Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 28-07-2011, n. 30053 Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Genova confermò la sentenza emessa il 3 febbraio 2010 dal giudice del tribunale di La Spezia, che aveva dichiarato C.A.M. colpevole dei reati di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c) ed al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, per avere eseguito, senza permesso di costruire e senza autorizzazione ambientale, in zona sottoposta a vincolo paesistico, una struttura in mattoni di dimensioni di m. 8,70 x 4,20, con altezza della parete sul retro di m. 4,50 e sul davanti di m. 3,50, costituente ampliamento di un manufatto rettangolare, condannandola alla pena ritenuta di giustizia.

L’imputata propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ed esponendo: che nel lontano 12 novembre 1985 il padre della ricorrente presentò una istanza di condono edilizio per un fabbricato rurale; che il provvedimento di condono fu emesso solo il 14 maggio 2007 e conteneva, su indicazioni del Parco delle Cinque Terre, nel frattempo istituito, delle prescrizioni che prevedevano, tra l’altro, la realizzazione di una copertura in abbadini di ardesia, con obbligo di comunicazione dell’inizio lavori; che la ricorrente, quale proprietaria e quale direttrice dei lavori, presentò il 7 settembre 2007 la necessaria comunicazione, evidenziando che per poter realizzare la copertura a falda inclinata con abbadini in ardesia era necessario consolidare le murature perimetrali; che il comune non aveva obiettato nulla; che però successivamente i vigili urbani contestarono l’inspessimento dei muri ed un loro leggero innalzamento.

Ciò premesso eccepisce che non si è avuto aumento di volume, perchè secondo la giurisprudenza amministrativa, il maggior ingombro conseguente alla modifica della copertura da piana ad una falda, non costituisce spazio urbanisticamente rilevante ma volume tecnico.

Nemmeno vi è stato aumento di superficie, che urbanisticamente è solo quella calpestarle ed utilizzabile e non l’area di sedime occupata dalle murature. Osserva che aveva agito in perfetta buona fede e per ottemperare a delle prescrizioni assolutamente generiche ed imprecise impartite dall’ente parco in sede di autorizzazione paesaggistica e poi riportate sul provvedimento di condono. I nuovi lavori quindi sicuramente non necessitavano di un nuovo permesso di costruire, trattandosi di opere che erano state addirittura pretese dalla pubblica amministrazione per concedere un condono richiesto 22 anni prima.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato.

Quanto allo ispessimento dei muri, la corte d’appello ha accertato che vi era stato il sostanziale raddoppio dei muri perimetrali avvenuto non già all’interno del manufatto, bensì all’esterno, mediante la collocazione in aderenza di un pannello isolante e di un nuovo muro in mattoni. Da ciò è derivato un aumento della superficie dell’area di sedime occupata, come esattamente ritenuto dalla corte d’appello, in mancanza di un valido titolo abilitativo.

Quanto all’innalzamento dei muri perimetrali, la corte d’appello ha, con congrua ed adeguata motivazione, accertato che la nuova copertura si sarebbe potuta realizzare con una minima inclinazione, mentre i muri sono stati innalzati ben al di là di quanto sarebbe stato necessario. Correttamente, pertanto, la corte d’appello ha ritenuto essersi in tal modo determinato un aumento della volumetria utile. E’ inconferente il richiamo fatto dalla ricorrente ad una giurisprudenza amministrativa di merito, secondo cui la modifica della copertura da piana ad una falda non costituirebbe spazio urbanisticamente rilevante, trattandosi di sovrastruttura tecnica, funzionale alla copertura e quindi qualificabile come volume tecnico. Ciò potrebbe essere condivisibile nel caso in cui la modifica fosse stata fatta lasciando o riposizionando comunque alla stessa altezza il soffitto del vano abitabile, mentre dalle sentenze di merito non risulta che nella specie si sia operato in questo modo ma che sia stato invece aumentato anche il volume degli spazi abitabili. In ogni modo, secondo l’accertamento in fatto dei giudici del merito, nel caso in esame l’innalzamento dei muri, e quindi l’aumento della volumetria, è stato maggiore di quello che sarebbe stato strettamente necessario per modificare la copertura.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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