Cons. Stato Sez. III, Sent., 17-08-2011, n. 4792 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. S. – Società Regionale per la Sanità S.p.A. ha bandito una procedura di gara aperta per l’affidamento della "Fornitura di albumina umana, immunoglobulina e medicinali" alle varie Aziende sanitarie locali ed Aziende ospedaliere della Campania, per la durata di diciotto mesi, suddivisa in 28 lotti, da aggiudicarsi al prezzo più basso.

Nel disciplinare, all’art. 1 punto 3 lett. c), era fatto divieto di partecipare in RTI (raggruppamento temporaneo d’imprese) a quei soggetti che già da soli raggiungessero sufficienti requisiti di partecipazione, mas non si stabiliva quali fossero le soglie minime per il fatturato e per le forniture effettuate nell’ultimo triennio.

A parte ciò, per il lotto n. 7, in merito al quale si controverte, era consentito ai concorrenti di offrire un quantitativo parziale del fabbisogno richiesto, e correlativamente era previsto che l’ente committente frazionasse la fornitura fra più aggiudicatari indipendenti fra loro.

2. La C. B. S.p.A., capogruppo del RTI con le imprese B., G. e K., è stata esclusa dalla procedura relativamente al lotto n. 7 proprio in applicazione della clausola che escludeva i raggruppamenti nella cui composizione entrassero imprese autosufficienti dal pèunto di vista dei requisiti di qualificazione.

Ha proposto ricorso, impugnando anche tutti gli altri atti di gara, e con motivi aggiunti anche l’aggiudicazione che nel frattempo era stata disposta in favore rispettivamente di E., in ragione del 26,78 del fabbisogno presunto di albumina umana, di B. Italia, in ragione del 14%, e di O. I., in ragione del 15%.

Il Tar, disattese le eccezioni in rito, ha accolto il ricorso avverso l’esclusione censurando, in particolare, la mancata indicazione di requisiti precisi relativamente alla capacità dei candidati, conseguendone l’illegittimità dell’esclusione. Accogliendo in parte anche i motivi aggiunti, ha inoltre annullato l’aggiudicazione disposta in favore di E. in ragione del 26,78% del fabbisogno, dichiarando l’inefficacia del contratto di appalto, non essendo tale candidato titolare dell’autorizzazione alla immissione in commercio del bene offerto ed avendo, inoltre, fatto ricorso ad un avvalimento con l’ausiliaria Farmacia Petrone che integrerebbe invece un subappalto, senza rispettare i termini e le modalità di cui all’art. 118 del Codice dei contratti.

3. Avverso la medesima sentenza hanno presentato due distinti atti di appello S. e E..

La prima sostiene la legittimità della clausola del disciplinare di gara, di cui all’art. 3 punto 3 lett. c), in forza della quale è stata disposta l’esclusione, e contesta il fatto che fosse richiesta l’autorizzazione alla immissione in commercio.

La seconda sostiene l’inammissibilità dell’impugnazione proposta in primo grado avverso la propria aggiudicazione, per violazione del principio del contraddittorio. Censura ancora la sentenza impugnata tanto con riferimento al possesso della autorizzazione all’immissione in commercio che in relazione all’inidoneità dell’avvalimento che, secondo la sua tesi, non dissimulerebbe alcun contratto di subappalto.

In entrambi gli appelli si è costituita la C. B., proponendo nella causa n. 2172/2011, in via subordinata, appello incidentale.

Si sono costituite inoltre le altre aggiudicatarie parziali del lotto n. 7, O. e B..

Respinta l’istanza di misure provvisorie monocratiche e rinunciata l’istanza di misure collegiali, all’udienza pubblica dell’8.7.2011, in vista della quale le difese hanno depositato nuove memorie, anche di replica, le cause sono passate in decisione.

4. Deve preliminarmente disporsi la riunione degli appelli in epigrafe, ai fini della loro trattazione congiunta ai sensi dell’art. 96 c.p.a., avendo ad oggetto la medesima sentenza.

