T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 19-08-2011, n. 2100 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 30 aprile 2011 e depositato il 9 maggio 2011, l’associazione professionale ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 22 ss. della legge 7 agosto 1990 n. 241, ha impugnato la determinazione negativa assunta (con note del 28 febbraio 2011 e del 30 marzo 2011) dalla A.T.M. S.P.A., in ordine all’istanza di accesso, presentata in data 15 marzo 2011, avente ad oggetto gli atti relativi alla gara indetta da ATM con bando pubblicato il 29 aprile 2010 (ivi compresi la graduatoria, pubblicazione dei risultati, aggiudicazione, ed ogni altro documento ad essa relativa). In particolare, l’associazione ha dedotto: – di essere stata incaricata (sulla base di disciplinare di incarico del 31 agosto 2006) dalla TPM – T.P.M. SPA della progettazione (sia definitiva che esecutiva), della direzione lavori e del coordinamento della sicurezza relativa alla realizzazione della nuova sede aziendale in Monza, incarico comprendente un insieme di opere tra cui un edificio a carattere industriale, un fabbricato ad uso rifornimento autobus e lavaggio, nonché opere stradali tra cui parcheggi interni e piazzale rimessaggio per gli autobus; – che l’opera era stata suddivisa in due lotti e di aver svolto l’attività di direzione lavori e coordinamento relativamente al primo di essi (concernente la realizzazione dell’edificio principale in cui adibire gli uffici), ultimato in data 21 aprile 2010; – che, a seguito di atto di cessione di ramo d’azienda del 6 luglio 2009, la TPM aveva ceduto alla NET (facente parte del gruppo ATM SPA) il disciplinare sopra indicato; – che, in data 29 aprile 2010, era stato pubblicato sul sito di ATM un bando di gara avente ad oggetto l’affidamento dei lavori di realizzazione di un nuovo deposito automobilistico in Monza (comprese autofficine, lavaggio, rifornimento), sulla base degli elaborati progettuali del secondo lotto. Tanto premesso, adducendo di essere titolare del diritto di eseguire la direzione lavori anche delle opere di realizzazione del nuovo deposito autobus e locali connessi (attesa la coincidenza tra il secondo lotto di cui al disciplinare del 2006 e l’opera di cui al bando 2010), l’associazione afferma di avere un interesse giuridicamente rilevante a conoscere sia l’esito della gara del 2010, sia gli atti relativi alla realizzazione del deposito stesso.

Si è costituita in giudizio la A.T.M. S.P.A., eccependo la inammissibilità del ricorso e la sua infondatezza nel merito.

La causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza camerale del 29 luglio 2011.

2. In limine litis, la ATM SPA lamenta di aver ottenuto conoscenza della fissazione della camera di consiglio del 29 luglio 2011 solamente in data 18 luglio 2011, circostanza che avrebbe reso impossibile il rispetto dei termini di deposito non solo dei documenti ma anche della memoria difensiva; per tale motivo l’intimata ha ritenuto di rimettere "al Collegio la decisione sulla necessità di applicare al giudizio sull’accesso i termini a difesa".

Orbene, in disparte che i termini invocati dalla resistente di cui all’art. 73 sono evidentemente dettati nell’interesse della controparte la quale nulla ha eccepito sul punto (anzi ha precisato in udienza di non voler eccepire alcunché), pare al Collegio che la questione sollevata non colga nel segno. Sono necessari alcuni spunti ricostruttivi.

Il termine a difesa dell’intimato (con ciò intendendosi il lasso di tempo che deve essere accordato per studiare le avverse ragioni e preparare la propria difesa prima della discussione innanzi al Giudice) è dettato per il rito ordinario di cognizione dall’art. 71, V comma, c.p.a., alla cui stregua, "il decreto di fissazione è comunicato a cura dell’ufficio di segreteria, almeno sessanta giorni prima dell’udienza fissata". Tale fissazione (che, come è noto, deve essere appositamente chiesta da una delle parti con apposita istanza), deve essere effettuata dal Presidente, decorso il termine per la costituzione delle altre parti (fissato in sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso). Orbene, supponendo che l’istanza di fissazione sia depositata tempestivamente e considerato che "le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche fino a venti giorni liberi", ne consegue che l’intimato ha a disposizione almeno novanta giorni (60 + 60 – 30) dalla notificazione del ricorso per scrivere la propria memoria ed articolare le difese.

