T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 10-08-2011, n. 1243 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente partecipava alla gara per l’affidamento dei servizi di gestione integrata dei rifiuti igiene ambientale, che si è svolta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (50 punti per la proposta tecnica e 50 per la componente economica). L’importo annuo stimato era di Euro 557.680,10 Iva esclusa, per un ammontare nel quadriennio (dall’1/1/2011 al 31/12/2014) di 2.230.720,40 Euro, salva l’opzione per un ulteriore quadriennio esercitabile dalla stazione appaltante (per una somma complessiva di Euro 4.461.440,80).

Riferisce C.G. che a suo avviso i plichi delle imprese partecipanti alla selezione sono stati custoditi in maniera anomala.

La gara si concludeva con l’aggiudicazione alla controinteressata che riportava 100 punti, seguita dalla ricorrente che ne otteneva 95,64.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione C.G. impugna gli atti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

– Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, violazione e falsa applicazione del Codice dei contratti con particolare riferimento agli artt. 2 comma 1, 83 e 84 comma 8, violazione dei principi fondamentali in materia di appalti pubblici e dei canoni di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa, eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e di motivazione, incoerenza dell’iter valutativo, illogicità ed irragionevolezza in quanto:

IN VIA PRINCIPALE SULL’AGGIUDICAZIONE A CNS

a) il punto A7 del disciplinare (doc. 10) esigeva una dichiarazione sulla percentuale media di rifiuti avviati a recupero/riciclo nel corso degli ultimi tre anni antecedenti la pubblicazione del bando per servizi con la modalità di raccolta porta a porta, nonchè l’elenco di tutti i Comuni di almeno 5.000 abitanti serviti con quella modalità (nessuno escluso); il Consorzio controinteressato non ha rispettato la previsione poichè ha dichiarato la percentuale del 65,57% ma ha elencato soltanto una parte dei Comuni (dieci), nei quali tra l’altro risulta affidataria una Società del Consorzio (C.) non indicata come esecutrice materiale del servizio a Trenzano (se ne occuperà I. Soc. Coop.); da un lato non sono stati riportati tutti i Comuni serviti da I. nel triennio, e dall’altro non sono stati menzionati tutti i servizi resi dal Consorzio (tramite le Società aderenti) nel medesimo arco temporale; non doveva pertanto essere riconosciuto alcun punteggio a CNS, così come accaduto per altra concorrente (Bi.Co.), e poichè lo spread tra le prime 2 classificate è di soli 4,36 punti C.G. avrebbe vinto la gara;

b) si registra un’anomalia nell’offerta economica, poiché la stazione appaltante imponeva (quale condizione ordinaria) che il servizio di spazzatura delle strade si svolgesse esclusivamente nelle ore notturne, mentre la proposta del Consorzio contempla (cfr. analisi costi del personale – doc. 25) due autisti di categoria 4A, uno di categoria 3B e due ausiliari di categoria 2B con costi orari che non comprendono la maggiorazione del 50% per il lavoro notturno feriale; il dato economico predetto è stato indebitamente inserito nell’elenco dei costi relativi all’estensione dei servizi (ex art. 16 del capitolato), quando fa parte della modalità ordinaria di gestione;

c) per la raccolta della frazione RSU secco residuo è previsto un autocompattatore con capacità di carico di dieci metri cubi per sei ore di lavoro per turno, e tuttavia considerando il singolo turno di lavoro di 7.600 Kg e i due conferimenti al termovalorizzatore distante 19 chilometri la proposta è tecnicamente irrealizzabile; identico discorso vale per il servizio di spazzamento stradale e per la raccolta differenziata della carta, del vetro e delle lattine;

