Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 28-07-2011, n. 30141Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza di cui in epigrafe, la CdA di Perugia ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale B.S. e Bi.St. furono condannati alla pena ritenuta dì giustizia, in quanto riconosciuti colpevoli del delitto di cui all’art. 481 c.p. (vari episodi, riuniti col vincolo della continuazione) per avere falsamente attestato -in qualità di "tecnici", essendo uno ingegnere e l’altro architetto – ai PPUU del Comune di Perugia, nelle relazioni asseverative allegate a varie DIA, che i lavori che sarebbero andati a svolgere (e che erano descritti negli elaborati progettuali) erano conformi agli strumenti urbanistici adottati e approvati, nonchè ai regolamenti edilizi vigenti e che essi rispettavano le norme di sicurezza, quelle igieniche e quelle sanitarie. Ricorre per cassazione il difensore con due motivi:

1) violazione dell’art. 102 c.p.p., art. 178 c.p.p., comma 1, lett. C), artt. 179, 486 e 125 c.p.p. e carenza dell’apparato motivazionale. In fase di appello il processo fu celebrato in data 24.11.2009, in assenza del difensore di fiducia (benchè dalla intestazione della sentenza ciò non si rilevi). In data 16.11.2009, il difensore di fiducia aveva fatto pervenire alla Corte di appello istanza di rinvio, rappresentando che il 24 p.v. egli sarebbe stato impegnato anche in altro, grave processo, innanzi alla AG di Spoleto.

Rappresentava che, con riferimento a tale impegno professionale (che si preannunziava complicato e gravoso), non aveva possibilità di farsi sostituire.

Su tale istanza, il presidente decideva fuori udienza, rigettandola, rilevando la imminenza della prescrizione e la possibilità del difensore di farsi sostituire.

Il Collegio, in sede di udienza, non affrontava il problema e non ne dava conto in sentenza.

Ebbene, anche sulla base del recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, si deve ritenere che il difensore che richiede motivatamente e documentatamente rinvio non è obbligato a nominare sostituto, se ha dato conto delle ragioni che gli impediscono di partecipare personalmente all’udienza. Per altro la prescrizione (per fatti risalenti al 2003) non era affatto imminente.

2) violazione degli artt. 481, 42, 49 c.p., D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 20, 23 e 29 – art. 25 Cost. Esiste contrasto giurisprudenziale interno alla Corte di cassazione, circa la possibilità che alla dichiarazione allegata alla DIA possa essere attribuita la natura di certificato e, quindi, circa la possibilità che, con una dichiarazione pretesamente non rispondente al vero, possa consumarsi il delitto di falsità ideologica in certificati, commessa da esercenti un servizio di pubblica necessità ( art. 481 c.p.).

Con riferimento a tale contrasto, il ricorrente, in via principale, chiede che la questione sia rimessa alle SS.UU. Subordinatamente, il ricorrente osserva che circa la natura della DIA, la giurisprudenza amministrativa (CdS sez. 6^, sent. n. 717 del 9.2.2009) ha chiarito che consiste in un atto di un soggetto privato e non di un PU. La DIA dunque non riveste profili pubblicistici. Ne consegue che la relazione allegata non può avere carattere certificativo nella parte in cui asseveri la conformità delle opere che si intendano realizzare agli strumenti urbanistici vigenti, nonchè il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Trattasi di una valutazione tecnica e non della attestazione di un dato di fatto.

Dunque,essa non può essere falsa, ma, eventualmente, errata. Tanto ciò è vero che, in caso di contrasto tra la prospettazione del tecnico e quella della PA, la questione è affidata al giudice amministrativo. Cosa che, nel caso in esame, avvenne, ma il competente TAR non si pronunziò a seguito dell’intervenuto condono.

Per altro il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art 23 non opera menzione degli artt. 359 e 481 c.p.. Essi sono richiamati dall’art. 29, comma 3 e attengono a un momento successivo alla presentazione della DIA e alle opere realizzate, non certo alle valutazioni operate dal tecnico. La sanzione penale non vuole colpire la asseverazione di conformità, ma la difformità dell’intervento realizzato rispetto a quello rappresentato nel progetto. D’altra parte, l’art. 481 c.p. prevede la condotta del soggetto che falsamente attesi fatti dei quali il certificato è destinato a provare la verità e una valutazione non è un fatto, ma un giudizio. Ne consegue che, nel caso in esame, ai sensi del l’ art. 49 c.p., la dichiarazione di cui ai capi di imputazione non può mai essere considerata falsa.

