T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 12-08-2011, n. 1358 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. Le ricorrenti sono rispettivamente la ditta costruttrice e la proprietaria ed utilizzatrice di un traliccio di irradiazione di segnali televisivi sito sul Monte Crocione, in località S. Vito di Moruri nel Comune di Verona, installato in assenza di concessione edilizia.

B. La ditta C. ha presentato, nell’aprile 1986, due domande di condono ai sensi della l. n. 47 del 1985, aventi ad oggetto il ripetitore ed un manufatto (container) utilizzato per il ricovero delle apparecchiature elettroniche, versando l’oblazione dovuta.

C. Trattandosi di opere insistenti su un’area sottoposta al vincolo paesaggistico, è stato richiesto all’amministrazione provinciale, al tempo autorità subdelegata alla tutela di tale vincolo, il parere prescritto ai sensi dell’art. 32, comma 1 della l. n. 47 del 1985.

D. Con decreto del 20 giugno 1991 il Presidente della Provincia di Verona si è espresso favorevolmente, ritenendo che "l’intervento in argomento non rechi pregiudizio per la tutela dell’ambiente"; tale parere, tuttavia, non è stato reso ai sensi dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985 bensì dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939.

E. Acquisita copia del provvedimento in data 15 novembre 1991, la Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici di Verona ha trasmesso, in data 19 dicembre 1991, gli atti al Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, proponendo l’annullamento dell’autorizzazione, trattandosi di una tipologia di manufatto del tutto avulsa dal contesto ambientale ed avente considerevoli dimensioni.

F. Con decreto dell’11 gennaio 1992, il Ministero ha annullato l’autorizzazione de qua, ai sensi dell’art. 82, comma 9 del D.P.R. n. 616 del 1977, come integrato dall’art. 1 della l. n. 431 del 1985.

G. Il suddetto provvedimento è stato impugnato con il ricorso iscritto al n. 1345 del 1992.

H. Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985 e dell’art. 82 del D.P.R. n. 616 del 1977, come integrato dall’art. 1 della l. n. 431 del 1985, in quanto il Ministero, in forza di tali disposizioni, non avrebbe alcun potere di annullamento dei nulla osta rilasciati nell’ambito dei procedimenti di condono ai sensi dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985.

Con il secondo motivo di ricorso è stata censurata la violazione dell’art. 32 l. n. 47 del 1985 e dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939, nonché dedotto il vizio di eccesso di potere per erroneità dei presupposti, a motivo della insussistenza del vincolo sia al tempo della realizzazione delle opere sia al momento della presentazione e della valutazione della domanda, dovendosi ritenere, dunque, formato il silenzio assenso sull’istanza di condono.

Con il terzo motivo di ricorso è stata censurata la violazione dell’art. 1 della l. n. 223 del 1990 ed è stato dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in considerazione della preminenza dell’interesse sotteso alla diffusione di programmi radiofonici o televisivi e della omessa comparazione dei diversi interessi coinvolti.

Il quarto motivo di ricorso si appunta sul vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, contraddittorietà interna e sulla violazione dell’art. 82, comma 3 del D.P.R. n. 616 del 1977, avendo il Ministero erroneamente ritenuto che il vincolo sulle aree interessate dall’intervento derivi da una notifica eseguita ai sensi della l. n. 1497 del 1939, mentre, in realtà, tale vincolo è stato introdotto solo con l’adozione del Piano territoriale regionale di coordinamento (di seguito P.T.R.C.), risultando, inoltre, del tutto improprio il richiamo all’art. 82 sopra citato, riferito ad altre fattispecie.

Con il quinto motivo di ricorso è stata censurata la violazione art. 82 del D.P.R. n. 616 del 1977, come integrato dalla l. n. 431 del 1985, non essendo stato rispettato il termine di sessanta giorni per l’esercizio del potere di annullamento.

Con il sesto motivo di ricorso è stato censurato il vizio di eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà rispetto ad un precedente nulla osta, rilasciato ai sensi dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939 per la realizzazione di una recinzione sulla medesima aree sulla quale insistono le opere de quibus, in relazione al quale il Ministero non ha ritenuto di esercitare il potere di annullamento.

I. L’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali si è costituita in giudizio per resistere al gravame, concludendo per la reiezione del ricorso in quanto infondato.

