Cons. Stato Sez. IV, Sent., 22-08-2011, n. 4795 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 567 del 2010, L. V. R. s.p.a. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 12113 del 30 novembre 2009 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Ministero dell’economia e delle finanze e l’AAMS Amministrazione autonoma monopoli di Stato per l’annullamento del decreto direttoriale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato del 16 ottobre 2008 e di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o comunque connesso, incluse espressamente le note dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato del 23 maggio 2008 e del 6 giugno 2008.

Dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso che l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato aveva contestato già nel 2007 plurime inadempienze in ordine alle modalità ed ai tempi di attivazione e della condizione operativa della rete della gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento, di talché l’Amministrazione provvedeva ad applicare le penali previste dall’art. 27, comma 1, della convenzione 15 luglio 2004 recante (per l’appunto) la concessione per l’affidamento dell’attivazione e della conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento nonché delle attività e funzioni connesse.

Soggiungeva che la nota con la quale veniva chiesto il pagamento di una ingente somma quale penale veniva impugnata dinanzi al T.A.R. che accoglieva il ricorso "con salvezza degli atti ulteriori in sede di riesame della vicenda controversa".

Riferiva parte ricorrente che, nel corso del procedimento attivato dall’Amministrazione per calcolare l’ammontare delle nuove penali da applicare ai concessionari inadempienti, venne stipulato un atto aggiuntivo alla suindicata convenzione recante modifiche al sistema delle penali.

Lamentava quindi che, nonostante la modifica del modello di applicazione delle penali l’Amministrazione, con i provvedimenti impugnati aveva provveduto a richiedere il pagamento di somme definite attraverso calcoli contestabili e comunque irragionevoli, finendo quindi per riadottare atti sanzionatori illegittimi al pari di quelli già gravati con successo dinanzi al giudice amministrativo che, quindi, non può che dichiararne l’annullamento stante la loro patente illegittimità sia sotto il profilo dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della penale sia con riferimento all’ammontare della stessa, da ritenersi irragionevole e sproporzionato, tenuto conto anche delle modifiche apportate alla convenzione dall’atto aggiuntivo.

Costituitosi il Ministero dell’economia e delle finanze e l’AAMS Amministrazione autonoma monopoli di Stato, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le doglianze, ritenendo corretto il comportamento dell’amministrazione sia nell’an che nella quantificazione del dovuto.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’erroneità delle ricostruzione della situazione di fatto e di diritto operata in sentenza, riproponendo le doglianze già fatte proprie in primo grado.

Nel giudizio di appello, si è costituita l’Avvocatura dello Stato per il Ministero dell’economia e delle finanze e l’AAMS Amministrazione autonoma monopoli di Stato, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del 17 maggio 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – La questione oggetto dell’attuale giudizio si presenta sostanzialmente analoga ad altra già scrutinata dalla Sezione, con sentenza n. 9347 del 2010, i cui contenuti possono essere tenuti saldi, non potendosi rilevare alcuna differenza sostanzialmente rilevante tra la fattispecie allora esaminata e quella qui dedotta.

Partendo da tale osservazione, deve essere rimarcato come la questione dedotta, riguardando la fase esecutiva di un rapporto convenzionale tra l’Amministrazione e la società istante in merito all’affidamento di un servizio pubblico, rientra con sicurezza nella sfera di cognizione del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 11, comma 5, della legge 7 agosto 1990, nr. 241 (nonché, oggi, anche dell’art. 133, comma 1, lettera a), nr. 2, cod. proc. amm.).

In merito però ai principi applicabili a tale fase, va rimarcato che, sebbene anche nell’ambito di rapporti inquadrabili tra gli accordi ex art. 11 della legge nr. 241 del 1990 siano presenti interessi di matrice pubblicistica, questo non esclude che l’esecuzione di detti accordi sia sottoposta alle comuni regole civilistiche in tema di adempimento, nonché di obblighi di buona fede delle parti del contratto ( art. 1375 c.c.), e pone in ombra l’affermazione che nella detta materia persista sempre in capo all’amministrazione un margine di apprezzamento esterno al sindacato giurisdizionale. In questa direzione, si è ribadito che, pur nell’ambito di un rapporto convenzionale, l’esistenza di un potere discrezionale del soggetto pubblico non vale di per sé a escludere che il giudice possa e debba fare applicazione diretta anche della disciplina dell’inadempimento del contratto, allorché una parte del rapporto contesti alla controparte un inadempimento degli obblighi di fare (Consiglio di Stato, sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2568).