IN VIA SUBORDINATA SULL’INTERA PROCEDURA SELETTIVA

d) i verbali della stazione appaltante non danno mai atto delle forme e delle modalità di custodia delle offerte; dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche né il Presidente né la Commissione specificano modalità e luogo di custodia, non si conosce se le stesse siano state nuovamente sigillate in modo da evitare rischi di manomissione; le buste tecniche, inoltre, dovevano essere aperte in seduta riservata e non in seduta pubblica;

e) la Commissione era formata da tre membri di cui uno esterno (Paolo del Pasqua), senza rispettare l’art. 84 comma 8 del D. Lgs. 163/2006 il quale prevede la selezione da una rosa di candidati designati dagli ordini professionali o da facoltà universitarie;

f) si registra la commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e criteri di valutazione, poiché il bando riconosceva un punteggio alle referenze e ai certificati di qualità;

Si sono costituite in giudizio l’amministrazione e la controinteressata, formulando eccezioni in rito e chiedendo nel merito la reiezione del gravame.

Con atto depositato il 19/2/2011 CNS propone ricorso incidentale e deduce la violazione dell’art. 23bis comma 9 del D.L. 112/2008: C. gestioni non poteva prendere parte alla selezione in quanto gestisce ulteriori servizi pubblici locali affidati in via diretta, oltre ad essere controllata da Società (Linea Group Holding S.r.l.) che controlla altro soggetto (A.G. S.r.l.) affidatario di servizi pubblici senza gara.

Con ordinanza n. 267, adottata nella Camera di consiglio del 16/3/2011, questo Tribunale ha motivatamente respinto la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati proposta dalla ricorrente principale, mentre il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2031 resa dalla sez. V il 10/5/2011, ha accolto l’appello sul rilievo del periculum in mora, invitando a fissare sollecitamente l’udienza di merito.

Con atto depositato il 5/5/2011 Bi.Co. è intervenuta nella causa, condividendo la posizione assunta da CNS nel ricorso incidentale.

Alla pubblica udienza del 14/7/2011 il ricorso introduttivo ed il gravame incidentale venivano chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.

Motivi della decisione

La Società ricorrente censura l’aggiudicazione alla controinteressata della gara indetta dal Comune di Trenzano per l’affidamento dei servizi di gestione integrata rifiuti e igiene ambientale. Con ricorso incidentale l’impresa dichiarata vincitrice lamenta a sua volta la mancata esclusione di C.G. dalla procedura competitiva.

1. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 7/4/2011 n. 4 – dopo una revisione critica del dictum precedente (cfr. Ad. plen. 10/11/2008 n. 11) – ha affermato il differente principio di diritto secondo cui:

– il ricorso incidentale, diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale mediante la censura della sua ammissione alla procedura di gara, deve essere sempre esaminato prioritariamente, anche nel caso in cui il ricorrente principale alleghi l’interesse strumentale alla rinnovazione dell’intera procedura;

– detta priorità logica sussiste indipendentemente dal numero dei partecipanti alla procedura selettiva, dal tipo di censura prospettata dal ricorrente incidentale e dalle richieste formulate dall’amministrazione resistente;

– l’esame prioritario del ricorso principale è ammesso, per ragioni di economia processuale, soltanto qualora sia evidente la sua infondatezza, inammissibilità, irricevibilità o improcedibilità.

1.1 L’eventuale accoglimento del ricorso incidentale, paralizzante (tendente, cioè, all’accertamento dell’illegittimità della mancata esclusione dalla gara della ricorrente principale), determina l’improcedibilità del ricorso principale: si deve escludere che, ravvisata la fondatezza del ricorso incidentale, possa sussistere un qualsiasi interesse residuo e giuridicamente apprezzabile della ricorrente principale alla decisione del proprio ricorso e alla conseguente, eventuale, esclusione dell’offerta della controinteressata anche qualora fosse l’unica impresa ammessa a partecipare alla gara (cfr. sentenza Sezione 9/6/2011 n. 885).

Il Collegio deve quindi esaminare anzitutto il gravame incidentale, anche alla luce della circostanza per cui il numero di imprese collocate in graduatoria è comunque superiore a 2.