L. A seguito dell’acquisto della proprietà dell’area de qua, l’E.I.G.P. Spa, ritenendo erroneamente che la recinzione fosse stata eseguita abusivamente, ha presentato, in data 3 marzo 1995, una nuova istanza di condono edilizio, corrispondendo, a titolo di oblazione, la somma forfettaria di lire duemilioni; con la medesima domanda, inoltre, ha provveduto a determinare gli oneri concessori che riteneva dovuti in relazione ad una domanda di condono presentata dalla ditta G.C. in data 3 maggio 1986, avente ad oggetto un deposito per le attrezzature elettriche.

M- L’amministrazione comunale, tuttavia, ha rigettato, con provvedimento del 30 gennaio 1999 la domanda di condono presentata dalla Ditta G.C., in considerazione del provvedimento ministeriale di annullamento del nulla osta paesaggistico e, inoltre, con provvedimento del 21 gennaio 1999, ha dichiarato improcedibile ed archiviato l’istanza di condono avente ad oggetto la recinzione, in quanto riferita ad un’opera già regolarmente assentita.

N. I suddetti provvedimenti sono stati impugnati dall’E.I.G.P. Spa (ora T. Spa) con ricorso iscritto al n. 737 del 1999.

O. Avverso il provvedimento del 30 gennaio 1999, di rigetto della domanda di condono presentata dalla ditta G.C., è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985, come modificato dagli art. 39 della l. n. 724 del 1994 e 2 della l. n. 662 del 1996 nonché dell’art. 82, comma 9 del D.P.R. n. 616 del 1977, come modificato dall’art. 1 ella l. n. 431 del 1985, dell’art. 6 della l.r.63 del 1994 e dell’art. 1 della l.r. n.11 del 1984. La difesa di parte ricorrente sostiene, nello specifico, che il decreto ministeriale di annullamento del nulla osta paesaggistico non implicherebbe alcuna valutazione negativa in ordine alla compatibilità dell’intervento con il contesto circostante, essendo necessaria la prosecuzione del procedimento attraverso una nuova determinazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo e, cioè, dell’amministrazione comunale, alla quale sono state subdelegate, con la l.r. n.63 del 1994, le competenze della Regione in materia.

Con il secondo motivo di ricorso, direttamente riferito al provvedimento ministeriale di annullamento del nulla osta paesaggistico, è stata dedotta la violazione degli artt. 32 della l. n. 47 del 1985 e dell’art. 82, comma 9 del D.P.R. n. 616 del 1977, come modificato dall’art. 1 della l. n. 431 del 1985, in quanto il potere di annullamento riconosciuto al Ministro avrebbe natura eccezionale, riferendosi solo alle autorizzazione rilasciate ai sensi dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939. Con il medesimo mezzo di gravame viene, inoltre, contestata la violazione del termine di sessanta giorni prescritto dall’art. 82, comma 9 sopra citato per l’esercizio del potere di annullamento nonché lamentata la violazione degli artt. 7 e 8 della l. n. 241 del 1990 ed difetto di motivazione del provvedimento ministeriale.

Con l’ultimo motivo di ricorso è stato dedotto il vizio di eccesso di potere per incongruità della motivazione e travisamento della situazione di fatto, non avendo l’amministrazione correttamente valutato la domanda di condono edilizio presentata dalla ricorrente nel 1995, la quale era riferita non solo alla recinzione ma anche al deposito delle attrezzature elettriche.

In via subordinata, inoltre, richiesto l’accertamento dell’obbligo del Comune di Verona di restituzione delle somme versate a titolo di oblazione ed anticipazione degli oneri concessori, in quanto non dovute.

P. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Verona si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame, concludendo per la reiezione del ricorso in quanto irricevibile e comunque infondato.

Q. All’udienza del 19 maggio 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive conclusioni, dopo di che le cause sono state trattenute per la decisione.

Motivi della decisione

1. In via preliminare il Collegio dispone la riunione dei ricorsi stante la loro evidente connessione soggettiva e oggettiva.

2. Nel merito il primo dei ricorsi riuniti è infondato e va respinto per le seguenti ragioni.

2.1 Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985 e dell’art. 82 del D.P.R. n. 616 del 1977, come integrato dall’art. 1 della l. n. 431 del 1985, in quanto il Ministero, in forza di tali disposizioni, non avrebbe alcun potere di annullamento dei nulla osta rilasciati nell’ambito dei procedimenti di condono ai sensi dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985.

