura di VIA riguardante il nuovo percorso ferroviario. Pertanto, dato che lo strumento urbanistico comunale non prevede la localizzazione di detto tracciato, il Comune non poteva tener conto che della posizione della linea ad alta velocità quale risultante dal progetto preliminare.

Non si può quindi ravvisare alcuna contraddittorietà rispetto al protocollo d’intesa recepito dal Comune di Cervignano nel 2008, perché la delibera consiliare n. 12 del 22 febbraio 2008 che ha approvato il "protocollo d’intesa per la condivisione del tracciato della ferrovia AV/AC del progetto prioritario n. 6.." rappresenta un orientamento politico e non un provvedimento amministrativo, tanto è vero che nel protocollo suddetto "le parti concordano" in relazione a quello che dovrebbe essere il nuovo tracciato ferroviario e precisano che RFI dovrà al riguardo depositare un nuovo progetto preliminare su cui dovrà ancora esser attivata la procedura di VIA regionale, che in effetti, come già osservato, alla data di approvazione della variante n. 75 non risultava ancora avviata.

Non va infine dimenticato che la problematica in questione è stata espressamente considerata nelle controdeduzioni alle osservazioni dei cittadini allegato A alla delibera consiliare dd 23.1.2009, dove si afferma espressamente, a conclusione dell’esame delle ragioni per cui il progetto elaborato veniva ritenuto preferibile a quello alternativo proposto dalle ricorrenti "Tutto ciò premesso e nonostante la sopravvenuta possibile modifica delle previsioni di tracciato della linea A.V. si continua a ritenere la proposta progettuale oggetto di variante preferibile, in quanto ritenuta migliorativa dal punto di vista degli impatti…"

Anche il motivo n. 16 si rivela quindi inammissibile prima ancora che infondato.

I motivi n. 5, 9, 12 e 20 si appuntano nei confronti delle modalità con cui è stata esperita la verifica di assoggettabilità a VAS del progetto dell’opera pubblica, che non ha preceduto l’adozione della variante 75, ma è intervenuta dopo e quindi quando le scelte localizzative non erano più suscettibili di modifica.

La censura muove essenzialmente dal fatto che l’art. 11 del T.U.A., così come riscritto a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 4 del 2008 – applicabile ratione temporis alla fattispecie in oggetto (la verifica di assoggettabilità è stata disposta all’inizio del 2009) – impone l’espletamento della valutazione ambientale contestualmente al processo di formazione del piano. Tenuto conto della finalità di individuare possibili alternative alla scelta operata dal soggetto proponente il piano, secondo la tesi delle ricorrenti, la VAS dovrebbe essere avviata in un momento anteriore alla fase dell’adozione dello strumento urbanistico. Ciò troverebbe conferma altresì nel tenore letterale dell’art. 4 della Direttiva 42/0l.

Sotto altro connesso profilo, evidenziato con il primo ricorso per motivi aggiunti e ribadito nel secondo ricorso per motivi aggiunti, si assume che la sequenza degli atti riguardanti il progetto del nuovo svincolo sarebbe inficiata da un’anomala inversione procedimentale. Nonostante le finalità sottese alla procedura di VAS, di definire un quadro d’area vasta verificando gli effetti indotti da un piano sul territorio interessato, detta procedura sarebbe stata eseguita dopo quella di verifica di assoggettabilità a VIA, conclusasi con il decreto regionale del 14 novembre 2005, precludendo così, a dire delle ricorrenti, la possibilità di valutare preventivamente eventuali localizzazioni alternative per l’opera pubblica oggi contestata.

Il Collegio ritiene che le argomentazioni delle ricorrenti non possano essere condivise perché muovono da un’interpretazione rigidamente letterale delle disposizioni in tema di VAS che non tiene conto né delle finalità della direttiva CE 42/01 e della normativa attuativa interna, né delle regole che disciplinano le scansioni delle procedure pianificatorie,

Innanzitutto si rileva che l’art. 11 del d.lgs 252/2006 individua, quale unico limite temporale inderogabile per l’espletamento della valutazione ambientate, la data di "approvazione" del piano, e non quella dell’adozione, tanto da dichiarare espressamente annullabili solo i provvedimenti con cui si conclude l’iter di approvazione degli strumenti pianificatori, ove non siano stati preceduti dal subprocedimento in questione.