2. La ricorrente incidentale lamenta la violazione dell’art. 23bis del D.L. 112/2008, poiché C.G. eroga ulteriori servizi pubblici locali affidati in via diretta, oltre ad essere controllata da Società (Linea Group Holding S.r.l.) che controlla altro soggetto (A.G. S.r.l.) affidatario di servizi pubblici senza gara.

2.1 C.G. in proposito obietta – anche in replica all’ordinanza cautelare n. 267/2011 – che:

o contrariamente a quanto asserisce CNS, nella realtà opera in un numero limitato di Comuni (suo doc. 27) in virtù di provvedimenti extra ordinem temporanei, che garantiscono la continuità dei servizi per il tempo strettamente necessario all’espletamento di una gara pubblica;

o gli affidamenti diretti sono definitivamente cessati il 31/12/2010 ai sensi di una norma imperativa di legge (l’art. 23bis comma 8) mentre dall’1/1/2011 sussiste un regime di semplice proroga: l’assimilazione tra due istituti completamente differenti come proroga e affidamento diretto procura un ingiusto pregiudizio al gestore rispetto a condotte che non sono a lui imputabili;

o nessuna norma o principio fissa in 6 mesi il limite temporale oltre il quale la proroga muta qualificazione giuridica;

o è paradossale per il gestore uscente non poter interrompere un servizio di pubblica utilità e per questo incontrare un ostacolo alla partecipazione alle gare (in contrasto con l’art. 41 della Costituzione) sopportando l’inerzia delle amministrazioni procedenti;

o sarebbe irragionevole per l’operatore economico attendere l’inesorabile cessazione di tutti gli affidamenti diretti per partecipare ad una gara, con l’effetto sproporzionato di escludere radicalmente dal mercato dei servizi pubblici le imprese con maggiore esperienza: l’ottica corretta è quella del graduale adeguamento di tutti i soggetti abilitati alle regole della concorrenza;

o in ogni caso opera il beneficio delle "prime gare", tenuto conto che C.G. è gestore uscente e il Comune di Trenzano ha bandito la prima gara dopo l’affidamento diretto.

2.2 Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dalle statuizioni racchiuse nella propria recente pronuncia 24/6/2011 n. 939.

In punto di fatto C.G. ha dato conto (cfr. suo doc. 27) di 41 affidamenti diretti in proroga susseguenti alla scadenza ex lege (31/12/2010), 16 dei quali interessati da un prolungamento disposto sino al 31/12/2011.

2.3 Deve preliminarmente essere sottolineato un aspetto rilevante rappresentato dalla stessa ricorrente principale, che assume un peso decisivo nella valutazione della vicenda, ossia il fatto che – alla data del 31/12/2010 – tutti gli affidamenti diretti sono cessati ex lege.

Questo Tribunale (sez. II – 3/6/2011 n. 826) ha recentemente analizzato l’art. 23bis del D.L. 112/2008 conv. in L. 133/2008 che disciplina, nel testo per tempo vigente, "l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale…" (comma 1), e le cui disposizioni "… si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili", salve deroghe per particolari ambiti che però non coinvolgono la materia di cui è causa.

L’art. 23bis comma 2 individua le modalità di conferimento dei servizi pubblici locali, ossia l’attivazione di una procedura competitiva ad evidenza pubblica (lett. a), la creazione di una società a partecipazione mista pubblica e privata (a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica – lett. b) e l’affidamento ad una Società in house purchè ricorrano rigorosi presupposti (comma 3).

Il comma 8 disciplina il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai commi 2 e 3 e, salve particolari ipotesi che non ricorrono nella fattispecie, le gestioni affidate cessano comunque entro e non oltre la data del 31/12/2010, senza necessità di apposita deliberazione dell’Ente affidante. Si tratta dunque di una cessazione automatica, la quale si produce a prescindere dall’emanazione di un atto o di un provvedimento dell’amministrazione coinvolta.

