Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-12-2011, n. 28077 Assegni di accompagnamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 16.12.05 – 16.3.06 la Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame interposto da F.N. contro la pronuncia del Tribunale della stessa sede – resa in contraddittorio con l’INPS e il Ministero dell’Economia e delle Finanze – che ne aveva rigettato la domanda intesa ad ottenere l’indennità di accompagnamento L. 11 febbraio 1980, n. 18, ex art. 1.

Statuivano i giudici del merito l’incompatibilità dell’indennità di accompagnamento con altra analoga percepita dal F. per invalidità riportata a causa di eventi bellici.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il F. affidandosi ad un solo motivo.

Resiste con controricorso l’INPS. L’intimato Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1- Con unico motivo di censura il ricorrente deduce vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia nonchè violazione e/o falsa applicazione della L. n. 508 del 1988, art. 1 nella parte in cui, modificando la disciplina dell’indennità di accompagnamento di cui alla L. n. 18 del 1980, art. 1 ha previsto l’incompatibilità di tale beneficio con analoghe prestazioni concesse per invalidità contratte per causa di guerra, di lavoro e di servizio; si sostiene in ricorso che tale divieto di cumulo deve considerarsi operante solo rispetto alle prestazioni volte a sopperire alle medesime esigenze e non avuto riguardo a quelle predisposte per soddisfare necessità diverse sia per finalità che per presupposti sanitari e legali; nel caso di specie – prosegue il ricorrente – l’impugnata sentenza è incorsa in evidente contrasto logico-giuridico laddove ha postulato l’equipollenza delle due diverse prestazioni in discorso sulla base dell’identità di requisiti sanitari e ha asserito che esse soddisfano le stesse esigenze di vita; in altre parole – continua il ricorso – l’errore dei giudici del merito è stato quello di supporre l’identità delle prestazioni in base alla loro omogeneità, omogeneità che invece costituisce criterio ontologicamente diverso da quello analogico postulato dalla cit. L. n. 508 del 1988, art. 1; d’altro canto – conclude il T. – le due indennità non sono affatto analoghe, nel senso che l’una ha un carattere risarcitorio, l’altra ha una valenza eminentemente assistenziale.

2- Osserva questa Corte Suprema che la doglianza è infondata.

Il testo della L. n. 508 del 1988, art. 1, comma 4 cit. è inequivocabile nello stabilire che "L’indennità di accompagnamento di cui alla presente legge non è compatibile con analoghe prestazioni concesse per invalidità contratte per causa di guerra, di lavoro o di servizio".

Siffatto tenore letterale non può essere superato con il dire che l’indennità percepita dall’odierno ricorrente per causa di guerra avrebbe carattere risarcitorio anzichè indennitario, ostandovi – invece – l’assenza di una fattispecie determinativa di responsabilità in capo all’ente erogatore.

Per altro verso, l’esegesi caldeggiata in ricorso si rivelerebbe sostanzialmente abrogativa di quell’incompatibilità pur expressis verbis enunciata dalla norma citata, in quanto finirebbe con l’ammettere sempre e comunque la cumulabilità fra l’indennità di accompagnamento e qualunque altra erogata per invalidità contratte a causa di guerra, avente differenti requisiti sanitari e legali.

In realtà, come questa S.C. ha già avuto modo di statuire (cfr.

Cass. 29.3.05 n. 6609; Cass. 19.1.05 n. 1010; Cass. 8.5.01 n. 6400), la L. n. 508 del 1988, art. 1 nella parte in cui, modificando la disciplina dell’indennità di accompagnamento (istituita con le L. n. 406 del 1968 e L. n. 18 del 1980), ha previsto – fra l’altro – l’incompatibilità della suddetta indennità "con analoghe prestazioni concesse per invalidità contratte per cause di guerra, di lavoro o di servizio", deve essere interpretato nel senso che, al fine della verifica della sussistenza o meno del suddetto rapporto di analogia, il raffronto tra le prestazioni deve essere operato facendosi esclusivo riferimento alla natura e alle finalità delle stesse.

Non a caso la citata giurisprudenza, nell’ammettere nel caso specifico la cumulabilità fra accompagnamento e rendita INAIL (che costituiva l’oggetto della questione in quella sede dedotta in lite), ha nel contempo asserito (sia pure a livello di mero obiter dictum) l’incompatibilità fra l’indennità di accompagnamento e quella per causa di guerra.

Entrambe hanno natura assistenziale, con finanziamento a carico dell’erario e non su base contributiva.

Entrambe costituiscono prestazioni economiche peculiari, perchè con esse si realizza un intervento assistenziale della collettività (essendo, appunto, il relativo onere economico a carico esclusivo dello Stato) indirizzato non al sostentamento dei soggetti menomati nella loro capacità lavorativa nè a garantire loro autosufficienza economica (infatti, è indifferente la condizione reddituale dei beneficiari), ma alla predisposizione di una misura, pur sempre di natura pecuniaria, volta ad offrire sostegno ed aiuto solidale essenzialmente al nucleo familiare, che in tal modo viene incentivato a prendersi carico dei soggetti minorati facilitandone la permanenza, ove possibile, nell’ambito della famiglia e correlativamente scoraggiandone il ricovero in istituti di cura e assistenza, con minor aggravio, sotto tale profilo, per la spesa pubblica.

Entrambe hanno lo scopo di consentire all’invalido, portatore di gravissime menomazioni, di avvalersi dell’assistenza e dell’aiuto di terze persone, implicante normalmente anche un onere economico, per gli spostamenti fisici e/o per il compimento degli atti quotidiani della vita che gli sono impediti.

In breve, l’identità di natura (economico-indennitaria) e di finalità (incentivo al mantenimento dell’invalido all’interno del nucleo familiare) rende palese l’analogia delle due indennità nei sensi di cui alla citata giurisprudenza e, quindi, la giuridica impossibilità di cumularle.

2- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Non ricorrendo i presupposti di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c. come novellato dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11 convertito, con modificazioni, in L. 24 novembre 2003, n. 326 (norma applicabile ratione temporis, essendo stato depositato il 14.1.04 il ricorso introduttivo della presente lite), le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio nei confronti dell’INPS, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari. Nulla spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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