Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 14-06-2011) 28-07-2011, n. 30157 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano in data 29.6.2001, R.A.S. veniva condannato alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e causazione di fallimento per effetto di operazioni dolose, commesso quale amministratore di fatto della s.r.l. Texan, dichiarata fallita il (OMISSIS), versando a D.S.G., P. Y., P.S. e P.P. la somma di L. 500.000.000 in pagamento di azioni della s.p.a. Sisari viceversa cedute alla s.r.l. Bribo, della quale erano rispettivamente amministratore e socio C.F. e B.P., consiglieri di amministrazione della Texan; emettendo fatture dell’importo complessivo di L..800.000.000 circa nei confronti della New Tile e della Gepi per acquisti e servizi mai ricevuti e ricevute bancarie ed effetti per oltre L. 1.155.000.000 per rapporti inesistenti con le imprese Euro 92, Sima Laboratori, GV, Faei e Willy, che scontavano presso istituti di credito, così cagionando il fallimento della Texan; tenendo le scritture contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita. La qualifica di amministratore di fatto del R. era in particolare ritenuta provata sulla base del compimento di determinati atti gestori riferiti dal contabile V. e da dipendenti della fallita sentiti dal curatore.

2.1. violazione di legge in ordine all’aver il Tribunale, all’udienza dibattimentale del 29.6.2001, respinto la richiesta dell’imputato di essere sottoposto ad interrogatorio in quanto inizialmente dichiarato contumace e consentito allo stesso unicamente di rendere dichiarazioni spontanee, così violando il diritto all’intervento dell’imputato nel processo e dando luogo ad una vera e propria nullità e non ad una mera irregolarità come ritenuto dalla Corte;

2.2. violazione di legge e vizio motivazionale sull’attribuzione all’imputato della posizione di amministratore di fatto, della quale non venivano evidenziate la continuità e l’organicità;

2.3. violazione di legge in ordine all’eccepita inutilizzabilità delle dichiarazioni del curatore laddove facevano riferimento ad informazioni sull’attività dell’imputato nell’impresa ricevute da dipendenti non meglio precisati;

2.4. violazione di legge in ordine all’eccepita inutilizzabilità della deposizione del teste V. in quanto assunta senza le garanzie difensive pur avendo il predetto svolto la funzione di contabile della fallita con conseguente coinvolgimento nei fatti contestati;

2.5. mancanza di motivazione sull’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di bancarotta documentale, non essendo emersa alcuna ingerenza del R. nella tenuta della contabilità;

2.6. violazione di legge e mancanza di motivazione sul diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 e comunque delle attenuanti generiche nonostante l’imputato abbia risarcito la curatela.

Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso relativo al rigetto della richiesta dell’imputato di essere sottoposto ad interrogatorio è infondato.

Se è vero infatti che l’imputato tardivamente comparso ha il diritto di essere sottoposto all’esame (Sez. 1, n. 30286 del 27.6.2002, imp. Boscherini, Rv.222584), è vero altresì che quest’ultimo è un mezzo di prova che deve essere tempestivamente dedotto entro il termine di cui all’art. 493 cod. proc. pen. (Sez. 1. n. 7321 del 27.4.1995, imp. Ruzzone, Rv. 201742). Nel caso di specie la difesa dell’imputato non includeva l’esame di quest’ultimo fra le deduzioni probatorie formulate in apertura del dibattimento, limitandosi a richiedere in quella sede il controesame dei testi d’accusa; come correttamente osservato dal Tribunale nell’ordinanza reiettiva sul punto, la successiva richiesta di sottoposizione ad esame dell’imputato, allorchè lo stesso compariva nel corso del dibattimento, era tardiva.

Peraltro, anche a prescindere da ciò, a fronte del rilievo della Corte territoriale per il quale l’imputato aveva comunque modo di esporre la propria versione nelle dichiarazioni spontanee rese, incombeva sul ricorrente l’onere di indicare specificamente le ragioni per le quali la rappresentazione della tesi difensiva nelle forme dell’esame avrebbe diversamente influito sulla posizione processuale dell’imputato; aspetto sul quale nessuna indicazione è rilevabile dal ricorso.

2. Infondato è altresì il motivo di ricorso relativo all’attribuzione all’imputato della posizione di amministratore di fatto.