5. Sempre in premessa osserva poi il Collegio come la nuova aggiudicazione disposta il 15.6.2011 in favore dell’originaria ricorrente in primo grado, C. B., in luogo di E., non determini l’improcedibilità degli appelli. Ciò sul duplice rilievo che E. è ancora in termini per impugnare tale nuovo atto e che, comunque, l’eventuale accoglimento (anche di uno solo) degli appelli ne comporterebbe la caducazione automatica.

6. Ciò posto, deve esaminarsi l’eccezione in rito, avanzata già nel giudizio di primo grado e riproposta con il ricorso di appello n. 2172/2011.

Assume E. che la C. B., dopo avere notificato correttamente l’originario ricorso introduttivo avverso la propria esclusione alla sola stazione appaltante, nel notificare alle (sopravvenute) aggiudicatarie i successivi motivi aggiunti non avrebbe riproposto le censure iniziali, così impedendo loro di contraddire sulla legittimità (oltre che dell’aggiudicazione nei loro confronti, anche) dell’esclusione disposta ai danni della ricorrente.

La questione acquista concreta rilevanza in quanto, sulla scorta dell’indirizzo ribadito da Cons. St. Ad. Plen. n. 4/2011, una volta respinta l’impugnazione relativa all’esclusione, C. B. non sarebbe più legittimata ad impugnare i successivi atti di gara.

La stessa questione pone, inoltre, all’attenzione dell’interprete una delle novità introdotte dal Codice del processo amministrativo in tema di motivi aggiunti.

Mentre, infatti, l’art. 21 della Tar, come modificato nel 2000, prevedendo che "tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti", sembrava presupporre, all’apparenza, una perfetta coincidenza tra i soggetti parti della prima come della seconda impugnazione (peraltro la prassi, almeno prevalente, era nel senso che in occasione della proposizione di motivi aggiunti il contraddittorio si potesse estendere ad altri soggetti), nel nuovo art. 43 del c.p.a. il riferimento alle "stesse parti" è venuto meno, sicché è ora anche testualmente confermato che sia consentita l’impugnazione di un provvedimento nuovo con lo strumento dei motivi aggiunti, anche nei casi in cui le parti della nuova impugnazione non coincidano del tutto con quelle del ricorso iniziale.

Ebbene, proprio la possibilità che le parti della prima e della seconda impugnazione non siano le stesse – e di tale ipotesi la fattispecie qui in esame rappresenta un esempio paradigmatico – pone il problema di salvaguardare l’integrità del contraddittorio, con particolare riferimento ai controinteressati sopravvenuti, quali indubbiamente sono gli aggiudicatari di una procedura di gara rispetto all’impugnazione inizialmente proposta, da uno degli altri concorrenti, avverso la propria esclusione.

In tali casi, non constando ancora indirizzi giurisprudenziali sul punto, si può discutere se, in uno con i motivi aggiunti, occorra notificare (nuovamente, questa volta anche ai controinteressati) il primo ricorso; ovvero se sia sufficiente riprodurre nel corpo dei motivi aggiunti le censure già dedotte avverso il primo atto, comunque permettendo alle nuove parti di replicare anche su tali profili.

Nel silenzio del codice, reputa il Collegio che, anche in omaggio al canone residuale della libertà delle forme processuali ( art. 121 c.p.c.), anche la seconda modalità di instaurazione del contraddittorio possa bastare e che, nel particolare caso di specie, nei motivi aggiunti fossero comunque indicati, sebbene molto sinteticamente, gli aspetti salienti del ricorso introduttivo, in termini sia di petitum che di causa petendi.

Queste conclusioni sono rafforzate dalla considerazione che lo strumento dei motivi aggiunti, nella nuova accezione introdotta (sulla base di una prassi giurisprudenziale già instauratasi presso qualche T.A.R.) dalla legge n. 205/2000, si può definire, in buona sostanza, una forma di riunione ex lege di giudizi connessi, a tutto vantaggio della concentrazione e della speditezza della funzione giudicante.