Il che implica, nella questione in esame, che parimenti devono trovare ingresso nella valutazione del giudice anche le regole di diritto comune in materia di imputabilità dell’inadempimento, di prova del danno cagionato e di congruità e proporzionalità della relativa sanzione, le stesse regole che avevano condotto il T.A.R. ad una valutazione di illegittimità della prima azione amministrativa.

3. – Sulla scorta di tale assunto, si può partire nella disamina degli specifici motivi d’appello, iniziando dalla parte in cui si assume l’insussistenza nella fattispecie del presupposto di un effettivo danno per l’Amministrazione quale conseguenza dei lamentati ritardi e inadempimenti della concessionaria (punto 9 e seguenti dell’appello).

Deve infatti rimarcarsi che, dalla lettura delle previsioni convenzionali, quali risultanti all’esito dell’Atto aggiuntivo e delle modifiche del 2007, l’irrogazione delle penali è comunque collegata all’esistenza di un danno oggettivo per l’Amministrazione, fermo restando il rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.

La parte appellante assume l’insussistenza di un qualsivoglia danno erariale per l’Amministrazione, adducendo i dati numerici relativi ai consistenti e rilevantissimi introiti che il servizio ha comunque portato alle casse erariali nel medio periodo, una volta entrato a regime. Tale affermazione, non contestabile nella realtà oggettiva, pone in evidenza come nella specie non si sia concretizzata una specifica e apprezzabile lesione patrimoniale, in quanto non vi è prova che gli inadempimenti contestati alla concessionaria abbiano avuto un’incidenza causale determinante, anche a titolo di semplice concorso, nel ritardo che ha connotato in generale l’avvio del servizio pubblico di raccolta e gestione telematica del gioco lecito mediante il sistema di cui si discute.

La Sezione infatti condivide le due principali tesi sostenute dalla parte appellante, ossia:

a) che l’attivazione del servizio oggetto di affidamento presupponeva la realizzazione di una rete telematica senza precedenti al mondo, destinata a unificare in un unico sistema di controllo centinaia di migliaia di apparecchi da gioco, e che pertanto le parti erano consapevoli della inevitabile necessità di una fase di sperimentazione in coincidenza con l’avvio dell’attività;

b) che, proprio durante tale fase, si presentarono una serie di problemi imprevisti e imprevedibili, di ordine sia tecnico che amministrativo, tali da coinvolgere in modo indifferenziato tutte le società concessionarie e da determinare un ritardo generalizzato nell’inizio del servizio pubblico rispetto alle previsioni. Nel dettaglio, un gran numero di apparecchi inizialmente omologati dall’Amministrazione si rivelarono in pratica inidonei a stabilire una valida interconnessione in rete, costringendo la stessa A.A.M.S. a introdurre numerose modifiche tecniche, facendo quindi ricadere su soggetti terzi, quali l’attuale appellante, le conseguenze di una errata valutazione fatta propria dalla stessa amministrazione. Inoltre, si riscontrarono ritardi nella stipula dei contratti destinati a legare i precedenti gestori degli apparecchi con i nuovi concessionari, destinati a divenire nel nuovo assetto gli unici interlocutori dell’Amministrazione.

Come è evidente, i detti problemi non possono essere considerati presupposti la cui risoluzione poteva competere unicamente ai concessionari, peraltro non attributari di alcun potere pubblicistico.

Tale quadro consente di evidenziare come il ritardo imputato sia dipeso da una pluralità di fattori non riconducibili unicamente agli inadempimenti contrattuali imputati ai concessionari, ma dovuti a soggetti ad essi non collegabili. Viene così inciso l’univoco quadro delineato dall’amministrazione, che vedeva una secca attribuzione di responsabilità unicamente in capo alla attuale appellante, ma parimenti viene meno la prova della sussistenza di un danno effettivo per l’Amministrazione.

4. – La rilevanza della precedente ragione di doglianza, attinente alla fondatezza della pretesa sanzionatoria amministrativa, rende inutile la disamina delle ulteriori questioni sottoposte, atteso che, da quanto sopra evidenziato, deriva la fondatezza dell’appello e, consequenzialmente, l’accoglimento del ricorso di primo grado con annullamento degli atti originariamente impugnati.

5. – L’appello va quindi accolto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.5. – L’appello va quindi accolto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 567 del 2010 e per l’effetto in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 12113 del 30 novembre 2009, accoglie il ricorso di primo grado;

2. Condanna il Ministero dell’economia e delle finanze e AAMS Amministrazione autonoma monopoli di Stato, in solido tra loro, a rifondere a L. V. R. s.p.a. le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in Euro. 6.000,00 (euro seimila/00, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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