Con riguardo al problema dell’efficacia di un’eventuale deliberazione che stabilisce un termine più ampio in violazione della scadenza prefissata, questa Sezione ha stabilito che la stessa si pone in contrasto con una norma imperativa di legge e a questo proposito ha richiamato le considerazioni sviluppate in una propria precedente sentenza (12/6/2009 n. 1121, il cui appello è stato dichiarato estinto con decreto presidenziale 24/9/2010 n. 7111). La pronuncia è stata resa nella materia della distribuzione del gas naturale, caratterizzata dalla minuziosa disciplina del cd. periodo transitorio delle concessioni in essere (sovente stipulate per una lunga durata, anche di 3040 anni) in vista dell’apertura al mercato mediante gare pubbliche. In quella fattispecie le parti (Ente locale e impresa privata) avevano concluso un accordo integrativo che contemplava una scadenza della concessione al 31/12/2012, prescindendo dalla rigida disciplina di legge in vigore al momento della sua stipula, che prevedeva una scadenza massima inferiore, ovvero il 31/12/2010. In altre parole, l’intesa sanciva per l’apertura alla concorrenza della distribuzione del gas nel Comune coinvolto una scansione temporale diversa da quella fissata in via autoritativa dalla legge, la quale introduceva scadenze rigide e ipotesi tassative di proroga: la pattuizione pertanto dava origine ad un contrasto con norme imperative, paralizzando tra l’altro sino alla sua scadenza la possibilità del Comune di indire una pubblica gara per affidare il servizio. Da queste considerazioni il Collegio ha raggiunto la conclusione che l’atto aggiuntivo fosse nullo, così come la delibera che ne aveva autorizzato la stipulazione.

Un primo punto fermo è dunque costituito dalla scadenza al 31/12/2010 – in virtù di una norma cogente (art. 23bis comma 8) – di tutti gli affidamenti disposti senza gara, nella prospettiva di un’effettiva apertura al mercato del settore dei servizi pubblici locali.

2.4 L’apertura delle commesse pubbliche alla concorrenza mediante l’espletamento di procedure di aggiudicazione è per la verità assai risalente. Al riguardo la giurisprudenza interna è da tempo uniforme nel ritenere illegittima la scelta di procedere a trattativa privata per l’individuazione del concessionario di un servizio, per contrasto con le norme ed i principi desumibili dall’ordinamento comunitario, ed in particolare con i principi di non discriminazione territoriale e di libera prestazione dei servizi sanciti dal Trattato CEE, aventi diretta applicabilità nel territorio nazionale (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III – 21/6/2007 n. 1683; T.A.R. Molise – 2/7/2008 n. 677).

Anche per i contratti esclusi dal raggio di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici, gli Enti aggiudicatori che li stipulano sono comunque tenuti a rispettare i principi fondamentali del Trattato in generale, ed il principio di non discriminazione in base alla nazionalità in particolare (Corte di Giustizia – 7/12/2000, causa C324/98): si è da tempo affermato cioè il principio per cui in tema di affidamento, mediante concessione, di servizi pubblici, le regole fondamentali dell’ordinamento comunitario ed i principi generali che governano la materia dei contratti impongono all’amministrazione procedente di dare adeguata pubblicità agli affidamenti e di evitare la discriminazione delle imprese, attivando procedure competitive selettive (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 21/9/2010 n. 7024). In buona sostanza, i canoni guida in materia di affidamento delle commesse pubbliche esigono, a fini di trasparenza e di salvaguardia della concorrenza, la diffusione delle informazioni relative ai contratti da stipulare per consentire sia l’eguale possibilità di accesso delle imprese alle gare sia l’obiettiva ed imparziale selezione dei candidati (T.A.R. Sardegna, sez. I – 23/2/2007 n. 109; Consiglio di Stato, sez. VI – 30/1/2007 n. 362).