Che di questo semplicemente si tratti, è comprovato dalla considerazione che vale anche in materia di motivi aggiunti (intesi come impugnazione di atti sopravvenuti) il principio dell’equivalenza delle forme e della conversione/conservazione degli atti processuali, di tal che si ritiene comunemente che se i nuovi atti vengono impugnati non mediante motivi aggiunti, bensì mediante un ricorso separato, non si determina alcuna inammissibilità ma vi è semmai la facoltà (se non il dovere) di procedere alla riunione d’ufficio; così come nell’ipotesi inversa (proposizione di motivi aggiunti laddove si doveva proporre un ricorso separato) si potrà (o dovrà) procedere d’ufficio alla separazione dei processi. Il tutto senza pregiudizio delle parti.

In ogni caso, in questa concreta fattispecie non solo l’atto di motivi aggiunti conteneva la menzione del ricorso introduttivo e una riproduzione, sia pur sintetica, delle relative censure, ma tutte le parti controinteressate (ricevuta la notifica dei motivi aggiunti) si sono costituite nel giudizio di primo grado; quindi, è ragionevole ritenere che, attraverso i loro difensori, abbiano preso piena ed effettiva visione (anche) del ricorso introduttivo, in termini comunque utili per replicare compiutamente a tale atto processuale, nel pieno rispetto del contraddittorio e della cd. parità delle armi.

7. Si può a questo punto esaminare la prima delle questioni di merito, concernente la contestata legittimità dell’esclusione disposta, al principio, nei confronti del raggruppamento guidato da C. B..

7.1. Sul punto la sentenza del Tar è condivisibile e merita di essere confermata, seppure con una precisazione.

7.2. Come correttamente posto in evidenza dal Giudice di primo grado, ad onta di quanto sostenuto nell’appello di S., la C. B. ha impugnato la propria esclusione unitamente alla clausola del disciplinare di gara che vietava di partecipare, in raggruppamento temporaneo di imprese, a quei soggetti che da soli già dispongano dei requisiti di partecipazione richiesti.

7.3. L’indubbia particolarità di tale clausola, concernente in astratto il dibattuto problema dei raggruppamenti "sovrabbondanti", era data dal fatto che, nel complesso, la legge di gara non prevedeva nell’ambito dei requisiti alcuna soglia minima, sicché per partecipare era sufficiente avere un qualunque fatturato realizzato negli ultimi tre esercizi e presentare l’elenco delle principali forniture analoghe prestate nello stesso periodo.

7.4. Posto quindi che qualunque operatore presente nello specifico settore di mercato nell’ultimo triennio doveva considerarsi, per ciò solo, in possesso dei requisiti di partecipazione, la clausola del disciplinare finiva così, a motivo della sua indeterminatezza, per rappresentare un divieto generalizzato e a priori della formula del raggruppamento temporaneo. Il che si porrebbe in evidente contrasto con i princìpi di ragionevolezza e con il fondamentale principio della massima apertura alle gare.

L’annullamento della clausola in parola a motivo della sua scorretta impostazione nel contesto di questo specifico bando permette al Collegio di non pronunciarsi sulla questione se una clausola analoga fosse, in ipotesi, ammissibile in altro contesto.

Tale questione, invero, può essere lasciata aperta, perché da un lato è sostenibile che sia irragionevole impedire la partecipazione in R.T.I. ad una impresa che possieda da sola tutti i requisiti; ma dall’altro lato si potrebbe sostenere che una clausola siffatta si giustifica in quanto un R.T.I. formato in quelle condizioni dissimula un illecito patto anticoncorrenziale.

7.5. Quanto agli effetti dell’accoglimento della suddetta censura, osserva il Collegio come l’annullamento della clausola di cui all’art. 1 punto 3 lett. c), in uno con l’atto applicativo di esclusione, non comporti l’illegittimità e quindi la caducazione dell’intero disciplinare, potendo farsi applicazione del principio di conservazione degli atti che si traduce, nel caso di specie, in una annullabilità parziale, circoscritta alla sola clausola in oggetto, senza della quale il disciplinare è comunque complessivamente idoneo a produrre i propri effetti tipici (v. Cons. St., IV, n. 4983/2002), né risulta che la stazione appaltante vi abbia attribuito una rilevanza essenziale al punto da subordinare a tale clausola il buon esito dell’intera operazione contrattuale.

