Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-05-2011) 28-07-2011, n. 30124

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16-10-2009 la Corte di Appello di Napoli confermava nei confronti di T.R. la sentenza emessa dal Giudice Monocratico del Tribunale in data ll-2-2008,che aveva condannato l’imputata per il reato di cui all’art. 495 c.p. alla pena di mesi sei di reclusione,previa concessione delle attenuanti generiche.

Alla imputata era stata contestata la condotta di avere dichiarato – nella istanza presentata il 27-1-2003 al Sindaco di Napoli – Servizi assistenziali del Comune – per ottenere l’assegno di maternità di cui al D.P.C.M. 21 dicembre 2000 – falsi dati anagrafici della figlia minore, dichiarando che la stessa era nata il (OMISSIS) (mentre era stato accertato che era nata il (OMISSIS)).

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo la violazione di legge in riferimento all’art. 495 c.p. e la illogicità, nonchè mancanza di motivazione.

A riguardo evidenziava che nella specie la Corte aveva ritenuto irrilevante la circostanza che l’istanza contenente la dichiarazione non fosse stata presentata direttamente dalla imputata – che si era rivolta al CAF. Diversamente la difesa rilevava che l’istanza era stata formulata, secondo quanto affermato dall’imputata presso l’ufficio suddetto e non recava la sottoscrizione della T., e che sul punto la Corte aveva reso motivazione lacunosa.

Pertanto chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza.

Invero la fattispecie di cui all’art. 495 c.p. risulta correttamente applicata nel caso di specie, ricorrendone gli elementi costitutivi per l’indicazione di falsi dati anagrafici della figlia della imputata in una autocertificazione destinata alla PA. La condotta si perfeziona al momento in cui le false dichiarazioni sulle qualità personali o di altri vengono rese, (v. Cass. Sez. 6 – del 24/6/1998, n. 7515, Rotondo – Rv 211248 – essendo il soggetto consapevole di destinarle al pubblico ufficio, nè emerge da dati oggettivi, allegati dalla difesa al ricorso, che l’imputata non si fosse rivolta al pubblico ufficio comunicando i dati anagrafici della figlia al fine di ottenere l’assegno di maternità.

La sentenza impugnata si rivela pertanto adeguatamente motivata sull’argomento, ove la Corte territoriale ha correttamente evidenziato l’irrilevanza del dato che sia stata materialmente l’imputata a redigere l’istanza o a depositarla, posto che, essendo la stessa beneficiaria, l’atto è stato redatto e depositato con il suo consenso.

– Devono dunque ritenersi inammissibili i rilievi difensivi – meramente ripetitivi – con i quali si tende a fornire diversa interpretazione dei dati processuali, con argomentazioni in fatto.

Conseguentemente la Corte deve dichiarare l’inammissibilità del ricorso, e la ricorrente va condannata come per legge al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si determina in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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