T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 22-08-2011, n. 496 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La società ricorrente riferisce di aver inoltrato il 13 aprile 2010 denuncia di inizio attività per la realizzazione di un edificio di civile abitazione, previa demolizione di quello preesistente, sito in Montesilvano tra via Venezia Giulia e via Romagna.

Riferisce, altresì, che, a seguito della segnalazione di alcuni vicini, il Dirigente del Settore IX con l’ordinanza 21 marzo 2011, n. 17bis, aveva disposto la sospensione dei lavori, riservandosi di svolgere al riguardo ulteriori verifiche.

Non avendo il Comune concluso tale procedimento con un provvedimento definitivo, con il ricorso in esame, notificato il 19 maggio 2011, l’interessata è insorta dinanzi questo Tribunale ai sensi degli art. 31 e 117 del codice del processo amministrativo, chiedendo l’accertamento dell’obbligo del Comune di Montesilvano di concludere il procedimento iniziato con la predetta ordinanza di sospensione dei lavori.

Ha dedotto al riguardo che l’Amministrazione comunale, in base al disposto dell’art. 27 del D.P.R. 380/2001, avrebbe dovuto adottare il provvedimento definitivo entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori e che tale inattività perdurava anche dopo l’inoltro da parte della ricorrente di una richiesta di revoca dell’ordine di sospensione dei lavori. A tale richiesta aveva, invero, fatto seguito la sola nota 13 maggio 2011, n. 30608, con la quale il Dirigente del Settore Urbanistica aveva dichiarato di ritenere corretta la procedura seguita dalla DA.CO. Costruzioni s.r.l. e di non dover disporre l’annullamento in autotutela.

Conclusivamente, oltre a chiedere l’accertamento dell’obbligo del Comune di concludere il procedimento, ha anche chiesto al Collegio di pronunciarsi sulla legittimità dell’intervento edilizio in questione e sulla fondatezza della pretesa di conclusione del procedimento, "mediante revoca in autotutela della emanata ordinanza di sospensione dei lavori". Ha, infine, anche chiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti, da determinarsi anche via equitativa.

Il Comune di Montesilvano, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Alla camera di consiglio del 28 luglio 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.

2. – Con il ricorso in esame, proposto ai sensi degli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo, la parte ricorrente – come sopra esposto – ha chiesto al Collegio l’accertamento dell’obbligo del Comune di Montesilvano di concludere il procedimento iniziato con l’ordinanza di sospensione dei lavori 21 marzo 2011, n. 17bis, del Dirigente del Settore IX; ha, inoltre, anche chiesto al Collegio di pronunciarsi sulla legittimità dell’intervento edilizio in questione e di condannare l’Amministrazione intimata al risarcimento dei danni subiti.

Va al riguardo meglio precisato in punto di fatto che con la predetta l’ordinanza n. 17bis il Dirigente del Settore IX del Comune aveva disposto la sospensione dei lavori iniziati dalla ricorrente e che l’interessata era insorta con altro ricorso avverso tale atto.

Con sentenza 10 giugno 2011, n. 367, questo Tribunale – avendo rilevato che l’ordinanza di sospensione dei lavori, in base al disposto dell’art. 27 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, aveva perso efficacia essendo decorsi 45 giorni dalla sua emanazione – ha dichiarato tale ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

In aggiunta, deve anche ricordarsi che con nota 13 maggio 2011, n. 30608, il Dirigente del Settore Urbanistica aveva dichiarato di ritenere nella sostanza corretta la procedura seguita dalla DA.CO. Costruzioni s.r.l. e di non dover disporre l’annullamento in autotutela della denuncia di inizio attività inoltrata; mentre nessun ulteriore atto era stato assunto dal Dirigente del Settore IX del Comune.

Con il ricorso in esame la società ricorrente ha dedotto che il procedimento iniziato d’ufficio dall’Amministrazione, volto ad accertare la legittimità dell’attività edilizia in questione, avrebbe dovuto concludersi con un provvedimento espresso; in definitiva, pur avendo l’ordinanza di sospensione dei lavori perso efficacia, il Comune avrebbe dovuto ugualmente concludere il procedimento, mediante l’adozione di un atto espresso di accertamento della legittimità dell’intervento edilizio in questione. Con il ricorso ha, pertanto, chiesto al Collegio di accertare l’obbligo del Comune di Montesilvano di concludere il procedimento iniziato con l’ordinanza di sospensione dei lavori in questione.

Tale richiesta non è fondata.