2.2 La censura non merita accoglimento.

2.3 Come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza del giudice d’appello (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 28 gennaio 1998, n. 114, dalla quale sono tratte le considerazioni di seguito riportate) l’art. 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 subordina la sanatoria delle opere edilizie eseguite su aree vincolate al parere delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli stessi. Per le aree soggette a vincolo paesaggistico deve applicarsi la disciplina dettata dalla legge 8 agosto 1985 n. 431, che, modificando l’art. 82 del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, ha confermato la delega alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali per la protezione delle bellezze naturali "per quanto attiene alla loro individuazione, alla loro tutela e alle relative sanzioni", ferme restando le misure (di sostituzione in caso di inerzia e di annullamento in caso di autorizzazione illegittima) la cui adozione è riservata al Ministero per i beni e le attività culturali.

Dunque, il parere previsto dall’art. 32 della legge n. 47 del 1985, ai fini del rilascio della concessione edilizia in sanatoria, ha natura e funzioni identiche all’autorizzazione paesaggistica ex art. 7 della legge n. 1497 del 1939, in quanto entrambi gli atti costituiscono il presupposto che legittima la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta. Pertanto, resta fermo anche in tale ipotesi il potere di annullamento ministeriale del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall’ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario (cfr., in termini: Consiglio di Stato, sez. VI, 28 gennaio 1998 n. 114).

2.4 Con il secondo motivo di ricorso è stata censurata la violazione dell’art. 32 l. n. 47 del 1985 e dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939, nonché dedotto il vizio di eccesso di potere per erroneità dei presupposti, a motivo dell’insussistenza del vincolo sia al tempo della realizzazione delle opere sia al momento della presentazione e della valutazione della domanda, dovendosi ritenere, dunque, formato il silenzio assenso sull’istanza di condono.

2.5 La censura è infondata e va disattesa.

2.6 Il Collegio evidenzia, infatti, che il P.T.R.C., che ha inserito l’area de qua tra le zone di particolare pregio ambientale, è stato adottato con deliberazione della Giunta Regionale n. 7090 del 23 dicembre 1986 e successivamente approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n.250 del 13 dicembre 1991; il piano costituisce lo strumento regionale di governo del territorio, ed è attualmente in corso il procedimento di aggiornamento, in linea con il nuovo quadro programmatico previsto dal Programma Regionale di Sviluppo (PRS) e in conformità con le nuove disposizioni introdotte con il d. lgs. n. 42 del 2004.

Dalla documentazione versata in atti emerge per tabulas che il Presidente della Provincia ha adottato il provvedimento autorizzatorio il 20 giugno 1991 e, dunque, nel corso del quinquennio di applicazione del regime di salvaguardia, previsto dall’art. 35 della l.r. n. 61 del 1985.

Come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza, inoltre, l’epoca in cui è sorto il vincolo (antecedente o successiva alla commissione dell’abuso) è del tutto ininfluente, essendo comunque necessario il parere prescritto dal’art. 32 della l. n. 47 del 1985. In proposito, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (22 luglio 1999, n. 20) ha precisato che tale disposizione, nella parte in cui subordina al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo il rilascio della concessione in sanatoria, deve interpretarsi nel senso che l’obbligo di pronuncia coinvolge comunque la rilevanza del vincolo esistente al momento in cui la domanda di sanatoria è valutata e ciò a prescindere dall’epoca di introduzione (cfr. anche: Cons. St., sez. VI, 22 gennaio 2001, n. 181; sez. V, 27 marzo 2000, n. 1761; T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 14 luglio 2009, n.688).

2.7 Con il terzo motivo di ricorso è stata censurata la violazione dell’art. 1 della l. n. 223 del 1990 ed è stato dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in considerazione della preminenza dell’interesse sotteso alla diffusione di programmi radiofonici o televisivi e della omessa comparazione dei diversi interessi coinvolti.

2.8 La censura è infondata.

2.9 Le argomentazioni poste alla base del decreto ministeriale evidenziano il difetto di motivazione del nulla osta rilasciato dalla Provincia, che manca di ogni concreta indicazione in ordine alla compatibilità dell’opera con l’area tutelata.

