T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 24-08-2011, n. 1261 Annullamento dell’atto in sede di controllo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Comune di Castiglione delle Stiviere espone in fatto che – con determinazione 8.6.2001, n. 28 – ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione del servizio di ristorazione destinato a studenti, anziani e utenti del centro ricreativo estivo, per un importo complessivo a base d’asta di Lire 4.163.000.000., oltre IVA..

Invero, in sede di riscontro delle dichiarazione rese in sede di gara, era emerso che – pur avendo il procuratore speciale di C., Sig. R., dichiarato, ex art. 32 del Capitolato speciale d’appalto, che la medesima C.I.R. non si trovava in nessuna delle condizioni previste dall’art. 12 comma 1 lett. a), b), c), d) ed e) D. Lgs. 157/95 – in data 14.10.1998 il Tribunale di Modena aveva emesso a suo carico sentenza irrevocabile di applicazione della pena per violazioni in materia fiscale: dal che, il Comune aveva ravvisato la sussistenza, in capo a C., della causa di esclusione ex art. 12 comma 1, lett. b) D. Lgs. 157/95 e aveva disposto, con successiva determinazione n. 29 in pari data, l’aggiudicazione in favore della II^ classificata (ATI tra R. s.p.a. e C. scarl).

La vicenda giudiziaria che ne è seguita – originata dall’impugnazione, da parte di C.I.R., della menzionata determinazione 8.6.2001,n. 28 e caratterizzata da pronunce cautelari e di merito di I e II grado, tra loro contrastanti – è, ovviamente, ben nota alle parti (che del resto, vi fanno ampio riferimento nei rispettivi scritti difensivi, versati nel presente giudizio) e non occorre, pertanto, qui riepilogarla: basterà, solo, dar conto che con sentenza 9.6.2003, n. 3241, la Sez. VI del Consiglio di Stato ha accolto l’appello del Comune e di COPRA scarl avverso la sentenza 18 marzo 2002, n. 493, con cui questa Sezione staccata aveva accolto l’originario ricorso di C..

Una volta divenuta definitiva detta sentenza (per effetto della reiezione del ricorso ex art. 362, comma 1 c.p.c., promosso da C.: cfr. SS.UU. 21.6.2005, n. 13296), il Comune di Castiglione delle Siviere propone, con il presente ricorso, domanda risarcitoria nei confronti di C. stessa, facendo espressamente leva sull’art. 39 del capitolato speciale d’appalto della gara di cui si tratta, che deduce non esser stato impugnato da C. e a mente del quale, "in caso di non veridicità delle dichiarazioni rilasciate" l’aggiudicazione verrà annullata "ed il servizio potrà essere affidato al concorrente che segue in graduatoria, fatti salvi i diritti del Comune per il risarcimento di tutti i danni che potranno derivare all’Amministrazione anche in successivo esperimento della gara o, comunque, per il maggior costo del servizio rispetto a quello che sarebbe stato sostenuto senza la decadenza dell’aggiudicatario").

Il Comune commisura, pertanto, i danni subiti "ai maggiori esborsi sostenuti per il servizio affidato alla seconda in graduatoria", cioè pari alla differenza di prezzo, per ciascun pasto, tra offerta C. e offerta dell’ATI poi divenuta aggiudicataria: e così per un importo complessivo che – in sede di memoria finale, depositata in vista dell’odierna udienza di discussione – viene quantificato in euro 377.856, 52, oltre IVA.

2. Resiste al ricorso la convenuta C. che ha precisato le sue argomentazioni difensive nella memoria conclusiva depositata sempre in vista dell’odierna udienza, le quali possono così essere riassunte:

i) nella fattispecie in esame mancherebbe l’elemento soggettivo cui fa riferimento l’art. 12 D. Lgs. n. 157/1995, poiché la sentenza di patteggiamento in cui è incorso il Sig. R. è antecedente alla sua assunzione in C. e si riferisce a un epoca (1998), in cui egli era Presidente di una Cooperativa di pulizie: dunque, detta sentenza non rileverebbe per l’attività svolta da C. e lo stesso Sig. R., nella sua qualità di procuratore di C., non era tenuto a farne menzione in sede di gara "trattandosi di un centro di imputazione estraneo ai fatti";

ii) la giurisprudenza amministrativa avrebbe, comunque, "sempre evidenziato la necessità di far precedere l’adozione del provvedimento di risoluzione del contratto di affidamento di una gara, per mancanza dei requisiti soggettivi dell’impresa, da una istruttoria da parte del responsabile del procedimento", finalizzata "ad un autonomo apprezzamento sui reati patteggiati" e dispiegata in contraddittorio con l’impresa: mancando tali presupposti, la consequenziale applicazione dell’art. 39 capitolato speciale d’appalto non avrebbe ragion d’essere;