8. Una volta annullata l’esclusione, conseguendone la riammissione in gara, C. B. è sicuramente legittimata ad impugnare anche i successivi atti della procedura.

8.1. Tanto premesso in linea generale, deve peraltro sottolinearsi che, come rilevato dalle rispettive difese, con la sentenza di primo grado Behring è risultata soccombente quanto ai motivi di censura rivolti all’indirizzo di B. e O., sulla base di statuizioni autonome e distinte avverso le quali la stessa Behring non ha proposto in grado di appello contestazioni specifiche, né in via principale né incidentale. Per cui su tali statuizioni si è ormai formato il giudicato.

8.2. Residua quindi solamente l’impugnazione proposta nei confronti dell’aggiudicazione disposta in origine a favore di E., per il 26,78 del fabbisogno complessivo, già accolta in primo grado dal Tar sulla base di un duplice rilievo (cfr. sentenza a pp. 10 e 11):

1) la mancanza, in capo a tale candidato, dell’autorizzazione alla immissione in commercio dell’Albumina, bene specificamente offerto con riferimento al lotto n. 7;

2) l’aver fatto ricorso ad un avvalimento, con la farmacia Petrone, avente ad oggetto non già questo o quel requisito di partecipazione ma l’intera fornitura, così dissimulando un contratto di subappalto al di fuori dei casi consentiti dall’art. 118 del Codice dei contratti.

8.3.1. A tal proposito, è utile ricordare come le censure già dedotte in primo grado dalla C. B. e riproposte in questa sede, anche mediante appello incidentale, siano nell’insieme volte a dimostrare, in sintesi:

che il concorrente E. fosse del tutto privo dei requisiti di partecipazione alla gara in oggetto, trattandosi di un’impresa specializzata nel settore oftalmogico, priva di qualunque referenza ed esperienza in relazione alla fornitura di albumina umana;

che per sopperire a tale lacuna di fondo avrebbe simulato un avvalimento ex art. 49 d.lgs. 163/2006 che, nella realtà delle cose, dissimulerebbe un contratto di subappalto avente ad oggetto l’intera fornitura, quindi in violazione dell’art. 118 dello stesso d.lgs.;

che essendo il soggetto ausiliario una farmacia, come tale non produttore di farmaci ma venditore al dettaglio, lo stesso necessitava di un’autorizzazione per la vendita all’ingrosso ai sensi dell’art. 100 del d.lgs. 219/2006 che, dagli atti prodotti, non risulta invece avere.

8.3.2. Sulla base di tutti questi rilievi, si sostiene inoltre che nel rendere la dichiarazione di rito in ordine al possesso dei requisiti, E. avrebbe falsamente dichiarato di essere in possesso di tutte le autorizzazioni di legge, compresa l’AIC per la fornitura dei prodotti oggetto della presente controversia, e che già per tale ragione sarebbe dovuta essere esclusa dalla procedura di gara.

8.4.1. Su tali motivi la replica tanto di E. quanto di S., attraverso i rispettivi atti di appello e le successive memorie, è nel senso di escludere che, stante la genericità della prescrizione di cui al punto 1 lett. o), il disciplinare richiedesse davvero, a pena di esclusione, il possesso dell’AIC riferita specificamente al farmaco oggetto dell’appalto (albumina umana), essendo sufficiente possedere una (qualunque) AIC riferita ad un (qualunque altro) prodotto farmaceutico (nel caso di E., l’AIC riferita al farmaco Dropplam, come si legge anche a p. 5 della memoria di replica del 27.6.2011).

8.4.2. Quanto poi al profilo dell’avvalimento, si censura la sentenza perché non avrebbe chiarito sufficientemente le ragioni della sua ritenuta inidoneità e si rileva, da parte di S., come la legge di gara non richiedesse, quale requisito di partecipazione, l’autorizzazione di cui all’art. 100 del citato d.lgs. 219/2006.