Il provvedimento gravato evidenzia, dunque, l’assoluta inadeguatezza del nulla osta provinciale sotto il profilo motivazionale, tenuto conto del particolare pregio dell’area, delle considerevoli dimensioni dell’opera e delle sue caratteristiche tipologiche. Né è possibile affermare la prevalenza dell’interesse alla diffusione di programmi, peraltro di una rete commerciale, rispetto ad interessi di particolare rilievo costituzionale ed in presenza di elementi – adeguatamente esplicitati nel provvedimento ministeriali di annullamento – idonei ad palesare la compromissione del contesto ambientale coinvolto.

2.10 Non merita accoglimento neanche il quarto motivo di ricorso, con il quale è stato dedotto vizio di eccesso di potere nonché la violazione dell’art. 82, comma 3 del D.P.R. n. 616 del 1977, avendo il Ministero erroneamente ritenuto che il vincolo sulle aree interessate dall’intervento derivi da una notifica eseguita ai sensi della l. n. 1497 del 1939, essendo stato, invece, introdotto solo con l’adozione del P.T.R.C..

2.11 L’erronea indicazione contenuta nel decreto ministeriale costituisce, infatti, un lapsus calami, reso evidente dall’individuazione, nelle premesse dello stesso provvedimento, della fonte del vincolo nella deliberazione del Consiglio Regionale e verosimilmente da imputare alla circostanza che la maggior parte dei vincoli sono stati introdotti nella Regione Veneto con decreti miniteriali.

Si osserva, inoltre, la l.r. n. 9 del 1986 ha espressamente attribuito al P.T.C.R., valenza paesaggistica.

2.12 Con il quinto motivo di ricorso è stata censurata la violazione art. 82 del D.P.R. n. 616 del 1977, come integrato dalla l. n. 431 del 1985, non essendo stato rispettato il termine di sessanta giorni per l’esercizio del potere di annullamento.

2.13 La censura è infondata.

2.14 Il Collegio evidenzia, conformemente alla consolidata giurisprudenza, che il provvedimento di annullamento del nulla osta paesaggistico rilasciato dall’ente subdelegato non ha natura di atto recettizio e, pertanto, il termine perentorio di sessanta giorni, previsto per l’eventuale annullamento, attiene alla sua adozione e non anche alla sua comunicazione (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 12 ottobre 2010, n. 7419).

Nella fattispecie oggetto di giudizio il decreto di annullamento è stato adottato l’11 gennaio 1992 mentre il nulla osta e la relativa documentazione sono stati trasmessi il 15 novembre 1991, sicché il termine perentorio di sessanta giorni è stato rispettato.

2.15 Con il sesto motivo di ricorso è stato censurato il vizio di eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà rispetto ad una precedente nulla osta rilasciato ai sensi dell’art. 7 della l. n. 1497 del 1939 per la realizzazione di una recinzione sulla medesima aree interessata dalle opere de quibus, in relazione al quale il Ministero non ha ritenuto di esercitare il potere di annullamento.

2.16 La censura è priva di pregio e va disattesa.

2.17 Non è possibile, infatti, operare alcuna comparazione tra valutazioni aventi ad oggetto opere radicalmente diverse sotto il profilo strutturale, dimensionale e funzionale, quali la recinzione autorizzata e l’impianto di trasmettitore ed il manufatto in esame.

Per le ragioni sopra esposte, dunque, il ricorso va rigettato in quanto infondato.

3. Il Collegio deve, a questo punto, procedere all’esame del secondo dei ricorsi riuniti proposto dall’E.I.G.P. Spa (ora T. Spa) con il quale è stato impugnato il decreto ministeriale dell’11 gennaio 1992 di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Presidente della Provincia di Verona, il provvedimento dell’amministrazione comunale di rigetto della domanda di condono presentata dalla ditta C.G. e la determinazione della medesima amministrazione di archiviazione della domanda di condono avente ad oggetto la recinzione già regolarmente assentita.

3.1. Il Collegio deve, preliminarmente esaminare l’eccezione di irricevibilità per tardività del ricorso nella parte in cui viene impugnato il decreto ministeriale di annullamento del nulla osta paesaggistico.

3.2 L’eccezione è fondata.

Il provvedimento ministeriale è stato adottato in data 11 gennaio 1992 e la ricorrente ne ha avuto tempestiva conoscenza tant’è che lo ha impugnato con il primo dei ricorsi riuniti proposto nel 1992; tutte le censure dirette a contestare la legittimità di tale provvedimento sono, dunque, tardive, in quanto avrebbero dovuto essere proposte nei termini di decadenza.

