Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 28-07-2011, n. 30143

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.G. propone ricorso contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo del 9.04.2010, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa dal tribunale di Agrigento. Il ricorrente risulta condannato, con doppia conforme, alla pena di complessivi anni due di reclusione ed Euro 600,00 di multa, oltre al risarcimento in favore della parte civile, per i reati di cui all’art. 624 bis c.p. (due episodi), alla L. n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2, all’ art. 495 c.p. Il ricorrente propone oggi ricorso allegando tre motivi di censura:

a) Carenza e manifesta illogicità della motivazione in relazione ai primi tre reati (i due furti e la violazione della misura di prevenzione in atto);

b) Carenza e manifesta illogicità della motivazione in relazione al quarto reato ( art. 495 c.p.);

c) Inosservanza della norma di cui all’art. 133 c.p. in relazione ai criteri di determinazione della pena.

In particolare il ricorrente lamenta l’insufficienza delle prove per la formulazione di un giudizio di colpevolezza, affermando che il giudice avrebbe omesso di dare il giusto peso alle risultanze favorevoli all’imputato.

Per quanto riguarda il reato di cui all’art. 495 c.p., ritiene il difensore che vi sia illogicità della motivazione, per il fatto che le generalità false non furono dichiarate al momento dell’arresto, per essere trasfuse nell’apposito verbale, ma piuttosto nell’ambito di un normale controllo di Polizia.

Infine, lamenta l’incongruità della pena e la eccessiva valorizzazione della personalità negativa dell’imputato, per i suoi precedenti penali.

Per questi motivi il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza, con o senza rinvio.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto tardivamente proposto.

La sentenza della Corte d’appello di Palermo risale al 9.04.2010 e la motivazione è stata depositata nei 15 giorni previsti dall’art. 544 c.p.p., comma 2; ne consegue che, ai sensi dell’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. B) il termine per proporre impugnazione deve essere individuato nella misura di giorni trenta, con decorrenza, ai sensi del comma 2, lett. C) del medesimo articolo, dalla scadenza del termine stabilito dalla legge per il deposito della sentenza (non essendo in sentenza previsto un termine diverso e più lungo).

I 15 giorni di legge per la redazione della sentenza sono scaduti il 24.04.2010 e dunque il termine di trenta giorni per l’impugnazione è scaduto il 24.05.2010, mentre il ricorso per cassazione risulta depositato il 26.05.2010.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla somma di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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