Prescindendo dal rilievo che il Comune aveva in realtà implicitamente concluso il procedimento in questione con la predetta nota del 13 maggio 2011, n. 30608, con la quale il Dirigente del Settore Urbanistica aveva dichiarato di non dover disporre l’annullamento in autotutela della denuncia di inizio attività inoltrata, va, in ogni caso, ricordato che la L. 7 agosto 1990, n. 241, dispone testualmente al primo comma dell’art. 2 che "ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso" e l’art. 2bis indica le conseguenze per la violazione di tale obbligo, imponendo alle pubbliche amministrazioni il risarcimento del danno ingiusto "cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento".

Tale norma impone, cioè, di concludere il procedimento con un provvedimento espresso in due distinte ipotesi:

a) ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza;

b) ove il procedimento debba essere iniziato d’ufficio.

Ciò detto, ritiene il Collegio che non ricorra nella specie nessuna delle due ipotesi previste dalla normativa in questione: il procedimento, iniziato con l’atto di sospensione dei lavori, era, invero, volto ad accertare se ricorrevano o meno nella specie in punto di fatto i presupposti per l’esercizio dei poteri di autotutela nei confronti della d.i.a. presentata dalla ricorrente e se fossero state rispettato le "norme urbanisticheedilizie con particolare riferimento al rapporto di copertura".

Premesso che l’Amministrazione comunale, in presenza di una denuncia di inizio attività per la realizzazione di un intervento costruttivo, può adottare, dopo la scadenza del termine di legge previsto per il consolidamento del titolo, i provvedimenti di sospensione dei lavori solo dopo il previo ricorso allo strumento dell’autotutela (T.A.R. Lombardia, sede Milano, sez. IV, 7 giugno 2011, n. 1405), va evidenziato che il procedimento in questione, come sembra evidente, per un verso non era di certo iniziato ad istanza della parte ricorrente (la quale deve, pertanto, ritenersi allo stato di certo pienamente legittimata ad eseguire l’intervento edilizio in questione in quanto il Comune non aveva effettuato i dovuti controlli sulla denuncia entro termini di legge e non era tempestivamente intervenuto per inibire lo svolgimento dell’attività); per altro verso il Comune nella specie non aveva iniziato d’ufficio un procedimento per l’esercizio dei poteri di autotutela, ma si era semplicemente limitato ad effettuare degli accertamenti tecnici preliminari in ordine all’attività edilizia intrapresa, che, ove avessero dato esito positivo, avrebbero potuto indurre l’Amministrazione ad iniziare un ulteriore procedimento, che si sarebbe potuto concludere, in ipotesi, con un atto di autotutela.

Ritiene, in definitiva, il Collegio che nella specie il Comune non aveva iniziato d’ufficio un procedimento volto all’esercizio dei poteri di autotutela, ma si era limitato a svolgere accertamenti preliminari sulla legittimità del titolo edilizio in questione.

L’Amministrazione comunale, infatti, in base al predetto art. 27 del T.U. dell’edilizia, ha il potere – che non può ritenersi sottoposto a preclusioni o a decadenze – di vigilare sull’attività urbanisticaedilizia e tra tali poteri rientra anche quello di svolgere accertamenti sulla attività intraprese dai privati e di assumere successivamente al riguardo anche atti di autotutela, che, in definitiva, possono sempre essere assunti, nel rispetto ovviamente di quanto disposto dagli artt. 21quinques e 21nonies della legge sul procedimento amministrativo.

In estrema sintesi, ritiene il Collegio che il ricorso in esame, proposto ai sensi dell’art. 31 del codice del processo amministrativo, non sia fondato per la parte volta a censurare il silenzio serbato dal Comune, in quanto l’Amministrazione non aveva l’obbligo di concludere con un provvedimento espresso lo svolgimento di accertamenti sulle attività edilizie dei privati.

Tale ricorso è, invece, inammissibile, sia per la parte con cui si è chiesto al Collegio di pronunciarsi sulla legittimità dell’intervento edilizio in questione, trattandosi di azione di accertamento che non è esperibile dinanzi a questo Tribunale, sia relativamente alla richiesta di "revoca in autotutela della emanata ordinanza di sospensione dei lavori", dal momento che questo Tribunale si è in merito già pronunciato con la predetta sentenza 10 giugno 2011, n. 367, rilevando che l’ordinanza di sospensione dei lavori, in base al disposto dell’art. 27 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, aveva perso efficacia, essendo decorsi 45 giorni dalla sua emanazione.

Quanto, infine, alla domanda di risarcimento dei danni, va evidenziato che tale richiesta è ugualmente inammissibile in ragione dell’inesistenza dell’obbligo del Comune di concludere il procedimento; peraltro, tale richiesta, in relazione al fermo del cantiere per i 45 giorni di sospensione dei lavori, era stata già avanzata nel ricorso proposto avverso la predetta ordinanza di sospensione dei lavori, per cui, in violazione del principio del ne bis in idem, non avrebbe potuto essere riproposta in questa sede.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto.

La mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata dispensa il Collegio dal provvedere in ordine alle spese ed agli onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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