Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-05-2011) 28-07-2011, n. 30120

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Roma ha confermato – in data 19.2.2010 – il giudizio di penale responsabilità (modificando soltanto l’entità della pena inflitta) espresso nei confronti P.A., imputato sia della contraffazione della carta di identità sia dell’uso di impronta falsa apposta sul documento artefatto.

Interpone ricorso personalmente il P. avverso detta decisione eccependo:

– carenza della motivazione sulla identificazione nel ricorrente delle condotte di falso ascrittegli;

– l’erronea applicazione della legge penale, relativamente alla violazione dell’art. 469 c.p., poichè detto reato deve ritenersi assorbito da quello del falso;

– la carenza di motivazione sulla prova che l’impronta sia effettivamente falsa e non provenga da sigillo autentico.

Motivi della decisione

Il primo motivo è inammissibile perchè generico: la sentenza ha reso adeguata motivazione sulla ragione per cui si deve supporre un unico artefice sia della falsa impronta sia del complessivo documento, non risultando quest’ultimo in uso al Comune di Roma e tanto impone di ritenere che il timbro sia stato apposto ad hoc per il caso concreto.

A questa giustificazione il ricorrente non accenna, reiterando la medesima doglianza già avanzata ai giudici di seconde cure.

Non è fondato il secondo motivo: come già osservato dai giudici dell’appello, non può ipotizzarsi, nel rapporto tra artt. 469 e 497 bis c.p., relazione di specialità dal momento che è indubbia la diversità del bene protetto e la circostanza per cui la commissione di un reato non presuppone necessariamente anche quella dell’altro e che, infine, la commissione di uno avviene indipendentemente – anche per un riguardo temporale – da quella dell’altro.

L’ipotesi qui considerata è diversa da quella oggetto della decisione per cui nell’ipotesi in cui taluno faccia uso di un documento falsificato recante un’impronta contraffatta è configurabile solo il reato di cui all’art. 489 c.p., e non anche, in concorso, quello di cui all’art. 469 c.p., giacchè tale ultima disposizione, là dove prevede come punibile la condotta di chi fa uso della cosa recante l’impronta contraffatta, definisce una condotta del tutto sovrapponibile a quella prevista dall’altra disposizione (Cass., Sez. 5, 14 ottobre 2004 Barlotti, CED Cass. 230264). Nel caso in esame, invero, rileva la materiale falsificazione dell’atto certificativo e non già il mero uso del documento contraffatto.

Il ricorso è, dunque, rigettato con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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