3.3. Il Collegio deve, quindi, esaminare l’unico motivo con il quale la società ricorrente lamenta l’illegittimità del diniego di condono per vizi propri e, segnatamente, per violazione dell’art. 32 della l. n. 47 del 1985, come modificato dagli art. 39 della l. n. 724 del 1994 e 2 della l. n. 662 del 1996, dell’art. 82, comma 9 del D.P.R. n. 616 del 1977, come modificato dall’art. 1 ella l. n. 431 del 1985, dell’art. 6 della l.r.63 del 1994 e dell’art. 1 della l.r. n.11 del 1984, essendo stato tale diniego adottato in assenza di una determinazione definitiva in relazione alla compatibilità delle opere abusive con i vincoli alla quale era assoggetta l’area.

3.4 Anche tale censura è infondata e va disattesa giacché, secondo l’orientamento della giurisprudenza condiviso dal Collegio, l’annullamento ministeriale esaurisce il procedimento relativo alla compatibilità ambientale e paesaggistica. E, infatti, l’annullamento da parte dell’autorità statale costituisce espressione di un sistema di concorrenza di poteri in cui la partecipazione statale al procedimento regionale o sub regionale si concreta in un’eventuale fase correttiva di secondo grado collegata ad esigenze di estrema difesa del vincolo paesaggistico. Da tale ricostruzione discende che l’annullamento ministeriale chiude il procedimento relativo alla compatibilità delle opere con il vincolo paesaggistico e ambientale e consuma il relativo potere senza che vi sia la possibilità di un ulteriore esercizio dello stesso da parte dell’autorità regionale o subregionale (cfr. Cons. Stato, VI, 6.2.2003, n. 592; Tar Toscana, III, 22.9.2005, 4531).

Ne discende, dunque, che in presenza dell’annullamento ministeriale il Comune resistente non poteva che concludere negativamente il procedimento di condono, senza nuovamente riattivare la procedura per la valutazione di compatibilità degli interventi oggetto dell’istanza ex lege n. 47/1985 in quanto l’esercizio dei relativi poteri si era esaurito con l’emanazione del decreto di annullamento del parere provinciale.

3.5 L’ultima censura ha ad oggetto il provvedimento del 27 gennaio 1999 con il quale l’amministrazione comunale ha archiviato la domanda di condono relativa alla recinzione in quanto già regolarmente assentita.

La difesa della ricorrente ha dedotto il vizio di eccesso di potere per incongruità della motivazione e travisamento della situazione di fatto, non avendo l’amministrazione correttamente valutato la domanda di condono edilizio presentata dalla ricorrente nel 1995, la quale non si riferiva solo alla recinzione ma anche al deposito delle attrezzature elettriche, già oggetto della domanda di condono presentata dalla ditta C.G. il 3 maggio del 1986.

3.6 La censura è infondata.

Dalla documentazione versata in atti emerge chiaramente che la domanda di condono presentata dalla ricorrente il 3 marzo 1995 ha ad oggetto esclusivamente la recinzione, mentre l’unico riferimento al manufatto adibito a deposito delle attrezzature si desume dal riquadro della domanda riferito al calcolo degli oneri concessori; come esplicitato dalla difesa della ricorrente nel ricorso istruttivo, infatti, con la domanda di condono avente ad oggetto la recinzione si è provveduto a determinare anche gli oneri concessori che si ritenevano dovuti in relazione al procedimento di condono avviato nel 1986.

L’amministrazione comunale, peraltro, ha dettagliatamente evidenziato tutti gli elementi idonei a palesare l’esclusione dalla domanda di condono del manufatto adibito a deposito, tra i quali: a) la circostanza che nel riquadro della domanda riferito alle tipologie di abuso delle quali viene richiesta la sanatoria sia stato indicato che le opere non sono valutabili in termini di superficie o di volume (tale non è certamente un deposito) e sia stata segnalata, dunque, solo la tipologia n.7; b) la circostanza che nella domanda risultano sbarrati e, dunque, non compilati i riquadri relativi alla superficie da condonare; c) l’espressa indicazione nel riquadro relativo al calcolo dell’oblazione della sola recinzione; d) l’epoca di realizzazione dell’abuso che viene collocata nel periodo compreso tra il 16 marzo 1985 ed il 31 dicembre 1993, mentre le opere oggetto della domanda di condono presentata nel 1986 dalla ditta C.G. sono state realizzate, come risulta dalla relativa documentazione, entro il 1993, tant’è che nella domanda medesima si specifica anche che alla data del 1° ottobre 1983 l’opera era agibile (all. 4 delle produzioni documentali di parte ricorrente); e) la documentazione fotografica allegata alla domanda di condono che rappresenta la sola recinzione (all. 2 delle produzioni documentali dell’amministrazione comunale del 13 gennaio 2011); f) l’elaborato grafico allegato alla domanda di condono che evidenzia con il colore rosso la sola recinzione indicando solo questa tra parentesi quale "oggetto di condono" (all. 3 delle produzioni documentali dell’amministrazione comunale del 13 gennaio 2011).

