CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE – SENTENZA 1 marzo 2011, n.5024 IL CONDUTTORE NON È OBBLIGATO A RIMUOVERE LE MODIFICHE APPORTATE ALL’IMMOBILE PREVIO CONSENSO DEL LOCATORE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Motivi della decisione

Preliminarmente va posto in rilievo che la procura speciale, nella quale non compare la sas Naturalissima, non risulta apposta dalla M.d.C.M.M. nella qualità di legale rappresentante della disciolta società, per cui si deve ritenere che la società non si sia costituita e i due ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c..

1. – Entrambi i ricorsi censurano la sentenza impugnata sotto il profilo del vizio di motivazione, assumendo i ricorrenti – la principale e gli incidentali – che si sarebbe in presenza di una motivazione gravemente carente e, comunque, non logicamente coerente, non completa dal punto di vista argomentativo e non attinente alle risultanze processuali.

La questione centrale del ricorso principale, ad avviso del Collegio, concerne la parte dell’art. 9 del contratto di locazione, in virtù del quale il conduttore prendeva atto di avere esaminato i locali affittati e di averli trovati adatti al proprio uso, con l’obbligo a riconsegnarli alla scadenza del contratto, per cui "ogni aggiunta che non può essere tolta in qualunque momento senza danneggiare i locali ed ogni altra innovazione non potrà essere fatta dal conduttore senza il consenso del proprietario" (clausola riportata per intero nel controricorso).

Ciò posto, osserva il Collegio, nell’esaminare per primo il ricorso principale per la sua priorità logica, che lo stesso non merita accoglimento.

Di vero, la ricorrente si duole, in estrema sintesi, che il giudice dell’appello avrebbe erroneamente ritenuto incompatibili le pattuizioni poste nell’art. 9 del contratto di locazione registrato il 20 ottobre 1995, pur potendo le stesse logicamente coesistere, non tenendo conto che la norma contrattuale prevale su quella generale di cui all’art. 1592 c.c..

Il giudice del gravame avrebbe, altresì, erroneamente ritenuto che dalle opere realizzate fossero residuate delle migliorie e che proprie tali migliorie fossero state valorizzate dal Tribunale per giungere alla compensazione; nè avrebbe correttamente ritenuto che l’accertamento operato dal CTU fosse stato funzionale alla sola esclusione del diritto all’indennità per le migliorie, in quanto il consulente avrebbe riconosciuto la esigenza di riportare l’immobile allo stato iniziale (derivante dalle opere autorizzate) in funzione di una ricollocazione sul mercato locatizio, con l’effetto che sarebbe errata anche la deduzione operata dal giudice del gravame, circa la illogica ed antieconomica ipotesi della riduzione in pristino (p. 11 – 12 ricorso B.).

2. – Ritiene il Collegio che dalla semplice redazione della complessa censura si evinca non già la richiesta di valutare l’iter logico della motivazione seguita ed espressa nella sentenza impugnata, quanto di procedere ad un nuovo giudizio di merito, che, come è noto, non è ammissibile in questa sede.

Peraltro, la interpretazione dell’art. 9 operata dal giudice del merito è corretta e logica ed è stata effettuata in maniera approfondita, con una lettura dello stesso sia, per così dire, topografica nell’ambito del contratto e con una lettura logico- sistematica delle prescrizioni normative di cui agli artt. 1592 e 1593 c.c., al fine di corroborare la decisione, per cui questo richiamo codicistico non è per nullo improprio, come sembra suggestivamente adombrare la ricorrente a p. 8 del presente ricorso.

Nel caso in esame, è pacifico che la B. abbia prestato il suo consenso alle modifiche, firmando tutti i documenti inerenti alle stesse, nonchè la denunzia di inizio attività con allegato progetto.

Ne consegue che la clausola di cui all’art. 9 non poteva non essere invocata.

Nel resto, la B. si limita a riportare solo dei righi dell’elaborato peritale (p. 10 ricorso), che, per il vero, non scalfiscono il ragionamento seguito dal giudice dell’appello.

Questi, con perizia giuridica e giuridico buon senso, ha avuto modo di affermare che sarebbe illogico ed antieconomico che il conduttore sia costretto a rimuovere le opere, dopo avere ricevuta specifica autorizzazione dal locatore, per cui prendendo atto di quanto evidenziato nella CTU, con riguardo allo stato attuale, ha ritenuto il residuo valore dell’incremento nella metà dei costi – preventivamente ritenuti necessari – del ripristino, ulteriormente precisando che la locatrice non può vantare alcun diritto nei confronti della stessa parte conduttrice.

Da quanto sopra considerato risulta assorbito ogni ulteriore profilo di censura, presente nel ricorso principale, cosi come risulta assorbito il primo profilo del ricorso incidentale circa la c.d.

condivisione acritica della CTU. Va, invece, respinta la censura (contenuta nell’altro profilo del ricorso incidentale) in merito alla richiesta di accordare indennità per migliorie, disattesa dal giudice dell’appello, perchè, come si legge nella sentenza impugnata, la sussistenza delle migliorie è stata esclusa "essendo stata essa subordinata, in concreto, dal CTU all’esecuzione dei suddetti ripristini" (p. 12 sentenza impugnata).

In altri termini, poichè, sulla base della CTU, la esistenza dei miglioramenti si sarebbe potuta accertare solo dopo le necessarie demolizioni e la eliminazione della "infelice distribuzione dei locali, quali oggi esistente a seguito delle apportate modifiche" (p. 11 sentenza impugnata), non essendo ciò avvenuto, nessuna indennità poteva e doveva essere riconosciuta.

Conclusivamente, i due ricorsi vanno respinti, ma sussistono giusti motivi, dato l’esito complessivo delle fasi di merito e quella presente di legittimità, per compensare integralmente tra le parti le spese dell’attuale giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La corte, riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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