T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 19-08-2011, n. 2102 Occupazione abusiva o illegittima Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio, notificato in data 22 ottobre 2003 e depositato in data 19 novembre 2003, i Sigg.ri S.S., M.G. e S.D. esponevano di essere comproprietari di un appezzamento di terreno edificabile sito in Gravina di Catania, contrada Valle Allegra, descritto in catasto al foglio 1, particelle 1430, 1431, 1432 e 147.

Il Comune di Gravina di Catania, con decreto n. 06/89 del 7.6.1989 notificato il 16.6.1989, disponeva l’occupazione temporanea e d’urgenza di parte di detto terreno per la realizzazione di alloggi sociali della Cooperativa edilizia il Gabbiano Azzurro e per strada.

In data 8.7.1989 veniva eseguita l’occupazione delle aree in oggetto che venivano irreversibilmente trasformate.

I Sigg.ri S. e M. impugnavano innanzi al T.A.R. i decreti di occupazione d’urgenza di cui sopra e ne chiedevano in via cautelare la sospensione.

Il T.A.R. dapprima rigettava la domanda di sospensione cautelare ma successivamente, con sentenza n. 1083/93 del 29 dicembre 1993, annullava i provvedimenti impugnati.

Il Comune di Gravina di Catania proponeva appello avverso la suddetta decisione che veniva rigettato con sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa n. 361/98 del 9 giugno 1998.

Poiché nel frattempo gli immobili espropriati erano stati irreversibilmente trasformati, i proprietari adivano, in data 21.4.2000, il giudice ordinario per il risarcimento dei danni subiti e, a seguito di dichiarazione di difetto di giurisdizione, giusta sent. N. 170/03 del 4.7.2003, col ricorso introduttivo del presente giudizio si rivolgevano a questo Tribunale Amministrativo per ottenere il risarcimento del danno conseguente alla perdita di parte della loro proprietà, irreversibilmente trasformata per effetto del decreto di occupazione d’urgenza annullato da questo TAR con la citata sentenza n. 1083/93, confermata dal CGA con la decisione n. 361/98.

In data 19 giugno 2008 si costituiva in giudizio il Comune intimato contestando genericamente le domande dei ricorrenti.

Su richiesta dei ricorrenti, con decreto del Consigliere delegato n. 8/09 del 15.6.2009 veniva disposta consulenza tecnica d’ufficio al fine di:

"1) esattamente individuare e descrivere gli appezzamenti di terreno edificabile di proprietà dei ricorrenti meglio descritti in ricorso, occupati e irreversibilmente trasformati in esecuzione del decreto di occupazione d’urgenza del Comune di Gravina di cui sopra.

2) Calcolare il valore di mercato dei terreni occupati alla data attuale trattandosi di debito di valore."

In data 17 dicembre 2009 il CTU, Ing. Claudio Di Silvestri, depositava la relazione di CTU.

I ricorrenti producevano memorie.

Con sentenza n. 3837/2010 del 27.9.2010 il Collegio, rilevato che dagli atti della causa risultava che in data 21.10.2009 era deceduto il Sig. S.D., non rinvenendosi nel fascicolo l’atto di riassunzione volontaria, pur menzionato nelle difese di parte ricorrente, dichiarava l’interruzione del giudizio, ai sensi e per gli effetti degli artt. 300 del C.P.C. e 24 della legge 6/12/1971 n. 1034, riguardo il predetto Sig. S.D..

Quanto agli altri ricorrenti, la Sezione accoglieva le domande di accertamento dell’illecito e di condanna dei soggetti responsabili al risarcimento del danno, differendone, tuttavia, gli effetti all’emissione da parte del Comune intimato (che aveva già manifestato "per facta concludentia" la volontà di mantenere in suo potere il bene dei ricorrenti) di un formale provvedimento acquisitivo da emanarsi ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 43 T.U. espropriazione, fissando i principi da seguire, anche ai sensi dell’art. 35, comma 2, del D.L.vo n. 80/1998 come sostituito dall’art. 7 della L. n. 205/2000.

Con atto notificato il 12/17.1.2011 e depositato il 28.1.2011 S.A. e M.G., quali eredi di S.D., riassumevano il giudizio, insistendo nelle richieste già formulate.

Peraltro, allegavano copia della nota del 16.12.2010, con la quale la Segreteria di questo T.A.R. comunicava il rinvenimento (successivamente al deposito della sentenza n.3837/2010) del primo atto di riassunzione, notificato il 4.5.2010 e depositato il 19.5.2010.

Con memoria depositata il 10.6.2011 i ricorrenti, preso atto del mutato quadro normativo in dipendenza della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art.43 T.U., medio tempore intervenuta, hanno chiesto, preliminarmente, la condanna del Comune al risarcimento dei danni derivanti dall’occupazione illegittima dalla data dell’immissione in possesso, la condanna del Comune a dichiarare l’intenzione di acquisire transattivamente la proprietà delle aree in questione, previo pagamento del valore venale delle aree, ovvero, in subordine, alla restituzione dei terreni.