Per contro, quanto alle controversie (diverse dai giudizi cautelari) trattate in camera di consiglio (i giudizi di ottemperanza e i riti speciali in materia di silenzio; in materia di accesso ai documenti amministrativi; e in opposizione ai decreti che pronunciano l’estinzione o l’improcedibilità del giudizio), oltre ad essere previsto il dimezzamento di tutti i termini processuali rispetto a quelli del processo ordinario (tranne quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti), la camera di consiglio è "fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate" (art. 87, III comma, c.p.a.). Tale previsione, a parere del Collegio, esclude che possa trovare applicazione la disciplina dei termini dettati per il contraddittorio "cartolare" dall’art. 73 c.p.a. (sia pure dimezzati) per i seguenti motivi: – se l’udienza camerale deve indefettibilmente essere fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate, considerato il succedersi solitamente quindicinale delle udienze camerali, il più delle volte (probabilmente quasi sempre) non sarà possibile che tra la comunicazione di segreteria e l’udienza camerale possa trascorrere il numero di giorni necessario alla sequenza (sia pure dimezzata) descritta dall’art. 73 c.p.a. (20, 15, 10), tanto più che la fissazione d’ufficio esclude un potere del giudice di ulteriore differimento; – a tale incompatibilità tra i disposti appena citati (dovuta al fatto che l’art. 73 c.p.a. presuppone il potere del giudice di collocare nel tempo l’udienza pubblica, prerogativa non accordata in caso di rito camerale), si aggiunge il dato letterale per cui i termini di cui all’art. 73 c.p.a. sono riferiti espressamente all’udienza pubblica di discussione; – sul piano della ratio, oltre a rispondere alle esigenze di massima concentrazione e sollecitudine che il legislatore processuale ritiene di dover garantire in relazione ad un certa tipologia di controversie specificatamente individuate, tale meccanismo si giustifica anche in considerazione del fatto che la parte intimata, diversamente da quanto avviene per l’udienza pubblica, non deve attendere la comunicazione di cancelleria per poter calcolare con sufficiente precisione il giorno dell’udienza camerale. Invero, considerata la necessità di assicurare comunque l’instaurazione di un efficace contraddittorio (il quale presuppone che ciascuna parte arrivi innanzi al Giudice ben conscia degli argomenti portati dall’altra), la disciplina del rito speciale dell’accesso va integrata ricorrendo al "paradigma" del processo camerale offerto dal rito cautelare (l’unico avente una disciplina più dettagliata): e, quindi, la parte intimata potrà costituirsi anche in udienza ma resta fermo che potrà depositare memorie e documenti soltanto fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio (art. 55, comma 5, c.p.a.). In definitiva, la parte intimata nel rito camerale ha a disposizione almeno 58 giorni dalla notifica del ricorso (30 + 30 – 2) per depositare le proprie difese.

Nel caso di specie tale termine dilatorio è stato sicuramente rispettato, tanto più che, a causa del ritardo nella prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica del ricorso (prova depositata dal ricorrente soltanto il 13 luglio 2011), l’udienza camerale per la trattazione del ricorso è stata fissata in quella immediatamente successiva alla prima udienza utile ex art. 87, terzo comma secondo periodo, c.p.a.; il che ha consentito alla parte resistente di beneficiare di un ulteriore termine per produrre le proprie difese.

3. In via pregiudiziale, la sollevata eccezione di tardività, sollevata da ATM sull’assunto che il diniego del 30 marzo 2011 sarebbe meramente confermativo del precedente non impugnato tempestivamente, è infondata. Invero, con il primo diniego del 28 febbraio 2011, ATM aveva affermato che l’istanza non metteva in luce la "correlazione logico funzionale" tra la cognizione degli atti e la tutela della posizione giuridica dell’istante. La seconda istanza ostensiva del 15 marzo 2011, seguendo tale indicazione, ha approfondito nuove considerazioni sulla rilevanza giuridica della propria posizione legittimante (in particolare, vengono articolate ulteriori deduzioni sulla pretesa sostanziale, rispetto alla quale l’istanza di accesso è strumentale, ad essere incaricata della direzione lavori anche del secondo lotto). Inoltre, il successivo diniego del 31 marzo 2011, enuncia nuovi motivi prima non dedotti, quali l’attuale condizione della procedura di gara negoziata ed il necessario differimento previsto dalla legge.