Sempre sull’argomento rileva il Collegio che, in ossequio ai principi comunitari, con l’art. 23 della L. 23/2005 è stata eliminata la possibilità – dapprima espressamente contemplata – di provvedere al rinnovo dei contratti di appalto scaduti: alla scelta legislativa è stata riconosciuta una valenza generale ed una portata preclusiva di opzioni ermeneutiche di altre disposizioni dell’ordinamento che si potrebbero risolvere, di fatto, nell’elusione del predetto divieto. Per assicurare l’effettiva conformazione dell’ordinamento interno a quello comunitario, dunque, l’intervento normativo di cui sopra "dev’essere letto ed applicato in modo da escludere ed impedire, in via generale ed incondizionata, la rinnovazione di contratti di appalto scaduti, ma anche l’esegesi di altre disposizioni dell’ordinamento che consentirebbero – in deroga alle procedure ordinarie di affidamento degli appalti pubblici – l’affidamento senza gara degli stessi servizi per ulteriori periodi, dev’essere condotta alla stregua del vincolante criterio che vieta (con valenza imperativa ed inderogabile) il rinnovo dei contratti" (Consiglio di Stato, sez. IV – 31/10/2006 n. 6462; T.A.R. Sicilia Catania, sez. III – 22/6/2007 n. 1086; Sentenza sezione 11/3/2011 n. 419).

In definitiva può rinvenirsi anche nel settore dei servizi pubblici la regola consolidata dell’obbligo di gara.

2.5 In quest’ottica va contestualizzata l’evoluzione dell’art. 113 del D. Lgs. 267/2000, afferente alla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

L’art. 113 comma 6 – introdotto dall’art. 35 comma 1 della L. 448/2001 – già statuiva che "Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4".

L’art. 14 del D.L. 269/2003 conv. in L. 326/2003 ha poi inserito il comma 15bis, per cui "Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell’attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante". Era fatto salvo un differimento, ai sensi del comma 15ter e fino ad un massimo di 2 anni, nel caso di operazioni societarie di fusione dirette ad allargare il bacino di utenza. Ad ogni modo il comma 15bis è stato affiancato pochi mesi più tardi – in virtù dell’art. 4 comma 34 della L. 350/2003 – dal nuovo comma 15quater, per il quale "A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa". Dunque il divieto di prendere parte alle procedure selettive che colpiva i destinatari di affidamenti diretti ha trovato un temperamento nella possibilità di competere nelle "prime gare" indette presso gli Enti locali di riferimento.

Dopo che il D.L. 223/2006 ha rinviato di 1 anno la scadenza introdotta dal comma 15bis, ma soltanto per il servizio idrico integrato, con l’art. 23bis del D.L. 112/2008 conv. in L. 6/8/2008, la materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è stata nuovamente disciplinata e l’art. 113 del D. Lgs. 267/2000 è rimasto in vigore per le sole parti non incompatibili. In particolare il comma 9 dell’art. 23bis ha statuito che "I soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante le procedure competitive di cui al comma 2, nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall’attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. ll divieto di cui al periodo precedente non si applica alle società quotate in mercati regolamentati. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per l’affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio già a loro affidato. In ogni caso, entro la data del 31 dicembre 2010, per l’affidamento dei servizi si procede mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica." Il legislatore ha ribadito il divieto di partecipazione alle gare per i soggetti titolari di affidamenti diretti, ha mantenuto la deroga per le "prime gare", ed ha individuato un nuovo termine (31/12/2010) entro il quale si deve inderogabilmente procedere alla selezione del contraente con gara pubblica. La chiusura del sistema è stata realizzata con l’art. 15 comma 1 del D.L. 135/2009 conv. in L. 20/11/2009 n. 66, che ha introdotto la lett. e) del comma 8 già illustrata (punto 5.3), per cui "le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante". Il comma 9 è stato modificato (dallo stesso D.L. 135/2009) nella parte finale, con l’eliminazione dell’ultimo inciso e la sostituzione del penultimo per cui "I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti".

