T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 11-08-2011, n. 1244 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I. La Società ricorrente D. S.r.l.- che dal 1987 gestisce in Comune di Sa Paolo d’Argon il servizio di accertamento e riscossione dell’imposta sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni – espone in fatto quanto segue:

* con deliberazione 9.5.1995, n. 17, il Consiglio Comunale di quel Comune approvava l’apposito regolamento in materia che all’art. 5 prevedeva, in conformità al dettato dell’art. 25 D. Lgs. 507/93, che il servizio de quo potesse essere gestito sia in forma diretta sia in concessione e che fosse il Consiglio Comunale, con propria deliberazione, a stabilire la forma di gestione;

* con successiva deliberazione n. 20 del 2003, il Consiglio Comunale deliberava l’affidamento in concessione a società iscritta all’Albo di cui al D.M. 289/2000 e approvava il capitolato, in cui era contemplata la possibilità di proroga, per anni tre, della durata della concessione, pure fissata in anni tre;

* in data 18.12.2006, il Comune – attesa la scadenza della concessione al 31.12.2006 – chiedeva a D. la rendicontazione delle riscossioni 2006, la banca dati dei contribuenti e altra documentazione;

* in data 5.1.2007, D. chiedeva al Comune chiarimenti nonché la proroga della concessione per ulteriori tre anni, ai sensi della vigente normativa comunale e statale (art. 1 legge 248/2005, che espressamente prevede la possibilità di proroga dei contratti in corso sino al 31.12.2010);

* con nota in pari data, il responsabile dell’area finanziaria del Comune affermava che il Comune non intendeva concedere la proroga, ex art. 1 l. 248/2005, della concessione scaduta il 31.12.2006 e diffidava D. dal proseguire nella gestione del servizio.

Avverso le menzionate note comunali 18.12.2006 e 5.1.2007, D. deduce le seguenti censure:

1) violazione artt. 40 e 42 D. Lgs. 267/2000 e dell’art. 52 D. Lgs. n. 446/1997; eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti atti, nell’assunto di fondo che la gestione diretta del servizio doveva essere deliberata dal Consiglio comunale e che il Comune non potrebbe assumere "de facto" il servizio, in assenza di valutazione preliminare diversa e opposta a quella espressa con la citata deliberazione n. 20/2003;

2) eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e motivazione; violazione degli artt. 1 e 3 legge 241/90, dell’art. 3 comma 25 legge 248/2005, dell’art. 97 Cost. e del principio di economicità dell’azione amministrativa, in quanto non risulterebbe svolta alcuna attività istruttoria preliminare e il Comune avrebbe optato per la gestione diretta, senza un confronto comparativo tra le diverse forme di gestione possibile (analisi costi/benefici) e senza considerare la facoltà di proroga, prevista in capitolato e dalla normativa in materia.

Infine, D. formula domanda di risarcimento danni, in misura "quanto meno pari agli utili goduti nel triennio precedente, come risultano per il 2006 dalla comunicazione in data 28.1.2006" (recte: 27.12.2006, pervenuta al Comune il 28.12.2006) e con riserva di esatta quantificazione.

II. Con ordinanza 14 febbraio 2007, n. 193, questa Sezione staccata respingeva la domanda cautelare di parte ricorrente, ritenendo l’assenza del requisito del fumus boni iuris per le seguenti ragioni:

– l’art. 3 comma 25 legge 248/2005 prevede una mera facoltà i proroga dei contratti in corso tra enti locali e società iscritte all’Albo e non invece una ipotesi di proroga automatica;

– l’art. 27 del regolamento comunale prevede la possibilità di proroga della concessione qualora le condizioni economiche offerte siano più favorevoli al Comune e a tal fine spetta al concessionario indicare, almeno sei mesi prima della data di scadenza, le condizioni per il rinnovo;

– la ricorrente non deduce di aver posto in essere tali adempimenti, mentre il Comune, a fronte dello spirare del termine di scadenza naturale della concessione, non sembra tenuto allo svolgimento di particolari attività istruttorie o ad assolvere ai dedotti oneri motivazionali.

III. Il Comune si è successivamente costituito in giudizio (27 febbraio 2007), eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per inesistenza di un atto amministravo impugnato (essendo la nota 5.1.2007 una mera comunicazione) e per difetto di legittimazione ad agire in capo a D..

Nel merito, il Comune contesta la fondatezza delle censure avversarie e ne chiede la reiezione.

IV. In vista dell’odierna udienza di discussione, parte ricorrente ha dimesso memoria conclusiva in cui controdeduce alle eccezioni e argomentazioni contenute nell’atto di costituzione del Comune e insiste, in particolare, sulla competenza consiliare a mutare il modulo gestionale.

Il Comune ha successivamente depositato memoria di replica.

Indi, il ricorso è passato in decisione.

V Ciò premesso, il Collegio osserva che la controversia può essere decisa, nel merito, alla stregua dei principi di diritto già enunciati dalla Sezione nella menzionata ordinanza cautelare n. 193/2007 e che non risultano revocati in dubbio dalla successiva attività difensiva svolta da D..

V.1. Invero, questa avanza essenzialmente in causa la pretesa al rinnovo della concessione scaduta: tale è, innanzitutto, la richiesta espressa formulata da D. al Comune nella propria nota 4 gennaio 2007, mentre la concreta modulazione della domanda risarcitoria formulata in ricorso (quantificazione del danno in misura quantomeno pari agli utili conseguiti nel triennio precedente) si pone sulla stessa linea di continuità logicogiuridica e ne rappresenta, al contempo, la più plastica dimostrazione, laddove parte attrice chiede, sostanzialmente, di essere tenuta indenne dal mancato rinnovo per un ulteriore triennio.

