Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 28-07-2011, n. 30138

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.E., giudicato con rito abbreviato, è stato condannato alla pena di giustizia in quanto riconosciuto colpevole di concorso in tentato furto aggravato. La CdA di Torino, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la pronunzia di primo grado.

Ricorre per cassazione il difensore e deduce carenze dell’apparato motivazionale in relazione all’art. 530 c.p.p., non avendo il giudice di secondo grado dato risposta alle specifiche doglianze proposte con l’atto di appello.

La CdA ha affermato la responsabilità del V. solo a seguito di una mera elencazione di atti processuali, utilizzando frasi stereotipe e operando rinvio alla sentenza di primo grado.

Deduce ancora violazione di legge e carenze dell’apparato motivazionale in tema di trattamento sanzionatorio, avendo la Corte torinese fatto ricorso ad argomentazioni generiche per negare una mitigazione della pena e il riconoscimento di attenuanti generiche.

Invero, la semplice menzione delle modalità del fatto e della sussistenza di precedenti non può ritenersi adeguata motivazione nel caso di specie.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile. Il ricorrente va condannato alle spese del grado e al versamento di somma a favore della Cassa ammende, che si stima equo determinare in Euro 1000.

Con i motivi di appello, la difesa del V. aveva lamentato solo la inadeguatezza della pena.

Non facendo parte del devolutum alcuna questione in tema di responsabilità, la CdA non aveva alcun obbligo di motivare sul punto.

In ordine al trattamento sanzionatorio, la Corte piemontese lo ha confermato esprimendo valutazione sulla gravità del fatto e sulla allarmante personalità dell’imputato.

Ebbene, pacifico essendo (come premesso), appunto, il fatto, è certamente sufficiente – in tema di trattamento sanzionatorio – una motivazione che si limiti a sottolineare, da un lato, la modalità di commissione del reato (numero di persone, divisione di ruoli e compiti, uso di sofisticate apparecchiature tecniche), dall’altro, la marcata capacità a delinquere dell’agente, desunta, oltre che dalle predette modalità, dai suoi precedenti specifici e dalla "imponente recidiva" (testuale).

La motivazione dunque non è affatto generica, mentre manifestamente infondata è la censura del ricorrente.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di mille/00 Euro alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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