Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-05-2011) 28-07-2011, n. 30121 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.G. è stato tratto a giudizio perchè ritenuto colpevole di bancarotta impropria fraudolenta, patrimoniale e documentale, conseguente al fallimento (dichiarato in Ancona, l'(OMISSIS)) di Srl. CAGIDEMETRIO ANCONA. In particolare l’accusa si è fondata:

– sulla sua qualità di amministratore unico e di presidente del consiglio di amministrazione dell’ente fallito;

– sulla carenza di giustificazione quanto al prestito effettuato verso HYDRA Srl., società a cui era interessato il predetto;

– sull’assegnazione di cospicua somma a Srl. IMPE, – sulla dispersione del corredo contabile finalizzato a rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari.

Il Tribunale di Ancona lo ha riconosciuto colpevole, condannandolo il 17.4.2002. La Corte d’Appello ha confermato la condanna con sentenza del 13.5.2010.

La difesa del G. interpone ricorso e si duole:

– della carenza di motivazione e della sua illogicità avendo trascurato di considerare che la conoscenza delle operazioni poste in esser dalla società pervenne all’imputato successivamente alla loro attuazione, sicchè di esse il prevenuto non ebbe previa contezza e conoscenza, onde impropria è l’attribuzione dei fatti di bancarotta;

– della carenza di motivazione quanto alla eccepita diversa valutazione resa, con sentenza irrevocabile il 14.1.2003, sulla scorta del medesimo compendio probatorio dalla Corte d’Appello di Ancona chiamata a giudicare il G. per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti, decisione che assolse il G. per non aver commesso il fatto, essendo stato esautorato nei fatti di gestione da G.M., amministratore occulto della fallita società;

– della carenza di motivazione quanto alle addebitate condotte distrattive essendo ascritte al G. distrazioni per cui è stata data prova documentale liberatoria ovvero la dimostrazione che il prevenuto si attivò soltanto per il recupero del denaro uscito dalla società ovvero si addebitò il reato assegnando indebitamente valenza illecita nel rapporto finanziario di "giro di assegni", che non concreta manovra fraudolenta bensì rappresenta una usuale forma di finanziamento; per la restante accusa di bancarotta documentale, vale l’osservazione che, relativamente al periodo di permanenza alla società, il corredo contabile era "perfetto".

Motivi della decisione

Il ricorso, nel momento in cui si duole di un’inadeguata giustificazione sugli apporti probatori acquisiti in atti, intende in realtà rivisitare non tanto il percorso motivazionale dei giudici di seconde cure, bensì la valutazione sulle prove da costoro assegnata per giungere alla condanna del G., accompagnata da esauriente e logica motivazione.

In questo senso l’impugnazione risulta inammissibile non aderendo al paradigma dello scrutinio di legittimità.

L’inammissibilità dell’impugnazione discende anche dalla manifesta infondatezza degli argomenti addotti.

E’ noto che in capo all’amministratore di una società è configurabile una posizione di garanzia, che lo obbliga ad un comportamento che tuteli gli interessi indicati dal codice (e da eventuali leggi speciali), in assenza del quale sorge la responsabilità penale, in questa prospettiva è conforme a giustizia la sua condanna per aver omesso controllo sull’operato di altro amministratore (o di qualsiasi terzo che abbia usurpato la funzione gestoria).

L’accertamento circa la possibilità di apprezzare queste condotte pregiudizievoli per l’organismo a cui è preposto è questione che attiene al merito ed alla relativa prova addotta dall’accusa.

Ma, nel caso in discorso, basta osservare che la sua posizione formale in seno alla società gli assicurava un sufficiente angolo visuale sulla complessiva gestione e che l’ordinamento gli apprestava idonei strumenti impeditivi per condotte antidoverose. Osservazione che non può valutarsi come formalistica ed astratta. Infatti, lo stesso ricorso (pag. 8) precisa che il G. firmò "interi carnet di assegni in bianco, di cui non riceveva indietro neppure le matrici per le registrazioni contabili".

Rilievo che, alla luce di quanto dianzi osservato si qualifica come vera e propria confessione di consapevole ed illecita abdicazione ai propri doveri di controllo ed accettazione del più che probabile (attesa l’anomalia della prassi seguita) illegittimità della condotta consentita all’amministratore di fatto, contrassegnata, ancora, da delittuosa omissione di registrazione contabile.

D’altra parte, come esattamente osserva la decisione impugnata (Sent.

C. App., pag. 4), egli era il "ragioniere" della società eppertanto preposto alle incombenze contabili della stessa, circostanza che gli permetteva la visione dei fatti di gestione.

Infine, non risulta agli atti che il G. abbia posto in essere azioni protese al ristoro dei danni cagionati dal coamministratore, una volta venuto a conoscenza delle sue dissennate iniziative, mancando di rimediare – come era suo dovere di responsabile della complessiva conduzione societaria – alla gestione pregiudizievole all’organismo.

Per ciò che trae al contrasto con altra decisione di merito, pur irrevocabile, incidente in altro procedimento e per altra imputazione (omesso versamento di contributi previdenziali) non è dato ravvisare preclusione giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 649 c.p.p., nè vizio di motivazione nel silenzio serbato su di essa dai giudici del merito. Si tratta, inoltre, di mezzo che impinge in situazione di fatto, per cui questa Corte non è legittimata ad uno scrutinio.

Infatti, non si riscontra in alcun modo l’identità del fatto, come richiesto dalla norma citata e dalla lettura datane dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. per es. Cass. pen., SS.UU, 28 giugno 2005, PG. in proc. Donati, CED Cass. 231799). Difforme è anche il legame ascrittivo della penale responsabilità, proprio per la posizione di garanzia rivestita in via generale dal prevenuto, La diversità delle situazioni processuali giustifica il silenzio su esse serbato dai giudici di merito. Si tratta di argomento infondato, ma non manifestamente infondato, circostanza che elimina il connotato complessivo di inammissibilità del ricorso.

Palesemente proteso ad una rivisitazione delle prove è l’ultimo mezzo avanzato dal ricorrente: esula, infatti, dai poteri della corte di cassazione la ®rilettura- degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito. Al giudice di legittimità è, altresì, preclusa l’adozione di diversi parametri di ricostruzione dei fatti e lo scrutinio degli elementi di prova essendogli assegnato soltanto il giudizio di legittimità al quale rimane estraneo il controllo sulla congruità della motivazione in rapporto ai dati processuali, purchè la motivazione fornisca una spiegazione plausibile e logicamente corretta delle scelte operate. La decisione impugnata ha reso adeguata argomentazione al proposito e non si espone, quindi, a censura di legittimità.

La Corte rigetta, quindi, il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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