In siffatto contesto, le domande annullatorie proposte da D. costituiscono semplicemente il necessario "ponte" processuale tra questi due estremi a monte e a valle, tanto che dell’astratta ammissibilità delle stesse (sotto il profilo della difficile riconoscibilità di una natura provvedimentale agli atti impugnati) è più che lecito – come fa il Comune – dubitare.

Tuttavia, a prescindere dagli aspetti in rito della controversia, è la suddetta pretesa di fondo ad, essere, in sé non meritevole di accoglimento.

V.2. Invero, da tempo la giurisprudenza del Consiglio di stato si è pronunciata sul tema della negata proroga della concessione del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, ritenendo infondata la pretesa di un automatico rinnovo.

In particolare, la sentenza Sez. V, 1 ottobre 2001, n. 5181 ha:

i) affermato che " la posizione differenziata del concessionario non assume la configurazione di una pretesa assoluta ad ottenere la conferma perchè è sempre il Comune che deve decidere la continuazione o meno del rapporto";

ii) ribadito il principio, enunciato nelle precedenti pronunce della medesima Sez. V (5 febbraio 1993, n. 241; 25 settembre 1995, n. 1343; 28 gennaio 1998, n. 101), secondo cui "in sede di conferimento in concessione del servizio in questione, l’ipotesi di conferma del precedente concessionario deve ritenersi di natura eccezionale e, come tale, non solo rigorosamente subordinata alla condizione, stabilita dal menzionato art. 44 del D.P.R. n. 639 del 1972, della non maggiore onerosità, ma anche ad un discrezionale apprezzamento dell’Amministrazione cui compete di scegliere la soluzione più rispondente all’interesse pubblico";

iii) ritenuto " sorretto da idonea giustificazione il comportamento dell’Amministrazione comunale che, non avendo ritenuto di accogliere la domanda di conferma dell’appellante nella concessione del servizio in parola, ha stabilito di indire una licitazione privata all’evidente scopo di ottenere un migliore risultato", anche in considerazione della circostanza che l’Amministrazione comunale non era "stata posta in condizione di valutare le migliori proposte della Ditta".

V.3. E’ la stessa circostanza che ricorre anche nel caso di specie in cui, per di più, il Regolamento dettato in materia dal Comune di San Paolo d’Argon (cui pure la ricorrente si richiama, al primo motivo, per sostenere la necessità di una deliberazione consiliare circa l’assunzione del servizio in gestione diretta) procedimentalizza espressamente l’ipotesi della proroga: l’art. 9 comma 2 (e non 27 come indicato nell’ordinanza cautelare n. 193/2007) del Regolamento 1995 recita, infatti, testualmente che "qualora la concessione sia di durata inferiore a sei anni (come nel caso di specie: tre, NdE) si può procedere al suo rinnovo fino al raggiungimento di tale limite, purché le condizioni contrattuali siano più favorevoli per il Comune: a tal fine il concessionario deve presentare apposita istanza, almeno sei mesi prima della data di scadenza della concessione, indicando le condizioni per il rinnovo".

L’utilizzo dei verbi "si può" e "deve" in tale disposizione regolamentare è inequivoco nel rimarcare il carattere facoltativo della proroga e nel porre – quale sua conditio sine qua non – un preciso onere a carico del concessionario, consistente nella formulazione di una proposta, migliorativa di quella in atto, almeno sei mesi prima della scadenza della concessione.

Non avendo D. adempiuto a tale onere (la Soc. concessionaria ha comunicato al Comune semplicemente la propria disponibilità a concordare condizioni economiche più vantaggiose e ciò solo a concessione scaduta, cioè il 4 gennaio 2007), non si è integrato il necessario presupposto regolamentare per l’eventuale proroga della concessione, cosicché si è ripresentata al Comune una situazione per così dire "azzerata", in cui esercitare l’opzione circa le possibili forme alternative di gestione del servizio, contemplate all’art. 5 del Regolamento 1995.

V.4. Ma una volta che D. non ha manifestato – nei modi e nei termini prescritti dal Regolamento – il proprio interesse sostanziale alla prosecuzione del servizio, la stessa Ditta ha perso, di conseguenza e all’evidenza, qualsiasi interesse processuale a contestare le modalità formali/procedurali con cui il Comune è pervenuto alla determinazione di assumere il servizio de quo in gestione diretta, vuoi deducendo (primo motivo) censure lato sensu di incompetenza (per assenza di una deliberazione del Consiglio Comunale in tale direzione); vuoi reclamando un difetto di istruttoria e di motivazione (secondo motivo) cui – come esattamente osservato nella più volte citata Ordinanza cautelare n. 193/2007 – il Comune non risulta tenuto, allorché decide di svolgere direttamente il servizio pubblico locale di cui si tratta, dopo che il concessionario non ha presentato, nei termini, l’apposita istanza di proroga della concessione in corso.

Sotto questo profilo, risulta fondata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dal Comune stesso.

V.5. Per le considerazioni che precedono, la pretesa alla proroga della concessione, dedotta in causa da parte ricorrente, è destituita di fondamento, risultando, di conseguenza, la stessa Ditta ricorrente priva della necessaria legittimazione a impugnare i provvedimenti comunali di assunzione della gestione diretta del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni.

In conclusione, il ricorso va respinto, in uno con le domande impugnatorie e risarcitorie ivi proposte.

Le spese seguono la soccombenza e sono equitativamente liquidate in complessivi Euro 2.500 (euro duemilacinquecento/00), oltre oneri di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo RESPINGE.

Condanna D. Srl a rifondere al Comune le spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.500 (euro duemilacinquecento/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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