Infine, all’udienza del 6.7.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

I. Il ricorso è ammissibile e procedibile, avendo i ricorrenti diligentemente notificato il 12/17.1.2011 e depositato il 28.1.2011 atto di riassunzione, pur essendo stato (successivamente al deposito della sentenza n. 3837/2010) rinvenuto l’originario atto di riassunzione, notificato il 4.5.2010 e depositato il 19.5.2010.

I ricorrenti hanno altresì prodotto documentazione idonea a comprovare la rispettiva qualità di eredi.

II. Il Collegio ritiene di richiamare i presupposti di fatto posti a base della sentenza n. 3837/2010 del 27.9.2010.

Dalla documentazione prodotta dai ricorrenti in allegato al ricorso, si evince che con sentenza di questo Tar numero 1083 del 29 dicembre 1993 vennero annullate le deliberazioni adottate dal Comune di Gravina di Catania impugnate dai ricorrenti, mediante le quali erano stati localizzati i programmi costruttivi di due cooperative, nonchè i decreti sindacali con i quali era stata autorizzata l’occupazione temporanea e di urgenza delle aree assegnate alle predette cooperative. In particolare, la sentenza annullava le localizzazioni ritenendo fondato il terzo motivo di ricorso, secondo il quale le assegnazioni erano illegittime perché non precedute dalla adozione dei programmi di attuazione di cui agli articoli 11 della legge n.167 del 1962 e 7 della legge regionale n.86 del 1981.

Dalla documentazione acquisita dal CTU nel presente giudizio risulta che i ricorrenti erano proprietari delle aree oggetto di causa nelle seguenti misure:

– S.S. per la metà indivisa (50%)

– S.D. e M.G. per metà indivisa (25% ciascuno).

Il C.T.U. sulla scorta dei decreti di occupazione d’urgenza e del verbale di immissione in possesso ha accertato l’occupazione ed irreversibile trasformazione per effetto del decreto di occupazione d’urgenza n. 6/89 di:

– mq. 344 della particella 1430 (derivante dal frazionamento della originaria part. 144);

– mq. 3 della part.1431 (derivante dal frazionamento della originaria part. 144);

– mq. 413 della particella 1432 (derivante dal frazionamento della originaria part.146);

– mq.272 della part. 147

per un totale di mq. 1032.

Ciò posto, la Sezione, con la sentenza n. 3837/2010 del 27.9.2010, precisato che l’annullamento degli atti in sede giurisdizionale comporta l’illiceità dell’ablazione della proprietà dei ricorrenti, poiché l’occupazione del terreno dei ricorrenti non è supportata da alcun titolo giuridico, ha ritenuto fondate le domande (di S.S. e M.G., pro quota) di accertamento dell’illecito e di condanna dei soggetti responsabili al risarcimento del danno.

Quanto all’accertamento dell’elemento soggettivo della responsabilità extracontrattuale, poichè il soggetto danneggiato può limitarsi ad indicare gli elementi costituenti indici presuntivi della colpa della pubblica amministrazione, sulla quale incombe l’onere di provare il contrario, ovvero la sussistenza di un errore scusabile, si è ritenuta accertata da questo Tribunale, con rinvio alla sentenza n.1083/93, la conduzione negligente del procedimento espropriativo, non essendo stato rispettato l’iter di formazione della deliberazione di localizzazione, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, e, d’altra parte, in carenza di dimostrazione circa la sussistenza di un eventuale errore scusabile da parte del Comune, si é ritenuto sussistente anche l’elemento soggettivo dell’illecito procedimento ablativo.

Accertata la sussistenza della responsabilità extracontrattuale, quanto alle modalità di riparazione del danno subito dai ricorrenti, i quali hanno chiesto il risarcimento del danno per equivalente attesa l’irreversibile trasformazione del fondo, la Sezione ha ritenuto che la domanda risarcitoria dei ricorrenti potesse essere accolta, differendone, tuttavia, gli effetti all’emissione da parte del Comune intimato di un formale provvedimento acquisitivo da emanarsi ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 43, cit.

III. Senonchè, tale decisione non può essere estesa ai ricorrenti, per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale – avvenuta successivamente al deposito della sentenza di questo TAR n. 3837/2010 del 27.9.2010, e precisamente con sentenza della Corte Cost. 8 ottobre 2010, n. 293- dell’art.43 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (testo unico sugli espropri), per le ragioni compiutamente esposte nella coeva pronuncia di questo T.A.R. sul ricorso n. 3291/2002, pendente tra le stesse parti, avente ad oggetto la medesima procedura espropriativa e trattenuto in decisione nella medesima Udienza pubblica, alla cui motivazione si fa rinvio.

IV. Con tale pronuncia, si è dato atto del quadro normativo, ulteriormente mutato, per effetto del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, recante "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria", pubblicato nella Gazz. Uff. 6 luglio 2011, n. 155, che con l’art. 34, comma 1 (non modificato dalla legge di conversione, L.15 luglio 2011, n.111, su GURI n. 164 del 1672011), ha modificato il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, inserendo dopo l’articolo 42 l’art. 42bis, rubricato "Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico".

