Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-06-2011) 28-07-2011, n. 30035

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 24.05.2010 la Corte dì Appello di Palermo confermava la condanna alla pena dell’arresto e dell’ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a L.G. e a Lu.Lu.An. quali colpevoli dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e art. 734 cod. pen. per avere, senza permesso di costruire e senza nullaosta paesaggistico, collocato su una base di conglomerato cementizio di circa 120 mq due prefabbricati e due verande, nonchè, su altra piattaforma in conglomerato cementizio, un locale di legno di circa 12 mq con annessa veranda così alterando la bellezza naturale del luogo.

Proponevano ricorso per cassazione gli imputati denunciando violazione di legge e vizio di motivazione sulla configurabilità del reato di cui all’art. 734 cod. pen. sebbene mancasse la prova che le opere eseguite avessero arrecato concreto danno alla naturale bellezza della località.

Chiedevano l’annullamento della sentenza.

Il ricorso, che investe soltanto la contravvenzione di cui all’art. 734 cod. pen., è manifestamente infondato.

Puntualizzato che, quando "le sentente di prime e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza d’appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo" Cassazione Sezione 1 n. 8868/2000, Sangiorgi, RV. 216906, va osservato che i giudici di merito hanno fondato il giudizio di colpevolezza su dati obiettivi puntualmente richiamati, ritenendo, alla stregua delle acquisizioni documentali, che i vari manufatti realizzati, per la rilevante consistenza, avessero arrecato effettivo vulnus a una zona di assoluto pregio paesaggistico.

Tale giudizio, come motivato a f. 3 della sentenza di primo grado, è "ricavabile dalle foto in atti … essendo evidente che la struttura in questione, sicuramente disarmonica con lo splendido contesto circostante, abbia recato un vero e proprio danno alle bellezze naturali dei luoghi".

Grava, quindi, sui ricorrenti l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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