Il Collegio ritiene poi che l’art. 4 della Direttiva 42/01 non possa trovare applicazione letterale nell’ambito delle procedure pianificatorie, dato che il termine adozione " adoption" utilizzato dal legislatore comunitario non coincide con l’accezione utilizzata dalla normativa interna in materia urbanistica, indicando invece la conclusione del procedimento pianificatorio. Nella disposizione comunitaria citata, infatti, non è contemplato alcun riferimento al fatto che la gran parte dei procedimenti pianificatori, quanto meno all’interno del nostro ordinamento, si connota per la prevista necessità di una doppia valutazione degli elaborati da parte dell’organo deliberante. Il Collegio ritiene, pertanto, indubbio che la Direttiva faccia riferimento, con il termine adozione, all’atto finale della sequenza procedimentale, lasciando agli stati membri definire nel dettaglio le modalità procedurali, tanto più che trattasi di norma non avente natura self executing, come si evince dall’ottavo "considerando", secondo cui "Occorre pertanto intervenire a livello comunitario in modo da fissare un quadro minimo… che… lasci agli Stati membri il compito di definire i dettagli procedurali"

Tra l’altro, va considerato anche che, se la disposizione di fonte comunitaria intendesse far riferimento solo alla prima fase deliberativa sul piano e cioè quella che si conclude con la sua adozione, ne deriverebbe l’inaccettabile conseguenza che, in caso di modifiche rilevanti sotto il profilo ambientale, conseguenti al recepimento di osservazioni, opposizioni o riserve, il piano poi effettivamente destinato ad essere approvato sarebbe di fatto diverso da quello sottoposto a procedura di VAS, con conseguente vanificazione della ratio dell’istituto.

Non a caso, infatti, l’art. 66 del T.U.A., disciplinante la procedura di approvazione dei piani di bacino, prevede espressamente l’espletamento della VAS in un momento immediatamente successivo all’adozione dello strumento di pianificazione. Inoltre, tenendo presente le disposizioni che disciplinano il procedimento di approvazione di una variante al plano regolatore, l’effettuazione della VAS ante adozione comporterebbe che la consultazione del pubblico interessato, o delle autorità con competenza ambientale nella verifica di assoggettabilità, debba avvenire già dopo l’emanazione delle direttive, in un momento in cui è sicuramente impossibile operare un’esaustiva valutazione ambientale degli effetti cumulativamente indotti da un piano che di fatto non esiste ancora.

La procedura seguita dal Comune di Cervignano del Friuli, pertanto, appare corretta e conforme al dettato comunitario. Nel corso della predisposizione della proposta di piano, è stato elaborato il rapporto ambientale preliminare, reso conoscibile all’atto dell’adozione. E’ stata, quindi, svolta la procedura di verifica di assoggettabilità, con consultazione delle autorità competenti in materia ambientale in epoca precedente all’approvazione e, in ragione del parere contrario reso dall’organo competente, si è proceduto all’approvazione dello strumento urbanistico

I motivi di ricorso 5, 9, 12 e 20, comprensivi dell’eccezione pregiudiziale comunitaria, pertanto, vanno respinti.

Va ulteriormente chiarita anche la legittimità di rapporto procedimentale tra l’intrapresa procedura di verifica di assoggettabilità a VAS e la diversa procedura di verifica di assoggettabilità a VIA.

La variante 75 al P.R.G.C. costituisce infatti il risultato di una procedura instaurata ai sensi degli artt. 10 c. 2 del d.P.R. 327/01 e 127 della l.r. 52/91, essendo finalizzata all’approvazione del progetto di un’opera pubblica e all’apposizione di un vincolo preordinato all’esproprio. La declaratoria di pubblica utilità precede quindi per scelta normativa la fase di apposizione del vincolo. Sono le norme citate, pertanto, a consentire la previa predisposizione del progetto e il successivo recepimento della relativa localizzazione nello strumento urbanistico.

Ciò non significa che non vi sia stato contraddittorio sull’aspetto localizzativo, essendo stato garantito dalla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 11 del d.P.R. 327/01, dall’esame delle osservazioni e dalla sottoposizione del piano, prima della sua approvazione, alla procedura di verifica di assoggettabilità a VAS.

Non è nemmeno singolare il fatto che il progetto dell’opera pubblica sia stato previamente assoggettato a verifica di assoggettabilità a VIA, dato che il decreto regionale 2701/05 è stato emesso il 14 novembre 2005, e quindi in epoca anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 4/08, di riforma del T.U.A., e, comunque, in un momento in cui la L.R. n. 11/05 non trovava ancora piena applicazione, dovendo essere emanata la regolamentazione attuativa di cui all’art. 4.

Anche se nel caso di specie potrebbe forse porsi il problema dell’eventuale necessità di sottoporre il progetto a nuova verifica di assoggettabilità a VIA, secondo le disposizioni del d.lgs. 4/08, nel frattempo entrato in vigore, la previa emissione del decreto regionale 2701/05 (provvedimento che peraltro non è stato nemmeno impugnato) non vizia comunque la procedura in esame.

Anche le violazioni delle norme in tema di procedimenti consultivi contestate con i motivi 6, 11 e 22 sono prive di pregio.

Innanzi tutto va chiarito che il c. 2 dell’art. 12 del d.lgs 152/06 prevede il termine di 30 giorni come termine per l’espressione del parere e non come temine per la trasmissione del documento preliminare successivamente alla sua approvazione. Infatti il comma succitato recita:

" L’autorità competente in collaborazione con l’autorità procedente, individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il parere è inviato entro trenta giorni all’autorità competente ed all’autorità procedente" e la chiarezza del testo letterale è, ad avviso del Collegio, esimente da qualsiasi commento.

Per quanto poi già chiarito a proposito della correttezza dell’impostazione della procedura di VAS seguita dal Comune è evidente anche che il documento preliminare che andava trasmesso non poteva essere che il rapporto preliminare allegato alla delibera di adozione del piano e quindi in tale sede ufficializzato.

L’omessa acquisizione di un parere da parte della Soprintendenza, rimasta inerte, non consentiva poi l’applicazione dell’art. 16 c. 3 della 1. 241/90 dato che la Soprintendenza, pur essendo stata individuata nella delibera 28/09 della Giunta comunale, non costituisce organo consultivo chiamato obbligatoriamente ad esprimersi sull’assoggettabilità del piano a VAS. L’art. 4 della l.r. 16/08, infatti, nel definire quali siano i "soggetti competenti in materia ambientale", non cita la Soprintendenza che, anche in linea generale, applicando l’art. 12 del TUA e il d.m. 233/07 (recante la riorganizzazione degli organi del MLB.A.C.), non può essere considerata organo titolare di detta sfera di competenze. Dalla facoltatività del parere richiesto alla Soprintendenza discendeva, in ogni caso, la legittima facoltà della Giunta Comunale di concludere la procedura di verifica di assoggettabilità, prescindendo dall’espressione del suo parere.

I motivi di ricorso in oggetto, pertanto, sono palesemente infondati e vanno respinti.

I motivi di ricorso n. 8 e 19 non sono che delle ripresentazioni, articolate con argomentazioni leggermente diverse, della prima censura e quindi sono inammissibili in quanto, sotto il profilo del difetto di istruttoria, mancata considerazione dello stato di fatto, travisamento e disparità di trattamento, non fanno che riproporre il convincimento delle ricorrenti che la propria proprietà presentasse dei particolari pregi che non sono stati considerati e che la avrebbero resa, in realtà, maggiormente degna di considerazione e tutela di altri immobili che hanno invece goduto di diversa considerazione. E’ evidente al riguardo che, come già chiarito a proposito del primo motivo, si va in questo modo ad impingere nel merito della valutazione discrezionale fatta dall’amministrazione, il che comporta l’inammissibilità delle censure; infatti non vengono portati dati di fatto atti a dimostrare una manifesta illogicità o contraddittorietà di tale valutazione, che si basa comunque sui dati forniti dal Centro Regionale di Catalogazione e Restauro dei Beni Culturali di Villa Manin, oltre che sulla comprovata assenza di vincoli storicoartistici interessanti il fabbricato delle ricorrenti, che, oltre tutto, come più volte osservato dall’amministrazione, non è nemmeno interessato direttamente dall’esproprio (che riguarda, invece, solo parte della cd. braida).

Con i motivi di ricorso n 10 e 21 viene sostanzialmente dedotto che, illegittimamente, la procedura di VAS si sarebbe focalizzata sul solo svincolo progettato, senza tener conto del fatto che l’opera costituirebbe solo parte di un progetto viabilistico più complesso, artificiosamente frazionato dal proponente.

In questo modo peraltro le ricorrenti "esportano" nell’ambito della valutazione ambientale strategica un principio che è stato affermato con riguardo alla VIA, e che trova la propria fonte normativa di riferimento nell’art. 2 del d.P.R. 377/88. Anche volendo ammettere che l’opera pubblica costituisca solamente una porzione non autonoma di un tronco stradale (ma così non può ritenersi perché l’opera va considerata nell’ambito dei confini dell’amministrazione cui compete attivarsi) in ogni caso il Collegio ritiene che tale principio non potrebbe mai portare, nell’ambito della valutazione ambientale strategica, ad uscire dai confini del piano comunale al cui territorio è ristretta la valutazione degli effetti dell’opera.

