Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 28-07-2011, n. 30043 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Trieste confermò la sentenza 17.10.2008 del giudice del tribunale di Pordenone, che aveva dichiarato S.R. colpevole dei reati di cui: A) al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, per avere eseguito, senza la prescritta autorizzazione, un porticato in ampliamento ed in aderenza alla propria abitazione, una tettoia a distanza ed una pavimentazione di raccordo tra i due manufatti, in zona sottoposta a vincolo perchè sita a meno di 150 m. dal torrente Puster; B) al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c), per avere realizzato dette opere senza il permesso di costruire; e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, con l’ordine di demolizione e quello di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione dell’art. 525 cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione. Deduce la nullità della sentenza di primo grado per violazione del principio di immutabilità del giudice perchè nella specie la prove erano state ammesse da un giudice e poi i testi erano stati escussi da altro giudice.

2) violazione di legge e vizio di motivazione perchè erroneamente sono stati contestati e ritenuti due diversi reati per un unico comportamento materiale, ossia l’avere realizzato le opere in zona soggetta a vincolo paesaggistico.

3) manifesta illogicità della motivazione perchè è stato provato che il torrente Puster in sostanza non esiste più, sicchè la zona non poteva ritenersi soggetta a vincolo.

4) manifesta illogicità della motivazione perchè il portico e la tettoia non erano un ampliamento della abitazione ma solo una pertinenza.

5) violazione degli artt. 517, 518 e 522 cod. proc. pen. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione perchè egli è stato condannato per la violazione del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 167, comma 4, che non era stata contestata. Inoltre, contro il mancato accoglimento della domanda di compatibilità ambientale, è stato proposto ricorso al giudice amministrativo, poichè non vi era stato aumento di superficie utile o di volume.

Motivi della decisione

Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto il fatto che in primo grado le prove testimoniali siano state ammesse da un giudice ed i testi siano stati poi escussi da altro giudice non comporta nessuna nullità, perchè nessun rilievo è stato opposto all’escussione dalla difesa, che quindi ha implicitamente prestato il suo consenso. Difatti "Nel caso di rinnovazione del dibattimento per mutamento della composizione del collegio, la mancanza di un’iniziativa di parte che rappresenti il dissenso, o la non perfetta condivisione o anche l’opportunità di una rivisitazione della precedente fase (e dunque il tacito, implicito consenso delle parti medesime) equivale a consenso espresso. (Nella fattispecie, le parti avevano prestato acquiescenza rispetto all’assunzione delle prove già ammesse e si erano astenute dal proporre nuovamente richieste istruttorie)" (Sez. 2, 4.6.2008, n. 34723, Rotondi, m. 241000).

Il secondo motivo è manifestamente infondato perchè al prevenuto sono state contestate due condotte illecite, e non già una sola, e precisamente di avere realizzato opere edilizie senza permesso di costruire e di avere realizzato opere edilizie in zona vincolata senza la preventiva autorizzazione della autorità competente per la tutela del vincolo. Esattamente, quindi, sono stati contestati e ritenuti i due reati di cui al capo di imputazione, come da costante e assolutamente pacifica giurisprudenza.

Il terzo motivo è anch’esso manifestamente infondato perchè il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 142, comma 1, lett. c), assoggetta a vincolo "i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna". La corte d’appello ha accertato che il torrente Puster continua appunto ad essere iscritto in questi elenchi, sicchè ogni diversa considerazione è irrilevante.

E’ manifestamente infondato anche il quarto motivo perchè, per costante giurisprudenza, i porticati e le tettoie non costituiscono pertinenza ma ampliamento dell’immobile principale (Sez. 3, 6.5.2010, n. 21351, Savino, m. 247628; Sez. 3, 7.4.2006, n. 17083, Mirando, m.

234193; Sez. 3, 12.7.2006, n. 44657, Rossi, m. 236382; Sez. 3, 7.5.1997, n. 4056, Fera, m. 207609; Sez. 3, 30.6.1995, n. 2533, Iocca, m. 202714; Sez. 3, 6.5.1994, n. 7613, Petrillo, m. 198409;

Sez. 3, 7.10.1988, n. 12938, Bifolco, m. 182157).

E’ infine manifestamente infondato pure il quinto motivo perchè non vi è stata nessuna violazione del principio di corrispondenza tra contestazione e condanna, ma soltanto il rigetto dell’eccezione sollevata dalla difesa di estinzione del reato di cui al capo A) D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ex art. 167, per intervenuto accertamento di compatibilità ambientale. Il rigetto dell’eccezione è poi del tutto fondato, perchè nella specie vi è stato aumento di volume e di superficie utile e perchè comunque non è stato emanato il relativo provvedimento dalla competente autorità amministrativa nel termine previsto. Un futuro eventuale accoglimento del ricorso da parte del giudice amministrativo non potrà quindi più determinare l’estinzione del reato ma potrà solo essere fatto valere in sede esecutiva per la eventuale revoca dell’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi (ma non di quello di demolizione, per il quale occorrerebbe un permesso di costruire in sanatoria).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

Essendo il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, la circostanza che la prescrizione del reato sia maturata in una data successiva a quella in cui è stata emessa la sentenza impugnata (nella specie il 17.1.2011), è irrilevante perchè, a causa della inammissibilità del ricorso non si è formato un valido rapporto di impugnazione il che preclude a questa Corte la possibilità di rilevare e dichiarare le eventuali cause di estinzione del reato, ivi compresa la prescrizione, verificatesi in data posteriore alla pronuncia della decisione impugnata (Sez. Un., 22 novembre 2000, De Luca, m. 217.266; giur. costante).

In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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