Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 28-07-2011, n. 30046 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Messina concesse i doppi benefici e confermò nel resto la sentenza 24.1.2008 del giudice del tribunale di Barcellona P.G., sezione distaccata di Milazzo, che aveva dichiarato P.L., quale amministratore unico della Abacus Marine spa, colpevole dei reati di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b) e c) e D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, per avere eseguito lavori di costruzione edile in difformità dalla concessione edilizia.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) che l’avviso di deposito della sentenza depositata fuori termine all’imputato contumace è stato notificato al difensore ex art. 161 cod. proc. pen. invece che nel domicilio eletto anche con l’atto di appello. Non può pertanto svolgersi alcuna attività processuale prima della regolare notificazione all’imputato di detto avviso.

2) che i lavori erano stati completati, e quindi il reato si era consumato, non alla data dell’accertamento del 4 gennaio 2007, bensì al più tardi il 31.3.2006, come risulta dalla documentazione depositata con la richiesta di autorizzazione in sanatoria avanzata in detta data e dalla deposizione del tecnico comunale Ragusa. Ne deriva che i reati sono ormai estinti per prescrizione.

3) violazione di legge, mancanza o manifesta illogicità della motivazione, travisamento del fatto. Lamenta che in sostanza la corte d’appello ha omesso di rispondere ai motivi di appello con i quali si era dedotto che nella specie, trattandosi di opere inserite in una area industriale, soggetta ad apposita regolamentazione, doveva farsi riferimento alla nozioni di pertinenzialità e di precarietà stabilite dalla speciale normativa secondaria. La corte d’appello non ha considerato che il tecnico comunale aveva dichiarato che le opere dovevano, sulla base dello speciale regolamento edilizio, ritenersi come pertinenze dei capannoni industriali esistenti e che pertanto erano state regolarmente assentite con la autorizzazione in sanatoria. Anche i volumi e le superfici erano compatibili con quelle consentite in aumento. Lamenta infine che la corte d’appello ha illogicamente confermato l’ordine di demolizione delle opere nonostante queste fossero munite di autorizzazione in sanatoria e di nulla osta e di parere di conformità ambientale.

Motivi della decisione

Deve preliminarmente esaminarsi il secondo motivo, che risulta fondato. Emerge infatti dagli atti che le opere edilizie in questione erano state ultimate al più tardi il 31.3.2006. Invero, la società Abacus Marine presentò nel 2006 un progetto di autorizzazione edilizia in sanatoria per dei manufatti edilizi già realizzati.

L’autorizzazione edilizia in sanatoria del 3.5.2007 richiama la domanda presentata il 31.3.2006 dalla ditta Abacus, la quale il 5.6.2006 aveva anche presentato domanda di conformità alla ASI di Messina. Il teste R., che effettuò il controllo per rilevare la conformità delle opere a quanto riportato negli elaborati a corredo dell’istanza di sanatoria, ha dichiarato di avere accertato tale conformità. Ne deriva che le opere devono ritenersi eseguite in data anteriore al 31.3.2006. I reati quindi si sono prescritti il 31.3.2011.

Ciò non determina un vizio della sentenza impugnata dato che la prescrizione si è verificata in una data successiva all’emissione della stessa. La circostanza è però rilevante in questa sede perchè il terzo motivo di ricorso non è certamente manifestamente infondato, il che comporta che il rapporto processuale in sede di legittimità si è regolarmente instaurato e che questa Corte possa e debba rilevare e dichiarare le cause di estinzione del reato pur intervenute successivamente alla sentenza impugnata.

E difatti, come lamenta il ricorrente con il terzo motivo, la sentenza impugnata contiene in realtà una motivazione meramente apparente e generica, che si risolve in frasi di stile e in richiami alla sentenza di primo grado, senza esaminare e rispondere alle pur specifiche e dettagliate contestazioni mosse con l’atto di appello in ordine alla regolarità di una sanatoria intervenuta mediante autorizzazione in sanatoria invece che mediante permesso di costruire in sanatoria. La corte d’appello, invero, non ha nemmeno esaminato l’eccezione difensiva secondo cui, sulla base del Piano Regolatore Consortile vigente per le opere ricadenti all’interno del cd.

Consorzio ASI, per opera pertinenziale doveva intendersi – in contrapposizione alla realizzazione di un corpo indipendente – l’ampliamento di realtà già esistente, ovviamente entro i limiti di volumetria consentiti. Nemmeno è stata esaminata la doglianza secondo cui lo stesso tecnico comunale Ragusa aveva affermato che si trattava di manufatti di pertinenza dei capannoni esistenti e dell’opificio industriale, così spiegando i motivi per i quali il comune aveva ritenuto sufficiente il rilascio di autorizzazione in sanatoria.

Poichè pertanto il ricorso non può ritenersi manifestamente infondato e poichè per le ragioni dianzi indicate alla data odierna è ormai decorso il termine di prescrizione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè i reati sono estinti per prescrizione.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i reati sono estinti per prescrizione.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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