T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 12-08-2011, n. 7085 Associazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in trattazione, notificato il 6 novembre 2008 e depositato il successivo 1° dicembre, l’associazione ricorrente espone che:

– con lettera prot. n. 310432/II/4 del 27.6.2006, il Direttore Generale dell’Ufficio nazionale per il Servizio Civile disponeva una verifica della predetta associazione con sede nazionale in Borgia (Catanzaro) al fine di accertare l’efficiente gestione del servizio e la corretta realizzazione del progetto relativo al 1° bando 2005 dal titolo "Un angelo blu per amico" settore assistenza a 01 anziani e a 06 disabili;

– la verifica veniva eseguita il 30 giugno/1 luglio 2006 dall’ispettore Luigi Nolgo, il quale redigeva la relazione, nella quale veniva rilevato che: la citata associazione aveva omesso la predisposizione e la relativa tenuta di un fascicolo personale per ogni volontario; la sede di Curinga, accreditata come sede di attuazione del progetto, non esisteva; i volontari erano stati impiegati, sia pure saltuariamente, presso sedi diverse da quelle indicate nel progetto, ed in attività non previste dal progetto stesso; non era stato individuato l’operatore locale di progetto né era presente in sede; l’associazione aveva omesso di effettuare i dovuti controlli sulla gestione della rilevazione giornaliera delle presenze nonché l’orario di servizio effettuato dai volontari;

– contestati i predetti addebiti e presentate le controdeduzioni, il Ministero della Solidarietà Sociale, con provvedimento del 31.8.2006, disponeva la cancellazione dall’albo degli enti di Servizio Civile.

Ciò esposto, ritenendo tale provvedimento illegittimo, ne ha chiesto, previa sospensione l’annullamento per i seguenti motivi, cosi dalla medesima associazione paragrafati:

1)- violazione dell’art, 3 bis della legge 6.3.2001 n. 64, come aggiunto dall’art. 6quinquies del D.L. 31.1.2005 n. 7 nel testo integrato dalla relativa legge di conversione;

2)- eccesso di potere per falsa ed erronea rappresentazione dei fatti: travisamento dei fatti; erroneità dei presupposti;

3)- eccesso di potere o insufficiente motivazione.

Si è costituito per resistere il Ministero della Solidarietà Sociale.

Con ordinanza collegiale n. 30/2007 l’istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato è stata respinta.

La causa è stata, quindi, chiamata e posta in decisione all’udienza pubblica del 21 gennaio 2010.

Motivi della decisione

Il ricorso è volto ad ottenere l’annullamento del decreto del 31.8.2006, con il quale, visti gli addebiti mossi all’associazione ricorrente a seguito di verifica ispettiva, è stata disposta a carico della stessa "la sanzione amministrativa della cancellazione dall’albo degli enti di servizio civile" ai sensi dell’art. 3 bis, comma 2, lett. d) della legge 6 marzo 2001, n. 64".

In particolare la sanzione è stata irrogata sul presupposto che le controdeduzioni presentate in sede di giustificazione agli addebiti non sarebbero congrue e sufficienti in quanto "non corredate da sufficiente, adeguata e obiettiva documentazione, con particolare riguardo alla mancanza dell’operatore locale e carenze nella realizzazione del progetto tali da pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi (par. 2.5 lett. e della circolare 8 settembre 2005)".

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione del principio di proporzionalità, sull’assunto che sarebbe stata applicata la sanzione massima, senza adeguata motivazione, nonché in assenza della reiterazione dei fatti addebitati.

La censura è inammissibile, in quanto, come affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. St., IV, 16.10.2009, n. 6353) la valutazione della gravità dei fatti commessi in relazione all’applicazione delle sanzioni amministrative costituisce una tipica espressione della discrezionalità amministrativa, non sindacabile dal giudice della legittimità, se non nell’ipotesi di carenza di motivazione, ovvero di sproporzionalità desumibile ictu oculi, non riscontrabili nella fattispecie in esame.

Quanto alla motivazione, il provvedimento impugnato, infatti, risulta adeguatamente motivato con riferimento alla visita ispettiva, alla nota di contestazione degli addebiti e alla insufficiente dimostrazione delle giustificazioni addotte dall’odierna ricorrente.

Parimenti motivata è la gravità degli addebiti in quanto, come sopra evidenziato, essi pregiudicano il raggiungimento degli obiettivi, circostanza questa che costituisce ex sé adeguata motivazione sulla gravità degli stessi e che non può ritenersi macroscopicamente sproporzionata.

Gravità, peraltro, ulteriormente motivata nel successivo capoverso, laddove si precisa che questi "appaiono gravi in quanto comportano la violazione di diversi doveri…quali, più specificatamente, il dovere di assicurare una regolare gestione dei volontari e l’obbligo di porre in essere il complesso delle attività di progetto, anche assicurando la presenza in sede, delle figure professionali indicate nel progetto stesso".

Quanto alla mancata reiterazione dei fatti addebitati, la circostanza non impediva all’amministrazione l’applicazione della predetta sanzione massima.

E’ ben vero che l’art. 3bis della legge 6 marzo 2001, n. 64 (aggiunto dall’art. 6quinquies, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione) prevede che le sanzioni sono applicate "in ordine proporzionale e crescente, secondo la gravità del fatto, la sua reiterazione, il grado di volontarietà o di colpa, gli effetti prodottisi", ma è anche vero che al successivo periodo la sanzione della cancellazione dall’albo non è in alcun modo subordinata alla condizione della reiterazione delle inadempienze, ma unicamente alla "particolare gravità delle condotte contestate", che nella specie sono state evidenziate con il riferimento al pregiudizio delle stesse al raggiungimento degli obiettivi.

Le argomentazioni che precedono rendono altresì infondato il terzo motivo, con il quale la ricorrente lamenta ulteriormente la carenza di motivazione sulla irrogazione della sanzione massima della cancellazione.

Con il secondo motivo si contesta, poi, la fondatezza degli addebiti.

Le doglianze non hanno pregio.

E’ sufficiente al riguardo rilevare che, comunque, non risultano adeguatamente contestati gli addebiti della mancanza dell’operatore locale e della mancata produzione della documentazione sull’attività formativa sia generale che specifica a favore dei volontari come prevista nel progetto e quella relativa all’attività di monitoraggio interno, finalizzata alla valutazione dei risultati del progetto e alla verifica degli esiti della formazione svolta, sul cui principale presupposto l’amministrazione ha ritenuto le inadempienze "tali da pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi".

In conclusione e per quanto sopra argomentato, il ricorso risulta infondato in ordine a tutte le censure dedotte e deve essere, conseguentemente, respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi, stante la particolare natura della controversia, per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti e onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. III bis, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.

Spese, diritti e onorari, compensati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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