Come correttamente e dettagliatamente evidenziato dalla difesa dell’amministrazione comunale solo con la nota del 13 ottobre 1997 è stata rappresentata l’intenzione di includere nella domanda di condono anche il manufatto adibito a deposito; integrazione che, come affermato dalla consolidata giurisprudenza, in quanto riferita non già ad elementi integrativi della pratica bensì volta a sostituire l’oggetto della domanda principale, non è ammissibile, comportando una sostanziale violazione dei termini perentori prescritti dalla normativa in materia di condono edilizio (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 04 dicembre 2008, n. 1558; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 17 gennaio 2007, n. 298; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 05 luglio 2002, n. 4007).

3.7 In via subordinata, inoltre, è stato richiesto l’accertamento dell’obbligo del Comune di Verona di restituzione delle somme versate a titolo di oblazione ed anticipazione degli oneri concessori, in quanto non dovute.

3.8 In relazione a tale domanda, la difesa dell’amministrazione comunale rappresenta che in data 7 settembre 1999 è stata trasmessa alla ditta interessata una nota riepilogativa dei versamenti effettuati ai fini delle eventuali istanze di rimborso e che il 17 novembre 1999 è stata presentata, infatti, una richiesta di rimborso dell’importo versato a titolo di oblazione per la pratica edilizia riferita alla recinzione.

La spettanza di tale rimborso non è, dunque, contestata dall’amministrazione comunale.

Quanto alla somma versata a titolo di oneri concessori per il manufatto adibito a deposito, che non ha costituito oggetto della domanda di rimborso, l’amministrazione evidenzia che tale importo è stato conteggiato ai fini del rilascio della concessione in sanatoria n.825/03 riferita a diverse opere abusive sicché non è dovuto e tale circostanza non è contestata dalla difesa di parte ricorrente.

La domanda, dunque, merita accoglimento esclusivamente in relazione all’importo versato a titolo di oblazione per il condono della recinzione.

In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso iscritto al n. 737 del 1999 è in parte irricevibile e per la restante parte infondato quanto alla domanda di annullamento, mentre va accolta la domanda di l’accertamento dell’obbligo del Comune di Verona di restituzione delle somme versate a titolo di oblazione per la sanatoria della recinzione già regolarmente assentita.

4. Le spese di lite, compensate per 1/3 con riferimento al secondo dei ricorsi riuniti in ragione dell’accoglimento della domanda proposta in via subordinata, seguono per il resto la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe indicati, previa loro riunione:

a) rigetta il ricorso iscritto al n. 1345 del 1992;

b) in parte dichiara inammissibile e per la restante parte rigetta la domanda di annullamento proposta con il ricorso iscritto al n. 737 del 1999;

c) dichiara l’obbligo del Comune di Verona di restituzione delle somme versate a titolo di oblazione dall’E.I.G.P. Spa (ora T. Spa) per la sanatoria della recinzione già regolarmente assentita.

Condanna la ditta G.C. e l’E.I.G.P. Spa alla rifusione delle spese del giudizio introdotto con il ricorso iscritto al n. 1345 del 1992 in favore dell’amministrazione resistente, liquidandole complessivamente in Euro 2.000,00 di cui Euro 200,00 per spese anticipate ed il residuo per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..

Compensa per un terzo tra le parti le spese del giudizio introdotto con il ricorso iscritto al n. 737 del 1999 e condanna l’E.I.G.P. Spa (ora T. Spa) alla rifusione del residuo, liquidandolo in solido in favore delle Amministrazioni resistenti in Euro 3.000,00 per diritti, onorari e spese generali, oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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