Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-06-2011) 28-07-2011, n. 30037 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 12.01.2010 la Corte di Appello di Napoli, esclusa la ritenuta continuazione, determinava in mesi uno giorni 10 d’arresto Euro 8.000 d’ammenda la pena inflitta nel giudizio di primo grado a R.M. quale colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) per avere, in difformità del permesso di costruire n. (OMISSIS) e successiva variante, eseguito un organismo edilizio diverso, per caratteristiche e destinazione, da quello progettato modificando un sottotetto non abitabile in due distinte unità abitative e modificando il prospetto dell’edificio con la trasformazione di una finestra in balcone il (OMISSIS).

Proponeva ricorso per cassazione l’imputata denunciando mancanza di motivazione sulla ritenuta configurabilità del reato non avendo le opere apportato rilevanti alterazioni all’assetto del territorio nè mutamento radicale della destinazione d’uso, sicchè non sussisteva la ritenuta difformità dal permesso di costruire.

Aggiungeva che i giudici d’appello avevano errato nel non riconoscere che il tribunale aveva concesso, sia pure nella motivazione della sentenza, il beneficio della non menzione.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Sulla configurabilità del reato il ricorso non è puntuale perchè censura con argomentazioni giuridiche palesemente erronee e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati, col richiamo delle argomentazioni della sentenza di primo grado, gli elementi probatori emersi a carico dell’imputata e confutata ogni obiezione difensiva.

E’ stato accertato, in fatto, che la predetta, abilitata dal conseguito permesso a costruire un unico sottotetto non abitabile, ha, invece, realizzato due distinte unità abitative ed ha trasformato una finestra in balcone alterando il prospetto dell’edificio.

L’illecito rientra nella figura giuridica di ristrutturazione per la quale occorre, D.P.R. n. 389 del 2001, ex art. 10, comma 1, lett. a), il premesso di costruire, come per "le opere di ogni genere con le quali s’intervengo mi suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può "ssere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con l’irremoviblità della struttura o con la perpetuità della funzione a essa assegnata, ma si estrinseca nell’aggettiva destinazione dell’opera a soddisfarà bisogni non provvisori, ossia nell’attitudine a un’utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente" Cassazione Sezione 3 n. 12022/1997, Fulgoni, RV. 209199.

Nel caso in esame, i giudici di merito hanno assolto l’obbligo della motivazione spiegando esaurientemente le ragioni del proprio convincimento e ritenendo infondati i rilievi dell’imputata secondo cui le difformità siano state di basso profilo, trattandosi, invece, di realizzazione di un’opera che ha comportato aumento di volumetria e di superficie del preesistente manufatto e modifica del prospetto del fabbricato determinando immutazione dell’assetto urbanistico del territorio.

Corretta, quindi, è la qualificazione del fatto come ristrutturazione edilizia che consiste nella trasformazione di un organismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere che portino a un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente con interventi che comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti.

Tale attività di ristrutturazione può attuarsi attraverso una serie d’interventi che si caratterizzano per la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate analiticamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo Cassazione Sezione HI n. 35897/2008.

Nella specie, tanto è stato correttamente riscontrato sia per la modifica della destinazione d’uso della porzione di un edificio destinata a sottotetto che è stato adibito a locale residenziale alterando in tal modo il complessivo assetto del territorio comunale attuato mediante lo strumento urbanistico al quale è affidata la pianificazione delle diverse destinazioni d’uso del territorio e l’assegnazione a ciascuna di esse di determinate quantità e qualità di servizi cfr. Sezione 3 n. 24096/2008 RV. 240726 sia per la realizzazione di un’opera che ha determinato gli aumenti sopra specificati.

Conseguentemente è stato ritenuto che il mutamento di destinazione d’uso di un immobile, attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie (cd. strutturale), dopo l’ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza, realizza un’ipotesi di ristrutturazione edilizia (secondo le definizioni normative), in quanto l’esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.

Non è puntuale il motivo sulla negata concessione del beneficio della menzione della condanna menzionato soltanto nella motivazione della sentenza di primo grado perchè, sebbene la giurisprudenza di questa Corte sia orientata nel senso che "l’eventuale divergenza tra dispositivo e motivazione della sentenza non può essere sempre risolta ricorrendo al criterio della prevalenza del primo sulla seconda, atteso che la motivazione conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni per cui il giudice è pervenuto alla decisione e pertanto ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso" Sezione 4 n. 40796/2008 RV. 241472J, nella specie non emerge alcun elemento per escludere che l’immotivata concessione sia stata frutto di un postumo ripensamento, come rilevato dai giudici d’appello, dato che la difformità non dipende da un errore materiale relativo alla ricostruzione della personalità dell’imputata, desumibile dal dispositivo e palesemente rilevabile dall’esame della motivazione.

Il rigetto del ricorso comporta l’onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *