T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 19-08-2011, n. 2099

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il sig. S.F., odierno ricorrente, è destinatario del provvedimento di ammonimento in epigrafe indicato, emesso ai sensi dell’art. 8, primo comma, del d.l. n. 11/2008 in quanto, a dire dell’Autorità amministrativa, questi avrebbe tenuto comportamenti riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 612 bis del codice penale nei confronti della moglie separata, sig.ra Carmen Maria Cristina Raimondi.

Avvero tale provvedimento è diretto il ricorso in esame.

Si è costituito in giudizio, depositando memoria, il Ministero dell’Interno per opporsi all’accoglimento del gravame.

La Sezione, con ordinanza n. 62, depositata in data 25 gennaio 2010, ha accolto l’istanza cautelare (l’ordinanza è stata riformata dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, con provvedimento n. 1458/2010).

Successivamente alla trattazione della fase cautelare, si è costituita in giudizio anche la controinteressata sig.ra Carmen Maria Cristina Raimondi.

Il ricorrente e la controinteressata, in prossimità dell’udienza di discussione del merito, hanno depositato memorie insistendo nelle proprie conclusioni.

Tenutasi la pubblica udienza in data 16 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’interessato si affida a tre mezzi di gravame.

Con il primo mezzo lamenta la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, in quanto l’Amministrazione avrebbe omesso di comunicargli l’avvio del procedimento.

Con il secondo motivo, deduce eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, in quanto, a suo dire, l’Autorità procedente avrebbe accolto acriticamente le prospettazioni fattuali proposte dalla controinteressata, senza neppure curarsi di sentirlo e senza curarsi di effettuare gli approfondimenti necessari; in proposito sottolinea come il provvedimento sia stato emesso il giorno seguente a quello di proposizione della domanda.

Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, posto che nel provvedimento impugnato non sarebbero indicate le ragioni che hanno indotto ad adottare la misura.

Ritiene il Collegio, rivedendo la propria posizione assunta in sede cautelare, che il ricorso sia infondato.

Per ciò che concerne il primo motivo, si deve dare atto che vi è un orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’atto di ammonimento deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento e che ritiene quindi che, in mancanza di tale comunicazione, il provvedimento debba considerarsi illegittimo (cfr. TAR Piemonte, SEZ. II, 17 febbraio 2011 n. 169; TAR Campania Napoli, SEZ. VI, 17 novembre 2010 n. 25184).

La Sezione tuttavia ritiene preferibile un opposto orientamento secondo il quale – considerato che il provvedimento di ammonimento assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, essendo preordinato a che gli "atti persecutori" posti in essere contro la persona non siano più ripetuti e non abbiano a cagionare esiti irreparabili; e considerato che lo stesso art. 7 della legge n. 241/90 esclude, per ragioni di celerità peculiari al procedimento, l’obbligo del preventivo avviso – la comunicazione di avviso di avvio del procedimento, per tale tipologia di atti, non è necessaria (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 18 marzo 2011 n. 751).

Il motivo è quindi infondato.

Il ragionamento svolto per respingere il primo motivo porta necessariamente al rigetto anche del secondo mezzo di gravame. Invero è di palmare evidenza che se il provvedimento di ammonimento non deve essere necessariamente preceduto dalla comunicazione di avviso di avvio del procedimento, a maggior ragione non può ritenersi che l’amministrazione sia tenuta all’audizione preventiva del destinatario del provvedimento, il quale non è neppure a conoscenza della sussistenza del procedimento.

D’altro canto depongono per questa soluzione anche le esigenze cautelari e di celerità connesse a tale tipologia di atti, posto che la necessità di impedire che dal comportamento persecutorio scaturiscano danni irreparabili giustifica l’adozione di un provvedimento inaudita altera parte.

Necessariamente quindi l’Amministrazione deve effettuare le proprie valutazioni sulla base delle circostanze di fatto allegate dalla vittima e del corredo probatorio che essa è in grado di produrre in sede procedimentale.