2.6 Il Collegio ritiene di poter svolgere alcune riflessioni.

La preclusione dell’accesso degli affidatari diretti alle procedure ad evidenza pubblica era sancita fin dal 2002, ed è stata accompagnata dalla previsione di un periodo transitorio – destinato a concludersi il 31/12/2006 – durante il quale i contratti conclusi senza il preventivo esperimento di una gara continuavano a produrre i loro effetti. Detto termine è stato differito al 31/12/2010, mentre il rigoroso divieto di prendere parte alle competizioni continuava ad essere attenuato dalla disposizione sulle "prime gare".

Sembra al Collegio evidente che il sistema delineato con la stratificazione normativa descritta ha garantito a sufficienza i soggetti beneficiari di affidamenti diretti, legittimando il prolungamento o comunque il mantenimento dell’efficacia dei contratti in corso fino al 31/12/2010, pur in costanza del sacrificio della logica aspirazione degli operatori del settore al rispetto del principio comunitario della parità di trattamento, attraverso l’assegnazione dei servizi pubblici mediante un confronto comparativo aperto a tutte le imprese interessate.

In proposito la Corte di Giustizia (sez. II – 17/7/2008 proc. C347/06) è intervenuta sulla questione della legittimità del rinvio biennale (disposto per legge) del termine del periodo transitorio in materia di distribuzione del gas naturale, ed ha statuito che "Gli artt. 43 CE, 49 CE e 86, n. 1, CE non ostano a che una normativa di uno Stato membro, come quella in questione nella causa principale, preveda il prolungamento, alle condizioni da essa fissate, della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale come quella in questione nella causa principale, purché tale prolungamento possa essere considerato necessario al fine di permettere alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico". Se quindi una protrazione è (a determinate condizioni) ammissibile, nella specie è pacifico che l’opzione sia stata esercitata con il rinvio della scadenza dal 31/12/2006 al 31/12/2010.

2.7 Ritiene il Collegio che la data del 31/12/2010 (dopo il differimento di cui si è diffusamente trattato) sancisca la definitiva scadenza del periodo transitorio, oltre la quale nessuna deroga all’apertura alla concorrenza può essere consentita. Il temperamento costituito dalla possibilità di partecipare alle "prime gare" ha esaurito la sua funzione con la conclusione della fase transitoria e non può più essere ritenuto ammissibile, in quanto estenderebbe ulteriormente nel tempo un beneficio già garantito agli affidatari diretti per 8 anni. In buona sostanza in quel congruo arco temporale le imprese affidatarie dirette ben potevano avvalersi di un’opportunità introdotta nell’ottica della gradualità e della proporzionalità, partecipando alla "prima gara" per l’aggiudicazione del servizio, nel significato primitivo (più ristretto) o in quello allargato ai sensi del D.L. 135/2009. Dopo il 31/12/2010 tale opzione – perdurando gli affidamenti diretti – non può più essere esercitata, perché si collegherebbe ad un’illegittima estensione (oltre la durata del periodo transitorio) dei rapporti instaurati senza un previo confronto concorrenziale: Il termine predetto è insomma la barriera ultima che non consente di acquisire o mantenere vantaggi, diretti o indiretti, neppure avvalendosi di disposizioni derogatorie che hanno esaurito definitivamente la loro giustificazione. Alla data del 31/12/2010 i soggetti titolari di posizioni privilegiate non possono più sfruttarle partecipando alle procedure comparative: si deve al riguardo ribadire che la quota di mercato detenuta non è stata il frutto di una sana conquista, ottenuta all’esito di una competizione paritaria con gli altri operatori economici, ma l’acquisizione di una o più commesse è avvenuta in maniera anomala senza sottoporsi al meccanismo selettivo capace di individuare l’offerta oggettivamente migliore. Il vantaggio conseguito dalle Società per effetto dell’accesso privilegiato al mercato della pubblica amministrazione è avvenuto a danno di altri operatori privati che viceversa hanno sempre accettato le regole della gara pubblica e non hanno beneficiato di affidamenti diretti.