Diversamente opinando si dovrebbe ritenere addirittura che, dato che l’opera pubblica in questione rientra nella previsione delle modifiche al tracciato viario funzionali al collegamento tra l’Interporto (e quindi la S.S. n. 14 "Triestina"), la S.S. n. 352 e, in prosecuzione, il casello autostradale di Palmanova ed il prefigurato collegamento viario PalmanovaManzano – già previste con il Piano Regionale Integrato dei Trasporti approvato con il decreto del Presidente della Giunta Regionale 9.12.1998, saremmo del tutto al di fuori dalla procedura di VAS, ratione temporis. Anche questi motivi sono pertanto infondati.

Con il quattordicesimo motivo le ricorrenti sostanzialmente contestano, a prescindere dai contenuti, il modo con cui l’amministrazione ha controdedotto alle osservazioni dei cittadini in sede di approvazione della variante 75. Non risulta peraltro che il comune, approvando, come di prassi, un documento contenente le controdeduzioni predisposte dai tecnici, abbia violato alcuna normativa nè tanto meno esiste alcun principio che vieti di far proprie, nell’ambito delle controdeduzioni, in particolare nel caso di una variante semplificata ai sensi dell’art. 127 della l.r. 52/91, valutazioni tecniche espresse proprio dal soggetto pubblico che propone il progetto e che, quindi, meglio di altri ne conosce le caratteristiche.

Peraltro, il documento comunale non costituisce un mero recepimento del parere di A.V.. Il Comune, infatti, – in più occasioni, dopo aver richiamato le controdeduzioni di A.V., ha messo in luce ulteriori aspetti o suffragato la valutazione del proponente, (vedasi ad esempio quanto osservato a proposito dell’osservazione 3.1. e/o la nuova osservazione n. 4) dimostrando di aver operato anche un’autonoma valutazione del progetto, sottoponendo ad un vaglio amministrativo anche il materiale tecnico fornito da A.V.. La censura si rivela pertanto infondata.

Per quanto infine riguarda i rimanenti motivi 15 e 17 va detto, in primis, che vengono riproposte critiche alle scelte discrezionali dell’autorità comunale sul presupposto dell’intrinseco pregio della proprietà delle ricorrenti, del danno arrecato alla funzionalità dell’azienda agricola, della non imparzialità di A.V. e sul fatto che il progetto alternativo presentato dalle ricorrenti non aveva sostanzialmente riportato un giudizio tecnico negativo.

Si tratta di argomentazioni per la gran parte inammissibili e per il resto infondate. Si è già detto più volte che il convincimento personale delle ricorrenti circa il particolare pregio della loro proprietà non è, per l’appunto, che un convincimento personale non idoneo a radicare un obbligo di particolare motivazione o istruttoria da parte dell’amministrazione che ben poteva limitarsi, come ha fatto, a constatare l’assenza di particolari vincoli di tutela. Il danno recato alle ricorrenti è innegabile ma l’amministrazione ha dato contezza delle ragioni di pubblico interesse che risiedevano alla base della sua scelta di localizzazione e le ricorrenti – come si è già visto – non ne hanno potuto dimostrare alcuna palese illogicità e/o contraddittorietà; nè questa può, ovviamente, essere ravvisata nel fatto che vi erano altre proprietà che potevano essere danneggiate, ma in misura forse minore, se l’opera pubblica fosse stata ivi localizzata. Si è già visto anche che il Comune non si è acriticamente appiattito sulla scelta di A. ma ha mostrato di motivatamente condividerla.

Infatti ogni singola osservazione delle odierne ricorrenti è stata oggetto di puntuale controdeduzione, a dimostrazione, sotto il profilo tecnico, che anche la nuova proposta alternativa delle signore C. è stata esaminata e ritenuta non accettabile. Schematizzando il ragionamento dell’amministrazione, è stato messo in luce come il tracciato alternativo finirebbe per interessare superfici maggiori, collocandosi più vicino ad una molteplicità di abitazioni esistenti (con conseguente maggior sacrificio di un maggior numero di interessi privati) e comporterebbe altresì la necessità di realizzare un cavalcavia in elevazione (viceversa escluso dalla variante) quindi con un impegno di spesa decisamente superiore.

Ciò premesso è evidente che, anche con queste censure, le ricorrenti vanno a svolgere inammissibili critiche attinenti al merito dell’attività amministrativa discrezionale.

Per tali ragioni anche i motivi in oggetto si rivelano inammissibili, con conseguente rigetto del ricorso comprensivo dei due atti di motivi aggiunti.

Le spese possono essere compensate tra le parti per giusti motivi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto e comprensivo degli atti di motivi aggiunti, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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