La CdA sostiene, poi, che le attestazioni per le quali è processo sarebbero intervenute a seguito del rigetto della istanza di concessione "complessiva". Le DIA, dunque, sarebbero state la "risposta" a tale atto negativo della PA. Tale statuizione è erronea e del tutto disancorata dalle emergenze processuali, tanto da integrare vero e proprio vizio di motivazione. Come accertato testimonialmente e documentalmente non esisteva alcuna concessione "complessiva" e dunque,nessuna variante della stessa. Esistevano più interventi edilizi relativi a diverse proprietà ed esisteva autorizzazione della competente Soprintendenza. In ogni caso, nessun accertamento è stato poi esperito circa la sussistenza dell’elemento psicologico. La intervenuta autorizzazione della Soprintendenza lasciava ragionevolmente presumere che non esistessero ostacoli di sorta. Per altro, come si deduce dalle sentenza di merito, i giudicanti non avevano acquisto una cognizione precisa e corrispondente al vero dello stato dei luoghi. Data la complessità della questione (in sè controversa, tanto da essere devoluta al TAR) e, appunto, la mancata piena cognizione dei fatti da parte della CdA, la sentenza avrebbe dovuto essere dotata di ben altro apparato motivazionale rispetto a quello superficiale, contraddittorio e tautologico prodotto dalla Corte perugina".

Motivi della decisione

La prima censura è infondata.

E’ legittima la decisione di rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza, pur tempestivamente presentata, per precedenti, improrogabili impegni professionali, qualora l’attestazione di impossibilità di sostituzione Sia apodittica, in quanto, pur essendo arduo dare la prova negativa di un fatto, è comunque onere del difensore istante esplicitare le ragioni di detta impossibilità -che possono variamente riguardare la difficoltà, delicatezza o complicazione del processo, l’esplicita richiesta dell’assistito, l’assenza di altri avvocati nello studio del difensore, l’indisponibilità di colleghi esperti nella medesima materia ecc. – per consentire al giudicante di apprezzarla (ASN 201041148-RV 248905).

Per altro, nel caso in esame, è stata dedotta la impossibilità di sostituzione solo nel processo di Spoleto, non anche in quello di Perugia.

Parimenti infondata è la seconda censura. La DIA (oggi SCIA;

segnalazione certificata di inizio attività) deve essere redatta con il contributo di un tecnico progettista; lo stesso assume la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità e risponde, quindi, del reato di falsità ideologica in certificati, se, nella relazione iniziale di accompagnamento di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 23, comma 1, rende false attestazioni, relative allo stato dei luoghi, ovvero alla conformità agli strumenti urbanistici delle opere da realizzare.

Nessun potere certificativo invece ha, ovviamente, il predetto progettista in ordine alle "mere intenzioni" del committente o in ordine alla futura, eventuale difformità tra quanto progettato e quanto poi in concreto realizzato (ASN 201027699-RV 247927; in senso sostanzialmente conforme ASN 2010007408-RV 246094, ASN 200901818- RV 242478, parzialmente contraria ASN 2OO523668-RV 231906).

Il contributo tecnico che il progettista fornisce, in altre parole, consiste certamente (anche) in un giudizio, ma trattasi di un giudizio comparativo tra quanto si intende realizzare e gli standard urbanistici vigenti in una determinata località. Poichè l’operazione intellettuale richiesta consiste nel confrontare una fattispecie astratta e generale (lo strumento urbanistico) con una concreta e particolare (il manufatto da realizzare), il giudizio è certamente valutativo, ma trattasi di valutazione vincolata da parametri tecnici certi e controllabili.

Per le ragioni sopra esposte, dunque, i ricorsi meriterebbero rigetto.

Tuttavia, essendo decorsi i termini prescrizionali – e, poichè, come appena, implicitamente, detto, le impugnazioni non sono inammissibili – la detta causa estintiva deve ritenersi operante.

Conseguentemente la sentenza impugnata va annullata senza rinvio.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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