La ricostruzione esposta è in linea con il dettato normativo. L’art. 113 comma 15quater del D. Lgs. 267/2000 infatti riaffermava il divieto nei confronti degli affidatari diretti – allo spirare del termine (31/12/2006) – facendo salvo l’espletamento della "prima gara". Viceversa l’art. 23bis del D.L. 112/2008 affianca al comma 9 – che reca analoga disposizione di temperamento del divieto – il nuovo comma 8, il quale fissa la soglia temporale oltre la quale non sono in ogni caso più ammessi affidamenti diretti: oltrepassare il termine del (nuovo) periodo transitorio significa fuoruscire dalla dinamica fisiologica delineata dal legislatore, e il rapporto instaurato assume una connotazione patologica a fronte della quale è ben ragionevole l’automatica perdita di qualunque ulteriore chance di accesso alle commesse pubbliche.

2.8 A questo punto si possono trarre le dovute conseguenze sulla controversa natura degli atti riassunti nel doc. 27 della ricorrente principale. I provvedimenti temporanei di proroga – che garantiscono la continuità dei servizi per il tempo necessario all’espletamento di una gara pubblica – possono essere ammessi entro limiti restrittivi, ossia per un arco temporale rigorosamente delimitato. La dilazione accordata da numerosi Comuni ha determinato un’estensione dei rapporti contrattuali per un anno senza che la gara pubblica sia stata ancora ultimata. Alla luce di quanto ampiamente illustrato risulta del tutto ininfluente l’eventuale giustificazione (complessità della gara, scarsità di risorse umane) sottesa all’emanazione degli atti di proroga, in quanto l’esaurimento del periodo transitorio traccia come già sottolineato il discrimine tra le deroghe ammissibili (prime gare, affidamenti diretti ancora in corso) ed il rigoroso divieto di creare ulteriori distorsioni alla concorrenza avvantaggiando le Società che hanno già fruito dei benefici pluriennali connessi all’affidamento senza gara: in questo contesto la proroga è del tutto assimilabile ad un rinnovo contrattuale, in quanto la prima realizza i medesimi effetti del secondo (cfr. sentenza Sezione 26/11/2008 n. 1689).

Già si è anticipato in sede cautelare che l’estensione del rapporto per un anno intero mal si concilia (di per sé) con i caratteri tradizionali dell’istituto della proroga, usualmente adoperato dalle amministrazioni per il tempo strettamente necessario ad ultimare o comunque espletare procedure di gara già indette (cfr. sentenza Sezione 11/3/2011 n. 419). Peraltro il numero di atti di proroga è talmente elevato che sussiste il concreto rischio di un ulteriore slittamento del termine di operatività degli affidamenti diretti, che produrrebbe un risultato inaccettabile. In definitiva ribadisce il Collegio che il termine ultimo del periodo transitorio era fissato al 31/12/2010 e che lo stesso deve essere ritenuto inderogabile, salvo dilazioni contenute nell’arco temporale di pochi mesi. Il semestre può ritenersi la soglia massima ragionevolmente accettabile, potendo garantire contro eventuali imprevisti nell’espletamento della gara: possono essere poi valutate caso per caso situazioni eccezionali, ma la presenza di ben 16 rinvii di un anno preclude una conclusione in tal senso.

2.9 La ricorrente principale lamenta il paradosso per il gestore uscente di non poter interrompere un servizio di pubblica utilità e per questo trovare un ostacolo alla partecipazione alle gare (in contrasto con l’art. 41 della Costituzione) sopportando l’inerzia delle amministrazioni procedenti.