iii) "la dichiarazione firmata dal R. era riferita al non aver riportato condanne penali passate in giudicato, e corre ricordare che allora, ovvero nel 2000, si discuteva se la sentenza di patteggiamento fosse equiparabile tout court, ai fini degli appalti, ad una sentenza di condanna";

iv) in ogni caso non potrebbe essere applicato il citato art. 39 C.S.A. "atteso che nessuno dei giudici aditi ha mai opposto a C.I.R. l’essere incorsa in una dichiarazione mendace, che è il presupposto ineluttabile del risarcimento dei danni preteso dal Comune";

v) infine, "il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale, ma richiede la positiva verifica di tutti i requisiti previsti dalla Legge", cosicché "è indispensabile che sia accertata la colpa dell’Amministrazione".

3. Dopodichè, la causa è passata in decisione.

4.1. Ciò premesso, osserva il Collegio che la presente controversia giurisdizionale amministrativa di natura risarcitoria mostra l’evidente peculiarità di essere caratterizzata da un rovesciamento dei ruoli usuali tra Amministrazione e privato, nel senso che in questo caso è l’Amministrazione in veste di attore e il soggetto privato in veste di convenuto: ciò ha comportato che, nella specie, si assiste anche a una sorta di "pregiudiziale amministrativa capovolta", nel senso che l’Amministrazione ha dovuto inevitabilmente attendere la definitiva consacrazione giudiziale dell’intangibilità del proprio provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione a C., prima di chiamare quest’ultima a rispondere dei danni consequenziali, così come individuati dall’art. 39 C.S.A. ("maggior costo del servizio rispetto a quello che sarebbe stato sostenuto senza la decadenza dell’aggiudicatario").

Il necessario antecedente logicogiuridico alla presente azione è, dunque, rappresentato dal giudicato interno, formatosi tra le parti, a seguito delle pronunce richiamate al precedente capo 1: la ricostruzione dell’esatta portata di tale giudicato si rivela, così, decisiva ai fini della soluzione dell’attuale controversia.

4.2. Orbene, la sentenza di I grado n. 493/2002 di questa Sezione staccata conteneva le seguenti statuizioni:

a) non imputabilità a C. dei reati commessi dal Sig. R., che non può qualificarsi suo rappresentante legale (pag. 13, capo I dell’esposizione in diritto), mentre gli effetti della sentenza di patteggiamento devono riverberarsi unicamente sulla Cooperativa di pulizie, nel cui esclusivo interesse egli agiva all’epoca dei fatti, essendone il rappresentante legale (pag. 14, medesimo capo);

b) conseguente carattere non mendace della dichiarazione resa dal Sig. R. e fondatezza dei dedotti vizi di travisamento e violazione degli artt. 37 e 39 C.S.A. (capo II, pag. 19).

4.3. La sentenza n. 3241/2003 del Consiglio di Stato ritiene espressamente fondata (pag. 10, capo 3 della parte in diritto) la censura con cui gli appellanti sostengono che il requisito della moralità professionale vada riferito anche al procuratore speciale della persona giuridica partecipante alla gara e conclude, su tale base, per la legittimità del provvedimento impugnato (pag. 14, stesso capo).

Inoltre, tutte le considerazioni svolte in sentenza alle pagine intermedie tra 10 e 14, per collegare tra loro l’incipit e la conclusione del proprio dire, attengono esclusivamente alla questione sostanziale del requisito della moralità professionale, individuato espressamente, ove carente, quale causa di esclusione dalle gare e il cui possesso va, dunque, estensivamente accertato (corsivo dell’estensore della presente sentenza) "in capo a qualsiasi persona fisica che sia presente nel procedimento in luogo del concorrente e sia dotata di poteri che le consentano di obbligarsi validamente in nome e per conto di questo" (cfr. pag. 11).

Quanto alla posizione di C., sempre a pag. 11, si dice è risultato (ancora corsivo dell’estensore) "carente del requisito in argomento un soggetto che ha agito in rappresentanza della società appellata giusta procura speciale".

Emerge, dunque, con evidenza che il Giudice amministrativo d’appello si è pronunciato espressamente solo sulla questione sostanziale della riferibilità o meno a C. del precedente penale in cui è incorso il suo procuratore speciale, facendo discendere da tale riferibilità e dalla conseguente perdita del requisito della moralità professionale in capo a C. la legittimità della sua esclusione dalla gara.