4. Ancora in via preliminare, sussiste la legitimatio ad causam dello studio professionale.

4.1. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, come è noto, è posto a garanzia della trasparenza ed imparzialità della P.A. e trova applicazione in ogni tipologia di attività della P.A. Occorre, peraltro, ricordare che il principio della trasparenza amministrativa accolto dal nostro ordinamento non è affatto assoluto e incondizionato, ma subisce alcuni temperamenti, basati, fra l’altro, sulla limitazione dei soggetti attivi del diritto di accesso, questione quest’ultima che involge i profili della legittimazione sostanziale ed dell’interesse ad agire. In particolare, anche se il diritto di accesso è volto ad assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e a favorirne lo svolgimento imparziale, rimane fermo che l’accesso è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente si rivolgono, e che se ne possano eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva legittimante. Quest’ultima è costituita da una "situazione giuridicamente rilevante" (comprensiva anche degli interessi diffusi) e dal collegamento qualificato tra questa posizione sostanziale e la documentazione di cui si pretende la conoscenza. L’interesse, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, tuttavia, è nozione diversa e più ampia rispetto all’interesse all’impugnativa così che la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto" (ex plurimis, cfr. Consiglio di Stato 27 ottobre 2006 n. 6440). E’ bene specificare che la posizione legittimante, anche se non deve assumere necessariamente la consistenza del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo, deve essere però giuridicamente tutelata non potendo identificarsi con il generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività amministrativa. Deve ritenersi, a questa stregua, che l’art. 22, co. 1, lett. b), l. n. 241/1990, quando parla di "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso", si riferisca alla sussumibilità della pretesa concreta in una fattispecie normativa, secondo una valutazione prognostica e secondo un rapporto di chiara percepibilità. La previsione non fa invece riferimento a ipotesi in cui la pretesa vantata non è a prima lettura riconducibile ad una previsione normativa, ma potrebbe esservi ricondotta in virtù di una particolare interpretazione che potrebbe essere affermata in un giudizio sulla pretesa (recentemente, a questo proposito, cfr. C. Stato, sez. VI, 18 settembre 2009 n. 5625).

4.2. Nella specie, esibendo quale titolo giuridico di differenziazione il precedente incarico di progettazione (eseguito per entrambi i lotti), l’interesse giuridicamente rilevante azionato dalla associazione ricorrente ai fini dell’accesso è sin troppo evidente: il fine è quello di vigilare acché la realizzazione delle opere del secondo lotto non avvenga in maniera difforme rispetto al progetto esecutivo elaborato in esecuzione del disciplinare del 2006 e che le sia affidato il conseguente ruolo di direzione lavori. A ben guardare, la fondatezza della pretesa ad essere direttore dei lavori anche del secondo lotto, la corrispondenza tra quest’ultimo e l’oggetto del bando del 2010, la questione se il disciplinare ceduto da TPM a NET possa o meno vincolare anche ATM, è questione attinente il merito del rapporto principale che non interferisce sulla legittimazione all’accesso (strumentale alla tutela del primo).

5. Nel merito, invece, il ricorso va respinto in forza delle seguenti dirimenti argomentazioni.

Come abbiamo sopra visto, strumentalmente alla propria pretesa di risultare affidataria anche della direzione lavori dell’opera oggetto del bando 2010 (che, nella prospettazione della associazione, costituirebbe esecuzione del disciplinare di incarico del 2006), la società intende conoscere l’esito della gara; ovvero, in alternativa, ma sul medesimo presupposto, vuole conoscere le motivazioni con cui eventualmente si sia deciso di non dare esecuzione al disciplinare del 2006.

Sennonché a tutt’oggi è pacifica tra le parti la circostanza per cui ATM non ha proceduto all’espletamento della gara negoziata, la quale allo stato ha visto concludersi soltanto la fase di prequalifica; tale fatto esclude, in radice, la possibilità di accedere a provvedimenti (graduatoria, pubblicazione dei risultati, aggiudicazione) non ancora adottati. Per quanto concerne, invece, l’accesso agli altri atti della fase di prequalifica, osta (come correttamente sostenuto da ATM nella lettera di diniego) la disciplina di cui all’art. 13, II comma, del codice dei contratti pubblici, secondo cui "Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso è differito: b) nelle procedure ristrette e negoziate, e in ogni ipotesi di gara informale, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno segnalato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno segnalato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti, dei nominativi dei candidati da invitare". Inoltre, ai sensi del III comma, "Gli atti di cui al comma 2, fino ai termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti".

6. Le spese di lite seguono la soccombenza, come di norma.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA la società ricorrente al pagamento, in favore di ATM SPA, delle spese di lite che si liquida complessivamente in Euro 900,00, oltre IVA e CPA come per legge;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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