Il Collegio conviene sulla circostanza che il ritardo nell’indizione delle gare è difficilmente comprensibile, in presenza di un impianto normativo che già aveva introdotto un termine ultimo (31/12/2006), poi prolungato al 31/12/2010. Rispetto a quest’ultima scadenza il D.L. 112/2008, pubblicato nel mese di agosto di quell’anno, aveva statuito che in ogni caso "… entro la data del 31 dicembre 2010, per l’affidamento dei servizi si procede mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica.", prima che il D.L. 135/2009 sancisse comunque l’inefficacia dei contratti (conclusi senza gara) oltre tale data. Detta scansione temporale – dettagliatamente riassunta al punto 2.5 – rende inconsistente la censura di sproporzione e di contrasto con il canone di graduale adeguamento di tutte le imprese alle regole del mercato: i tempi per un progressivo adattamento sono stati ampiamente garantiti da una normativa che – se prevedeva l’obbligo di gara fin dagli anni "90 – ha introdotto già nel 2002 il divieto di competere nelle selezioni pubbliche per i beneficiari di affidamenti diretti, accordando poi un termine di 8 anni assolutamente congruo per una piena condivisione delle dinamiche del mercato.

Non è quindi irragionevole per l’operatore attendere l’inesorabile cessazione di tutti gli affidamenti per partecipare ad una gara, poiché lo stesso operatore ha mantenuto per numerosi anni gli affidamenti diretti in pregiudizio delle altre imprese del settore.

Quanto all’impotenza della Società ricorrente principale di fronte all’inerzia delle amministrazioni coinvolte, ben può dirsi che detta condotta da un lato certamente inibisce la possibilità di prendere parte alle selezioni pubbliche, ma dall’altro comunque garantisce ulteriori quote di mercato senza la sottoposizione al confronto comparativo, anche per importi consistenti.

3. Da ultimo deve darsi atto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo la quale (sentenza 23/12/2009 causa C305/08) – sulla questione della "possibile distorsione della concorrenza a motivo della partecipazione ad un appalto pubblico di enti che… vanterebbero una posizione privilegiata rispetto a quella degli operatori privati grazie a finanziamenti pubblici che vengono loro erogati" – "si deve sottolineare che il quarto "considerandò della direttiva 2004/18 enuncia l’obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché una distorsione di questo tipo non si produca per il fatto della partecipazione di un organismo di diritto pubblico a un appalto pubblico" (punto 32). La Corte ha poi riconosciuto che – nel caso di offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato – "in talune circostanze particolari, l’amministrazione aggiudicatrice ha l’obbligo, o quanto meno la facoltà, di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano".

Come ha recentemente sottolineato la giurisprudenza (cfr. T.A.R Umbria – 31/5/2011 n. 152) la posizione della giurisprudenza comunitaria è articolata "… in quanto afferma che l’eventualità che sussista una posizione privilegiata di un operatore economico, in ragione di finanziamenti pubblici od aiuti di Stato, non può giustificare la sua esclusione a priori, e senza alcuna specifica analisi, dalla partecipazione ad una pubblica gara, ammettendo peraltro che in particolari circostanze l’Amministrazione ha l’obbligo od almeno la facoltà di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano. Ciò proprio al fine di evitare una possibile distorsione della concorrenza, secondo quanto prescritto dal quarto "considerando" della direttiva 2004/18/CE, alla cui stregua gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la partecipazione di un offerente che è un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati. E bene può dirsi che questa sia l’esigenza di fondo che ha indotto il legislatore ad intervenire a più riprese sulla disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica".

4. In conclusione il gravame incidentale è fondato e deve essere accolto, con conseguente improcedibilità del ricorso incidentale per sopravvenuta carenza di interesse.

La novità della questione concreta giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando accoglie il ricorso incidentale proposto dal Consorzio controinteressato.

Dichiara improcedibile il gravame principale per sopravvenuta carenza di interesse.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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