Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-06-2011) 28-07-2011, n. 30042

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 17.3.2003 il giudice del tribunale di Messina dichiarò R.P. colpevole dei reati di cui: A) alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, lett. c); B) alla L. 2 febbraio 1974, n. 64; C) al D.L. 27 giugno 1985, n. 312, art. 1 sexies convertito dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.

Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Messina propose appello deducendo pena illegale.

La corte d’appello di Messina, con la sentenza in epigrafe, osservò:

– che, essendo stata la sentenza di primo grado impugnata dal solo Procuratore generale, la stessa era passata in giudicato in ordine alla affermazione di responsabilità dell’imputato per i reati ascrittigli; – che era irrilevante la documentazione prodotta relativa alla domanda di condono edilizio nel frattempo presentata; – che pertanto doveva solo rideterminarsi la pena.

L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge perchè la statuizione sulla sua responsabilità non era passata in giudicato e quindi la corte d’appello ha errato nel non dichiarare i reati estinti per condono edilizio o per prescrizione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato, perchè la corte d’appello ha male interpretato la giurisprudenza di questa Corte in tema di formazione del giudicato e di preclusione ed è quindi incorsa in un errore di diritto.

E difatti, il principio affermato da questa Corte applicabile nel caso in esame non è quello sull’effetto devolutivo dell’impugnazione del pubblico ministero (irrilevante nella specie) ma quello secondo cui "Poichè la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza (nel senso che la decisione acquista il carattere dell’irrevocabilità soltanto quando sono divenute irretrattabili tutte le questioni necessarìe per il proscioglimento o per la condanna dell’imputato rispetto a uno dei reati attribuitigli), e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all’effetto devolutivo del gravame e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni, in caso di condanna la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell’imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l’autorità di cosa giudicata, quando per quello stesso capo l’impugnante abbia devoluto al giudice l’indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena, sicchè la res iudicata si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame. Ne consegue che l’eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finchè il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente la definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce" (Sez. Un., 19.1.2000, n. 1, Tuzzolino, m.

216239). Nello stesso senso: "L’impugnazione proposta dall’imputato con riferimento al solo aspetto della quantificazione della pena, impedendo che il relativo capo della sentenza acquisti autorità di cosa giudicata, non esime il giudice del gravame dal compito di rilevare, nel rispetto dell’art. 129 cod. proc., pen., eventuali cause di estinzione del reato" (Sez. 3, 18.12.2007, n. 6983, Minini, m. 239274).

La corte d’appello, pertanto, non poteva ritenere che fosse passata in giudicato l’affermazione di responsabilità dell’imputato.

Nella specie i reati si sono consumati il (OMISSIS).

L’ordinario termine massimo di prescrizione scadeva quindi, per i reati di cui ai capi A) e C) il 7 dicembre 2004 e per il reato di cui al capo B) il 7 giugno 2003. Devono poi aggiungersi i periodi di sospensione della prescrizione e precisamente: giorni 8 (dal 17.2.2004 al 19.10.2004) per astensione del difensore; anni 1 e giorni 5 (dal 13.1.2009 al 18.1.2010) per astensione; e giorni 60 L. 28 febbraio 1985, n. 47, ex art. 13 per un totale di anni 1, mesi 10 e giorni 5.

Non possono invece calcolarsi i rinvii delle udienze disposte dalla corte d’appello per condono, perchè si tratta di opere non condonabili e quindi detti rinvii non avrebbero dovuto essere concessi.

Ne deriva che i reati di cui ai capi A) e C) si sono prescritti il 12 ottobre 2006 (e quello di cui al capo B) un anno e mezzo prima).

La corte d’appello ha quindi errato nel non rilevare e dichiarare la già intervenuta causa di estinzione dei reati per prescrizione.

La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i reati sono estinti per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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