Sul punto la motivazione della sentenza impugnata indicava specificamente una serie di atti gestionali compiuti dall’imputato, segnatamente l’aver concordato con il C. e l’altro amministratore di fatto S.S. le condizioni dell’acquisto della Sisan, il coinvolgimento della fallita in un giro di fatture false, la corresponsione di somme al S. senza deliberazione, l’essere beneficiario di assegni emessi dalla fallita senza alcuna causale riferibile all’attività dell’impresa e l’aver impartito disposizioni e portato presso la fallita titoli cambiari già sottoscritti fornendo indicazioni sulla compilazione degli stessi;

elementi dai quali veniva coerentemente tratta la conclusione della rilevante ingerenza dell’imputato nell’amministrazione della fallita.

Nè tale coerenza logica viene scalfita dai rilievi del ricorrente, che si limita ad opporre una diversa valutazione sulla significatività delle operazioni descritte.

3. Pure infondato è il motivo di ricorso relativo all’eccepita inutilizzabilità delle dichiarazioni del curatore.

Il divieto di utilizzabilità posto dall’art. 195 c.p.p., comma 7, relativamente alle dichiarazioni del teste de relato che non indichi nominativamente la fonte delle informazioni riferite, trova giustificazione nella inattendibilità insita nella volontà del teste indiretto di ostacolare l’identificazione del teste diretto, impedendo la verifica del dato Informativo, e non opera pertanto laddove siffatta volontà sia esclusa dall’aver il teste indiretto offerto comunque elementi utili all’identificazione della fonte originaria (Sez. 5, n. 8610 del 3.5.1996, imp. Nocchiero Rv. 205867);

essendo peraltro sufficiente che l’indicazione del teste diretto abbia caratteristiche minime tali da rendere indubitabile l’esistenza del predetto, non essendo a tal fine necessaria una completa precisazione dei relativi dati anagrafici (Sez. 3, n. 35426 del 3.7.2008, imp. Belmonte, Rv. 240758).

Nel caso in esame, la qualificazione dei testi di riferimento come dipendenti della fallita è tale da escludere per un verso qualsiasi intento del teste diretto di ostacolare il controllo sulla veridicità delle proprie dichiarazioni, e da fugare per altro ogni dubbio sull’effettiva esistenza delle fonti delle informazioni. Di dette fonti la difesa dell’imputato non chiedeva nel corso del dibattimento la compiuta identificazione e l’escussione; la testimonianza del curatore sul punto è pertanto ammissibile.

4. Infondato è ancora il motivo di ricorso relativo all’eccepita inutilizzabilità della deposizione del teste V..

Anche nella prospettiva di una verifica condotta con riferimento alla posizione sostanziale del teste a non al solo dato formale dell’iscrizione dello stesso nel registro delle notizie di reato (secondo i principi di cui a Sez. U, n. 15208 del 25.2.2010, imp. Mills, Rv.246584), la sentenza impugnata motivava infatti coerentemente nel rilevare come il coinvolgimento del V. nei reati contestati non potesse essere ipotizzato per la sua sola funzione di contabile, non implicante alcuna responsabilità gestionale, in assenza di ulteriori elementi indicativi di un concorso materiale del reato; elementi non addotti da ricorrente.

5. Il motivo di ricorso relativo all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di bancarotta documentale è anch’esso infondato.

Anche per questo aspetto la sentenza impugnata motivava invero adeguatamente segnalando come le irregolarità contabili avessero avuto inizio dal 1993 ed evidenziando la significatività del dato sotto il duplice profilo dell’essere da quell’anno il R. entrato nella gestione della società e dell’aver avuto inizio in quel periodo l’omessa indicazione contabile di alcune operazioni, le false fatturazioni, gli ingenti prelievi di denaro e l’emissione di titoli non collegati all’attività sociale; il che per un verso ricollegava la condotta alla presenza del R. nella società e per altro ne poneva in rilievo la funzionalità rispetto alle condotte distratti ve contestate.

6. Infondato è infine il motivo di ricorso relativo al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 e delle attenuanti generiche. In merito a queste ultime la sentenza impugnata motivava invero congruamente richiamando i precedenti penali dell’imputato; e, quanto all’attenuante del risarcimento del danno, nessun vizio motivazionale può essere rilevato nel momento in cui la circostanza non risulta neppure oggetto dei motivi di appello.

Il ricorso deve pertanto esser rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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