8.5. Così riassunte le opposte deduzioni di parte, reputa il Collegio dirimente la circostanza, documentata in atti (v. doc. 18 del foliario prodotto da C. B. nel giudizio dinanzi al Tar), che E. abbia reso una dichiarazione non rispondente al vero, compilando e sottoscrivendo il modello A/1 e con esso affermando, alla lett. o), "che l’impresa è in possesso di tutte le registrazioni e/o autorizzazioni previste dalla normativa vigente – ivi compresa l’AIC – per la fornitura dei prodotti oggetto della presente procedura". Laddove invece è pacifico, essendo stato anche ammesso dalla stessa parte nelle proprie difese, che E. non ha l’AIC per l’albumina umana ma solo per un farmaco del tutto diverso ed estraneo alla fornitura in oggetto.

8.6. Si è quindi al cospetto di una dichiarazione non veritiera che di per sé sola avrebbe giustificato ed imposto l’esclusione di E. dalla gara (v., ex multis, Cons. St., IV, n. 8027/2010 e V, n. 2822/2010; Tar Lazio, III, n, 6465/2011), come puntualmente dedotto C. B. già nel primo dei motivi aggiunti proposti dinanzi al TAR e ribadito nell’appello incidentale (cfr. a p. 22).

8.7. Come noto, in tema di art. 38 del Codice dei contratti, la possibilità di presentare la dichiarazione sostitutiva costituisce un atto di fiducia nei confronti del concorrente, al quale in cambio dell’oneroso reperimento ex ante di tutta la documentazione necessaria per la partecipazione alla gara viene consentito, sotto la propria responsabilità, di dichiarare la sussistenza dei requisiti richiesti.

Il sistema esige pertanto la massima serietà e correttezza da parte del concorrente nel redigere l’autocertificazione e, conseguentemente, il rendere una dichiarazione non veritiera non può che far legittimamente dubitare della moralità professionale e dell’affidabilità del dichiarante.

Ed è questa la ragione per cui, in caso di dichiarazione non veritiera, la sanzione della esclusione dalla gara diventa conseguenza necessaria, essendo venuto meno quel rapporto di fiducia basato sulla presunzione della reciproca correttezza che deve sussistere anche nella fase precontrattuale.

8.8. A questo si aggiunga come il disciplinare (v. anche, per un’ulteriore conferma, il capitolato speciale, agli artt. 5 ed 8) – di cui il modello di dichiarazione A/1 ad esso allegato costituiva, al riguardo, solamente un chiarimento e non un’integrazione – prescriveva il possesso di tutte le registrazioni e/o autorizzazioni di legge per la fornitura dei prodotti oggetto della procedura in esame e che, invece, né E. né la Farmacia Petrone, soggetto ausiliario in avvalimento, possiedono l’AIC dell’Albumina umana.

9. La fondatezza di entrambe queste censure è sufficiente a confermare la pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione in favore di E. ed esime il Collegio dall’approfondire il capitolo dell’avvalimento e della contestata possibilità che lo stesso abbia ad oggetto non solo alcuni determinati requisiti di capacità tecnica (fatturato ed elenco delle forniture prestate nell’ultimo triennio) ma, più in generale, attraverso un contratto di somministrazione periodica, l’intera fornitura oggetto di gara; non senza rilevare come, ad onta della obiettiva complessità della questione, la critica di eccessiva sintesi rivolta alla sentenza del Tar parrebbe potersi muovere specularmente ed inversamente anche all’appello di E..

10. In conclusione, per tutte le ragioni sin qui esposte, entrambi gli appelli principali sono infondati e vanno respinti, conseguendone anche l’improcedibilità per carenza di interesse dell’appello incidentale di C. B. nella causa n. 2172/2011, oltre che la conferma della sentenza impugnata.

11. Le spese di lite sono poste a carico delle società appellanti principali, secondo la regola della soccombenza, e sono liquidate negli importi indicati nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), riuniti gli appelli in epigrafe, così provvede:

respinge gli appelli principali;

dichiara improcedibile l’appello incidentale;

condanna Soresa e E. a rifondere, in solido, alle altre parti costituite le spese di lite, liquidate in misura pari ad euro 14.000,00 in favore di C. B. ed in misura pari ad euro 3.000,00 ciascuno in favore di B. e O.; oltre al 12,5% per spese forfetariamente calcolate, ad Iva e Cpa come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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