Lo stesso Giudice non si è, invece, espresso in alcun modo sulla questione formale della dichiarazione resa in sede di gara dal suddetto procuratore speciale, su cui, invece, il capo II della sentenza di questa Sezione si era pronunciata definendola "non mendace"..

4.4. Ciò sta a significare che il conseguente giudicato ha investito solo la prima delle due statuizioni della sentenza di I grado (quella sostanziale di cui al capo I), avendo il Giudice d’appello ritenuto, a questo punto, evidentemente assorbita la questione formale posta con la seconda statuizione: ma se così è, di tutte le argomentazioni difensive svolte da C. – mentre le prime tre (come riassunte alle lettere i, ii e iii del precedente capo 2 e sono inammissibili, in quanto investono proprio la questione sostanziale coperta dal giudicato e l’ultima è inconferente, siccome indugia sul profilo della colpa dell’Amministrazione, qui, come detto, al contrario in veste di attrice) – risulta, viceversa, condivisibile la prima parte della deduzione sopra riassunta alla lett. iv), secondo cui "nessuno dei giudici aditi ha mai opposto a C.I.R. l’essere incorsa in una dichiarazione mendace".

Ai fini della presente decisione, se ne può inferire la conseguenza che il ("pregiudiziale") giudicato amministrativo ha sancito la legittimità dell’esclusione dalla gara di C. (per difetto del requisito della moralità professionale) e del conseguente annullamento dell’aggiudicazione in suo favore, ma non ha, viceversa, stabilito alcun irretrattabile punto fermo circa la non veridicità della dichiarazione resa, al riguardo, in sede di gara dal suo procuratore speciale, cosicché non può ritenersi integrato – come questa volta condivisibilmente sostenuto nella seconda parte dell’argomento difensivo sub iv) di C. stessa – il presupposto per l’applicazione dell’art. 39 C.S.A.

4.5. D’altra parte, occorre, in proposito, aggiungere come la peculiare tutela risarcitoria contemplata da tale norma della lex specialis in favore della stazione appaltante valga, pur sempre, a riparare il danno derivante da un illecito civile e, dunque, sia inquadrabile nel paradigma di quest’ultimo, sì da essere soggetta ai principi generali applicabili in materia, tra cui – in primo luogo – quello relativo alla necessaria ricorrenza dell’elemento soggettivo della colpa, ai fini della risarcibilità del danno che ne è derivato.

Al riguardo, torna utile rifarsi al "rovesciamento" delle parti cui si è fatto cenno al precedente capo 4.1.

Invero, è noto come la giurisprudenza comunitaria e quella interna individuino quale "esimente" dell’Amministrazione, sotto il profilo della sua responsabilità per l’attività volta, la sussistenza di una obiettiva situazione di incertezza circa le corrette determinazioni (pubblicistiche) da assumere: elementari ragioni di "parità delle parti" impongono, pertanto, di riconoscere identica e speculare "esimente"in capo al privato, allorquando sia, reciprocamente, l’Amministrazione ad agire, nelle materie di giurisdizione esclusiva del G.A., per pretendere il risarcimento di un danno, che assume provocato dalla condotta colposa del medesimo soggetto privato.

Orbene, facendo applicazione del suddetto principio, a "parti rovesciate", nei confronti della convenuta C., occorre riconoscere che – se persino un operatore giuridico, professionale e specializzato, quale un Collegio giurisdizionale amministrativo di I grado è giunto ad escludere che la pena patteggiata dal R. fosse da riferire a C. e che, dunque, fosse mendace la sua dichiarazione che quest’ultima non versava nella condizione di cui all’art. 12 lett. b) D. Lgs. 157/1995 – quantomeno il beneficio del dubbio allo stesso R. vada accordato, nel senso di ravvisare, in capo al medesimo, una situazione di obiettiva incertezza circa il contenuto della dichiarazione da rendere ex art. 32 C.S.A, tale da escludere il necessario requisito della colpa in ordine a quanto, poi, effettivamente dichiarato.

4.6. Dovendosi, pertanto, escludere – per insussistenza dell’elemento della colpa – che la dichiarazione fosse "non veridica", come richiesto dall’art 39 C.S.A., ne consegue anche l’insussistenza del necessario presupposto per l’esperimento da parte del Comune, della speciale domanda risarcitoria ivi prevista: domanda che non può, pertanto, trovare accoglimento.

5. Conclusivamente, il ricorso va respinto.

Il percorso ampiamente ricostruttivo ed interpretativo che ha condotto a tale esito rende, tuttavia, palese la peculiarità della fattispecie decisa, sì da giustificare l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo RESPINGE.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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