Il destinatario del provvedimento potrà semmai far valere le proprie ragioni in un secondo momento, in sede di ricorso gerarchico ovvero proponendo istanza di riesame all’autorità procedente la quale, in presenza di nuove allegazioni e di nuovo materiale probatorio, è tenuta a riaprire il procedimento.

Da quanto sopra discende ulteriormente che non si può censurare il comportamento dell’amministrazione che abbia adottato con immediatezza il provvedimento di ammonimento su richiesta della vittima. Nel caso concreto, va poi evidenziato che l’allegazione dei fatti posti a fondamento dell’istanza formulata dalla controinteressata (con particolare riferimento alle azioni di pedinamento e di intercettazione ambientale poste in essere dal ricorrente nei confronti della stessa) trova conforto in una molteplicità di documenti (depositati in giudizio) che l’Amministrazione ha potuto agevolmente visionare in sede procedimentale; sicché anche sotto tale profilo non può condividersi la doglianza formulata dall’interessato.

Anche il secondo motivo è quindi infondato.

Venendo ora al terzo motivo va osservato che, ad opinione del Collegio, l’Amministrazione procedente ha adeguatamente motivato il provvedimento, sia facendo riferimento ai numerosi contatti telefonici sia richiamando i pedinamenti e gli appostamenti effettuati dal ricorrente presso l’abitazione della moglie.

In proposito va anche evidenziato che, come accennato poc’anzi, l’Amministrazione resistente ha depositato in giudizio copiosa documentazione dalla quale emerge che il ricorrente ha posto in essere condotte intrusive nella vita privata della signora Raimondi, installando apposite apparecchiature, presso l’abitazione ed a bordo dell’auto della stessa, atte a registrare le conversazioni che si svolgevano in quegli ambienti, e pedinando la medesima sia direttamente che attraverso personale di un’agenzia investigativa all’uopo da egli incaricato.

Come si vede sussiste materiale sufficiente per poter ritenere che il comportamento tenuto nei confronti della controinteressata sia verosimilmente suscettibile di cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto, ovvero da costringere la stessa ad alterare le proprie abitudini di vita.

Sono quindi ben chiare le ragioni che hanno indotto l’Autorità procedente ad emettere il provvedimento impugnato.

Nella propria memoria difensiva l’interessato pone infine in evidenza che l’autorità giudiziaria, chiamata a pronunciarsi sul reato di stalking di cui all’art. 612 bis c.p., per quegli stessi fatti posti a fondamento del provvedimento di ammonimento, ha disposto l’archiviazione del procedimento.

Anche questa argomentazione non è decisiva.

Va invero sottolineato che, come ha già avuto modo di affermare la Sezione, poiché le finalità del provvedimento di ammonimento, come più volte ribadito, sono di tipo cautelare e preventivo (e non già punitivo come la sanzione penale) il questore, per decidere se applicare la misura, deve apprezzare discrezionalmente, sulla base dei fatti esposti e degli elementi probatori forniti dal richiedente e degli altri che ritiene di acquisire dagli organi investigativi e dall’audizione delle persone informate sui fatti, la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 18 marzo 2011 n. 751).

Ne discende, a parere del Collegio, che l’autorità amministrativa gode di un’ampia autonomia con riguardo alla qualificazione dei fatti prospettati dal richiedente rispetto alla valutazione operata dal giudice penale il quale, per poter applicare la pena, deve necessariamente accertare la lesione del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice (requisito necessario affinché possa ritenersi integrata la fattispecie tipica del reato). L’Autorità amministrativa, al contrario, proprio perché le misure da essa adottate non hanno natura punitiva ma cautelare, può prescindere da questo accertamento e considerare rilevanti fatti che verosimilmente siano idonei a creare uno stato d’ansia e di paura nella vittima. Ben può quindi succedere che comportamenti considerati oggettivamente non penalmente rilevanti, siano idonei a fondare un provvedimento di ammonimento.

Deve quindi ribadirsi l’infondatezza del terzo motivo di ricorso.

In conclusione, per le ragioni illustrate il ricorso va respinto.

Sussistono nondimeno giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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