Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-06-2011) 28-07-2011, n. 30039

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 18.06.2010 la Corte d’Appello di Messina ha assolto perchè il fatto non sussiste B.G. dal reato di cui all’art. 334 cod. pen. ed ha confermato la condanna alla pena della reclusione e della multa inflittagli nel giudizio di primo grado quale colpevole del reato di cui all’art. 349 cod. pen. per avere violato i sigilli apposti dall’AG su un ciclomotore, del quale era stato nominato custode, sottoposto a fermo amministrativo.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione sulla ritenuta configurabilità del delitto perchè il fermo amministrativo non è teso ad assicurare l’intangibilità o la conservazione o l’identità di un bene, ma ha la finalità di sanzionare violazioni del codice della strada.

Inoltre era stata utilizzata la deposizione del CC V. che aveva riferito talune dichiarazioni che avrebbe reso l’imputato al momento della nomina a custode.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

E’ stato accertato, in fatto, con congrua motivazione che i CC hanno sottoposto a fermo amministrativo un motociclo, con l’apposizione di un cartello attestante l’apposizione del vincolo, per costatate violazione al codice della strada; che l’imputato ne è stato nominato custode e che il mezzo è stato parzialmente smontato con l’asportazione del blocco motore, della ruota posteriore e del sellino.

Ha affermato questa Corte RV. 166001 che, con l’apposizione dei sigilli, si attua una custodia meramente simbolica mediante la quale si manifesta la volontà dello Stato di assicurare cose, mobili o immobili, contro ogni atto di disposizione di persone non autorizzate.

Pertanto, il fatto costitutivo del reato di cui all’art. 349 cod. pen. consiste in qualsiasi atto che renda vana la predetta volontà e di esso risponde, "da solo o in concorso con altri, il custode giudiziario della cosa sottoposta a sequestro, il quale Pia il dovere giuridico di impedire che il fatto si verifichi. In tal caso si verte in ipotesi di responsabilità personale diretta, non aggettiva, ed incombe sul custode l’onere della prova degli eventuali caso fortuito o forza maggiore, quali cause impeditive dell’esercizio del dovere di vigilanza e custodia" Cassazione Sezione m n. 2989/2000, Capogna, RV. 215768.

Ne consegue che, qualora sia riscontrata la violazione di sigilli, senza che il custode abbia avvertito dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso dimostri di essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o per forza maggiore.

Non può, quindi, essere censurata la sentenza impugnata che ha ritenuto, alla stregua di dati obiettivi, la sussistenza del reato de quo che "si perfeziona con qualsiasi condotta idonea a eludere l’obbligo d’immodificabilità del bene, pur m assenza di sigilli o segni esteriori dell’avvenuto sequestro, sempre che si tratti di soggetto comunque edotto del vincolo posto sul bene" Cassazione Sezione 3 n. 37570/2002; RV. 222557) essendo emerso che l’imputato, pur in presenza dei sigilli e pur consapevole di essere privo di titolo autonzzativo, ha violato il divieto di assoluta intangibilità della cosa che prescinde dai fini o motivi particolari che ispirano il provvedimento autoritativo.

Integra, infatti, il reato anche la violazione di sigilli apposti in base a un provvedimento amministrativo teso a impedire la manomissione della cosa perchè la finalità di assicurare la conservazione della cosa, alla quale fa riferimento l’art. 349 cod. pen., viene frustrata anche mediante la parziale distruzione di essa comprendendo il concetto di conservazione non solo la categoria dell’indisponibilità, ma anche quella dell’interdizione dell’uso Cassazione Sezione 3 n. 2600/2004; Sezione 6 n. 7961/1993; n. 6417/2007 RV. 236178.

Va, infine, ricordato che, con la pronuncia n. 5385/2009 RV. 245584, le SU di questa Corte hanno risolto il contrasto giurisprudenziale sul punto ripudiando quell’orientamento che escludeva il reato in esame quando i sigilli erano apposti non per assicurare la conservazione o l’identità della cosa, ma per impedirne l’uso illegittimo, orientamento che consentiva di sottrarre alla tutela penale molte ipotesi d’interdizione all’uso disposte dall’autorità giudiziaria.

Pertanto il delitto de quo tutela l’intangibilità della cosa che ricomprende anche l’interdizione dell’uso disposta dall’autorità, senza che rilevino le finalità o le ragioni del provvedimento limitativo.

Il rigetto del ricorso comporta l’onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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