Il citato D.L. 672011 n. 98, per effetto dell’art. 41, è entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, e dunque il giorno del passaggio in decisione del ricorso in epigrafe.

Ritiene quindi il Collegio di fare applicazione della citata norma.

Da un canto, il trasferimento della proprietà del bene non può attualmente collegarsi alla unilaterale volontà del privato di rinunciare al proprio diritto (la quale è da ritenersi implicita nella richiesta di liquidazione del danno commisurato alla definitiva perdita della disponibilità del bene), in linea con la giurisprudenza ormai costante, richiamata nella decisione di cui sopra sul ricorso n. 3291/02 R.G., cui si rinvia.

Dall’altro, tuttavia, non può pretermettersi la volontà del privato espropriato, il quale chieda unicamente il risarcimento del danno per equivalente, preso atto dell’irreversibile trasformazione dell’immobile, rinunciando alla restitutio in integrum.

A sua volta, risulta evidente la volontà dell’Amm.ne di acquistare l’area, che si è concretizzata in atti concludenti quali l’avvio della procedura espropriativa, l’occupazione dei beni e la trasformazione degli stessi operata -seppure illegittimamente- per il conseguimento di fini di pubblica utilità. Detta manifestazione di volontà che induce a ritenere venuta meno l’intenzione di restituzione del fondo ben può cogliersi nei fatti concludenti prima menzionati, consentendo al Giudice di accogliere la domanda risarcitoria del privato, facendo però contestualmente obbligo all’amministrazione di adottare l’atto formale di trasferimento ex articolo 42 bis testo unico espropriazioni.

Pertanto, il Collegio ritiene, anche nell’esercizio dei propri poteri equitativi, e valorizzando la "ratio" sottesa all’art. 42 bis cit. (ossia far sì che l’espropriazione della proprietà privata per scopi di pubblica utilità non si trasformi in un danno ingiusto a carico del cittadino e che l’ablazione del bene ed i connessi effetti indennitari e\o risarcitori conseguano necessariamente ad un formale provvedimento della P.A.), che la domanda risarcitoria degli odierni ricorrenti possa e debba essere accolta, differendone, tuttavia, gli effetti all’emissione da parte del Comune intimato (che ha già manifestato "per facta concludentia" la volontà di mantenere in suo potere il bene dei ricorrenti) di un formale provvedimento acquisitivo da emanarsi ai sensi dell’art. 42 bis, cit..

E d’altronde, poiché, nella materia di che trattasi, il Giudice amministrativo è investito di giurisdizione esclusiva cui consegue la possibilità di condannare la P.A. anche ad un "facere" (cfr. T.A.R. Palermo n.1182/2008 cit.), il Collegio ritiene di fissare i principi di seguito indicati, anche ai sensi dell’art. 34, comma 4, del C.P.A.:

A) il Comune di Gravina di Catania deve essere condannato ad emanare, entro 60 giorni dalla comunicazione o notificazione, se antecedente, della presente sentenza, un provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis T.U. espropriazioni, contenente la indicazione del risarcimento dovuto ai ricorrenti per la perdita della proprietà del fondo;

B) la quantificazione del risarcimento deve avvenire secondo le disposizioni di cui al più volte citato art. 42 bis, del citato D.P.R. n. 327/2001, integrato dai criteri ricavabili dalla stima fatta dal consulente tecnico d’ufficio nominato dalla Sezione, la cui relazione appare al collegio immune da rilievi.

C) il Comune dovrà inoltre offrire gli interessi, previsti dall’art. 42 bis, quale risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo;

D) qualora il Comune non adotti un atto formale volto all’acquisizione del bene dei ricorrenti ed al correlativo risarcimento ex art. 42 bis, comma 1 cit., i ricorrenti potranno chiedere l’esecuzione della presente decisione, per l’adozione delle misure consequenziali, rientrando nei poteri di questo Tribunale la nomina di un commissario ad acta e la trasmissione degli atti alla Corte dei Conti per la valutazione dei fatti, che dovessero condurre a tale ulteriore fase del giudizio

V. Va in questa sede ribadito che le spese di consulenza tecnica, liquidate con la sentenza n. 3837/2010, nella complessiva misura di euro 1.700,00, per onorario ed euro 6,25 per spese, rimangono a carico del Comune resistente.

VI. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sez. di Catania, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso secondo quanto specificato in motivazione.

Condanna il Comune di Gravina di Catania al pagamento delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti, che si liquidano in 3.000,00 (tremila,00), oltre IVA e CPA come per legge ed oltre al rimborso del contributo unificato nonché al pagamento delle spese di ctu, liquidate nella complessiva somma di euro 1.706,25, delle quali 1.700,00 per onorario e 6,25 per spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2011 e del 20 luglio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Gabriella Guzzardi, Presidente FF

Giovanni Milana, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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